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Messico. Peña Nieto acclamato dai media, ripudiato dalle piazze

Da una parte, il racconto ufficiale, che la definisce come la piú trasparente della storia del paese; dall’altra, la narrazione che viene dalle piazze e dalle reti che parla invece di elezioni sporche e mette seriamente in discussione la legittimitá dei risultati che avrebbero premiato Peña Nieto, il candidato della restaurazione priista.

Cominciamo con l’apparato istituzionale e massmediatico. Dal loro punto di vista, il primo luglio scorso é stata una “festa della democrazia”: grande partecipazione, giornata sostanzialmente pacifica, poche e insignificanti le irregolaritá riscontrate, ottimo il sistema di conteggio e proiezione dei risutati in tempo reale. Insomma, tutto bene, anzi, un successo, un vero e proprio trionfo della legalitá e della trasparenza, la prova definitiva della maturitá del sistema democratico messicano. Il presidente dell’IFE (Instituto Federal Electoral, l’ente che vigila il processo elettorale) Valdés, l’attuale presidente della Repubblica Calderón, nonché svariati capi di stato (Obama, Kirchner, Hollande e Rousseff, per dirne solo alcuni) benedicono le elezioni che sancirebbero il ritorno del PRI, il Partito Rivoluzionario Istituzionale, alla presidenza del Messico.

Tutti contenti, dunque? No. Basta semplicemente uscire di casa o farsi un giro in internet per incontrare una realtá differente. Uno degli elementi di novitá delle ultime elezioni, infatti, é stata l’observación ciudadana, cioé il tentativo da parte della societá civile – memore dei brogli del passato e attenta alle oscure dinamiche del presente – di controllare dal basso la giornata elettorale. Oltre ai tradizionali rappresentanti dei partiti, hanno vigilato sul voto Ong, associazioni civili e il movimento #YoSoy132, documentando con foto e video migliaia di irregolaritá che vanno dalla piú o meno sofisticata compravendita del voto, al furto di urne; dall’intimidazione degli osservatori (spesso fermati dalla polizia), al proselitismo aggressivo fuori dai seggi. Stando agli osservatori, queste sono alcune cifre della giornata: 9 morti, 4 feriti, 66 arresti e decine di atti di violenza politica in tutto il paese.
Tuttavia, secondo le organizzazioni civili messicane e internazionali, quasi un terzo della repubblica é rimasta senza osservatori, in quanto in almeno 10 stati (tra i quali Tamaulipas, Guerrero e Michoacán) non sussistevano le condizioni di sicurezza necessarie per monitorare la situazione. É pertanto facile supporre che in queste zone – che sono poi quelle a egemonia narco – le cose non siano andate meglio. Va menzionata, inoltre, la limitazione di fatto del diritto di voto per le migliaia di persone che non hanno potuto votare nei seggi speciali (dedicati a coloro che si trovano fuori dalla loro cittá di residenza) a causa della mancanza delle schede elettorali.

Infine, sul fronte dei partiti, il candidato del centrosinistra López Obrador ha denunciato l’esistenza di fondi neri e l’uso di soldi pubblici, stanziati dai governatori priisti, per il finanziamento della compravendito all’ingrosso dei voti attraverso schede prepagate di Soriana (un grande magazzino) e Monex (una finanziaria); rileva anomalie nel 78% dei seggi, annunciando che userá tutte le possibilitá che gli offre la legge per annullare il risultato elettorale. Il quale, secondo i dati definitivi, lo vede a 6,62 punti di distanza da Peña Nieto, il quale ha ufficialmente riportato il 38,21% dei voti.
Il bilancio della giornata elettorale del 1° luglio risulta essere tutt’altro ordinato e trasparente. Ed é per questo che, a partire da lunedí e per tutta la settimana, molte manifestazioni spontanee hanno attraversato il paese per denunciare l’illegalitá del processo elettorale e per rifutare l’imposizione di Peña Nieto come futuro presidente della Repubblica.

A Cittá del Messico (percorsa da svariati cortei non autorizzati) gli obiettivi della contestazione pacifica sono stati soprattutto Televisa, la sede del PRI e quella dell’IFE, davanti alla quale si é realizzato un accampamento per fare pressione sull’arbitro della contesa. Sui social network si lanciano tantissime iniziative alle quali partecipano soprattutto gli studenti di #YoSoy132, anche se la protesta si allarga agli elettori delusi e alla cittadinanza in generale. Letteralmente censurata dai media, la protesta monta nelle piazze ed è culminata nel corteo di sabato pomeriggio, durante il quale 200.000 persone autoconvocatesi online hanno affollato il centro della capitale (sono numeri importanti, considerando che né i partiti tradizionali, né #YoSoy132 hanno indetto l’appuntamento).
Questa prima settimana postelettorale è stata abbastanza confusa per il movimento. L’organizzazione degli eventi é sempre abbastanza aleatoria, capannelli di persone discutono il da farsi spesso senza trovare una posizione comune. Una parte del movimento sostiene che é necessario radicalizzare lo scontro, bloccando strade ed aereoporti; altri, al contrario, considerano come un’azione violenta qualunque atto che vada al di lá della marcia di protesta o del gesto simbolico, tanto che prendono le distanze da quanti esprimono graficamente la loro rabbia sui muri dell’IFE e decidono di organizzarsi per cancellare le scritte. Insomma, nonostante la grande partecipazione, la fase si preannuncia complicata per il movimento, dando luogo alla necessitá della rifessione collettiva per andare al di lá della congiuntura immediata e per darsi delle direttive comuni a livello nazionale.
Due momenti assembleari sono particolarmente importante. Uno é l’assemblea nazionale di #YoSoy132 che si svolge in questi giorni a Morelos, dalla quale ci si aspetta la proposta di un piano d’azione studentesco. L’altro é la Convención Nacional, che si terrá invece ad Atenco, dove si incontreranno i piú importanti movimenti sociali del paese per cercare organizzare un risposta comune a Peña Nieto e gli interessi che incarna, i quali, qui come nel vecchio continente, promuovono le riforme strutturali tanto care a Banca Mondiale, FMI e capitale finanziario globale.
Com’era prevedibile, il Messico si trova nuovamente immerso in un conflitto postelettorale nel quale si fronteggiano due paesi diversi: quello raccontato in tv e quello che prende la parola nelle piazze e sui social network. Non sappiamo se le denunce e le mobilitazioni di questi giorni riusciranno ad incidere sul risultato elettorale, possiamo peró dire Peña Nieto non avrà futuro facile, visto dovrá fare i conti con un un movimento che difficilmente riconoscerá la sua legittimitá come presidente e che pare disposto a dare battaglia ben al di lá dell’ambito elettorale.

da MilanoX

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