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Egitto. “Felicitazioni internazionali” per Mursi

Dà il la alle felicitazioni il governo di Teheran, per decenni in imbarazzo col raìs Mubarak, che saluta il “risveglio islamico” e le novità al vertice di un Paese altrettanto popoloso che potrebbe rilanciare dimenticate velleità egemoniche in Medio Oriente. Nella regione l’Iran opera da decenni per ampliare un’influenza ora messa in difficoltà dalla crisi siriana. Si sa che il messaggio è di pura cortesia. Mursi ricambia cordialmente, smentendo voci che già gli attribuiscono un primo viaggio diplomatico in Arabia Saudita, il gigante economico-energetico che occorre tenersi buono e che vede come fumo negli occhi gli ayatollah, non solo per questioni religiose. “La mia prima visita internazionale – ha dichiarato in conferenza stampa il Presidente-professore – non è stata ancora definita”, molti pensano che sarà il Dipartimento di Stato a bilanciarne gli appuntamenti. Saluti nient’affatto scontati ma presenti quelli del premier israeliano Netanyahu che ribadisce come il suo Paese “intende proseguire la cooperazione col governo egiziano in base agli accordi di pace fra le due nazioni e nell’interesse dei rispettivi popoli”. Con l’occhio naturalmente rivolto Oltreoceano.

Accoglienza favorevole per il neo Presidente musulmano anche per una petromonarchia del Golfo: gli Emirati Arabi Uniti. Mentre la famiglia islamista palestinese festeggia a Gaza come fosse una sua vittoria. “Storica” la definisce il capo del governo della Striscia Ismail Haniyeh “grazie alla quale la nostra gente guarderà all’Egitto come a una guida. Per il contributo che può offrire alla causa palestinese, alla liberazione dei prigionieri, al ritorno a casa, alla fine dell’assedio economico-militare”. Un appello attualissimo visto che Gaza è nuovamente sotto il fuoco israeliano e registra quotidianamente vittime civili. Ma le comuni radici ideologiche, cui il leader dell’Islam palestinese si richiama, proprio nelle ore dei festeggiamenti di Tahrir sono rimaste sottotraccia: militanti e supporter della Fratellanza agitano da ore solo il tricolore nazionale. Non c’è nessuna bandiera verde di fazione, scomparso anche il bilancione simbolo del partito della Libertà e Giustizia. Il profilo tenuto dalla Confraternita è unitario, il movimento sa che la partita con la lobby militare prosegue e con l’incarico istituzionale assume contorni ancora più complessi. Oltre all’incognita di ciò che accadrà il 1° luglio (Tantawi e il Csfa lasceranno il potere a un governo di civili?) l’attenzione dovrà concentrasi su due cariche strategiche del quadro politico in formazione: la figura del premier e quella del ministro degli Esteri.

Saranno punti chiave su cui il nuovo corso si giocherà credibilità e alleanze non solo interne. Appresa dalle urne invernali la lezione dell’equilibrio e posta sotto l’ala “protettiva” dell’Occidente che conta, la Fratellanza del Presidente offrirà queste mansioni a terzi, meglio se personalità laiche e fuori dall’ultimo agone. In tal senso la figura di El Baradei, l’ex capo dell’Aiea che da mesi si è defilato dalle consultazioni, potrebbe tornare in corsa. L’impegno degli Affari esteri potrebbe risultare addirittura più importante del premierato per gli accresciuti travagli dell’area mediorientale e per la scadenza elettorale che coinvolge il Maestro di cerimonie della politica nella regione: il futuro Presidente degli Stati Uniti che verrà eletto a novembre. Parafrasando un altro Islam moderato l’Egitto dovrebbe trovare il suo Davutoğlu, un accorto navigatore fra le diplomazie dell’Ovest e gli interessi di patria, exploit tutt’altro che semplice. Con l’aggiunta di Assemblea Costituente da formare, Costituzione da scrivere, economia da rilanciare il professor Mursi necessita davvero di molto aiuto.

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