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Casse vuote, piazze piene. I disoccupati marciano su Madrid

Pochi giorni fa, proprio quando le istituzioni dell’Unione Europea dovevano decidere lo stanziamento dei cosiddetti aiuti alla Spagna, il governo di Madrid aveva parlato greco. “Non abbiamo più neanche i soldi per pagare gli stipendi agli impiegati pubblici” aveva ammesso qualche ministro scatenando di nuovo la speculazione dei cosiddetti mercati e mandando di nuovo alle stelle i rendimenti dei bonos iberici. Casse vuote, hanno titolato i giornali. Ma piazze piene. Nonostante l’estate rovente, nonostante gli incendi che si mangiano boschi e case. Nonostante le direzioni dei due maggiori sindacati stiano cercando in tutti i modi di frenare e incanalare la rabbia sociale che sta emergendo in tutta la sua contundenza anche in regioni e settori del mondo del lavoro tradizionalmente tranquilli e ubbidienti alle indicazioni di Ccoo e Ugt.

Dopo le grandi manifestazioni del 19 luglio – parecchie centinaia di migliaia di persone in piazza solo a Madrid, altrettante nelle altre 80 città dove si è manifestato – non c’è stata sera che nella capitale e in altre località non si sia assistito a proteste, cortei, presidi, cacerolazos.  Anche ieri notte Madrid è stata di nuovo invasa. Alcuni avevano il viso coperto dalla maschera bianca di Guy Fawkes come l’eroe di ‘V for Vendetta’ ormai simbolo internazionale dei cosiddetti “indignados”. Altri portavano gli striscioni del sindacato anarchico Cnt. Fatto sta che parecchie migliaia di lavoratori e disoccupati sono tornati a tarda ora a riempire le strade di Madrid, per protestare contro la manovra lacrime e sangue appena varata da Rajoy.
Nel pomeriggio nella centralissima Puerta del Sol erano arrivati un migliaio di disoccupati, dopo una marcia di un mese per i vari territori della penisola, per chiedere un “cambiamento nella gestione politica”, la fine della precarietà, salari equi e il blocco dei tagli ai sussidi. I disoccupati in Spagna non mancano di certo, le statistiche parlano di un 25% di media, il che vuol dire 52% di giovani senza lavoro e medie ben più alte nei territori depressi del centro-sud della penisola.

In mattinata le diverse colonne di marciatori si erano dati appuntamento in diversi punti della capitale; quella più consistente sotto il Ministero del Lavoro. Poi le diverse colonne hanno marciato verso il centro, e si sono unite in Paseo del Prado, gridando slogan contro il governo, contro il sindaco di Madrid, e contro la deputata del PP Andrea Fabra che dopo aver proferito la frase ‘I disoccupati? Che si fottano” è diventata forse la più odiata del regno. Poi, dopo un pranzo sociale di massa e un’assemblea, la marcia è ripresa, e i ‘parados’ si sono diretti verso il centro.

Man mano che il pomeriggio trascorreva Puerta del Sol si riempiva, e a dare man forte ai disoccupati sono arrivati altre migliaia di dipendenti pubblici, pompieri, attivisti dei sindacati, studenti. Il corteo, per partire, ha atteso che la temperatura calasse e ha cominciato a sfilare intorno alle 19,30. Stavolta niente cariche, niente gas lacrimogeni, e soprattutto niente pallottole di gomma sparate ad altezza d’uomo, come invece era successo nei giorni precedenti.

 

Ma la rabbia monta anche nelle altre regioni della Spagna, in particolare in quelle dove le Comunità Autonome, dopo il salasso degli ultimi mesi prima di Zapatero e poi di Rajoy, sono di fatto in bancarotta. Il Partito Popolare afferma che le autonomie sono fonte di spreco, e che bisognerebbe rivedere assai le prerogative di autogoverno concesse dalla costituzione alle Comunità Autonome, approfittando per la crisi per ribadire la sua tradizionale e becera visione centralista e nazionalista. Per essere salvate, tuona Rajoy, le regioni dovranno sottoporsi ad un commissariamento da parte del governo centrale. Una provocazione che ha scatenato la reazione delle forze sociali e politiche che in Catalogna, a Valencia, nei Paesi Baschi e in Galizia chiedono invece da sempre più autogoverno, se non l’indipendenza. E anche l’Andalusia – la più grande comunità, con una popolazione pari a quella del vicino Portogallo – non sta messa bene e dovrà attingere ad un fondo di risanamento messo a punto dal Governo che però già è evidente che non basterà a impedire il tracollo dei servizi pubblici, della scuola, degli ospedali.

Nel frattempo il fenomeno degli sfratti, raccontano le cronache quotidiane, si è fatto drammatico: ogni giorno più di 500 famiglie vengono buttate in mezzo a una strada, in moltissimi casi grazie solo all’utilizzo della cosiddetta forza pubblica. Per contrastare gli sgomberi in molte città si stanno formando coordinamenti di inquilini, sostenuti dalle realtà sociali e sindacali, che in alcuni casi riescono a bloccare e rimandare gli sfratti, a costo però di una pioggia di multe e denunce.

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