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Sudafrica: nelle baraccopoli cresce la rabbia. Le contraddizioni di un paese bloccato

“I minatori vivono in baracche di lamiera ammassate l’una sull’altra, senza acqua, luce né servizi igienici” dice monsignor Kevin Dowling, il vescovo di Rustenburg, intervistato dall’agenzia di stampa Misna. Dopo il massacro di Marikana il nodo della discriminazione di classe, sopravvissuta a quella razziale dei tempi dell’apartheid, è venuto alla luce in tutta la sua gravità. “Invece di ospitare i lavoratori in abitazioni adeguate – sottolinea il vescovo – la Lonmin e altre società preferiscono pagare quattro soldi per un sussidio; il risultato è che i minatori si accalcano in baraccopoli invivibili, dove manca tutto e l’aids si diffonde a un ritmo impressionante”.

I minatori continuano a manifestare e a scioperare, all’indomani del massacro che ha riportato il paese ai tempi bui della segregazione razziale. Uno dei nodi principali del contenzioso con le multinazionali del platino – e dell’oro – è l’aumento dei salari, che il sindacato più radicale vuole portare dall’equivalente di 400 a 1200 euro al mese. Ma c’è anche il problema delle condizioni di vita e di lavoro al limite della schiavitù. E di fronte a quanto accaduto a Marikana molti sudafricani, in particolare i lavoratori neri impiegati nei settori più penalizzati e a rischio, guardano con sempre maggiore sospetto e diffidenza la maggiore organizzazione sindacale del comparto minerario, la National Union of Mineworkers (Num). “L’organizzazione – sottolinea monsignor Dowling – è guardata con sospetto o addirittura ostilità da molti lavoratori perché aderisce a una confederazione che è parte dell’alleanza di governo guidata dall’African National Congress”.

Sul conflitto tra diverse sindacali che ha portato al massacro di Marikana nei giorni scorsi si è espresso in un documento il Partito Comunista Sudafricano, forza di governo e protagonista della pluridecennale lotta contro l’apartheid. Il Sacp prende in qualche modo le difese del sindacato ufficiale, il Num, e denuncia come ‘provocatorio’ il comportamento del sindacato che nel conflitto con la Lonmin si è dimostrato più radicale, l’Amcu. Dopo aver denunciato lo sfruttamento tremendo alla quale le multinazionali sottopongono i minatori, scrive il Sacp: “La Commissione di inchiesta presidenziale deve anche prendere in considerazione il ciclo della violenza alimentato dallo pseudo sindacato AMCU, che cerca di impiantarsi localmente. Lanciato a Witbank da due ex membri del NUM, esclusi per comportamento anarchico, l’AMCU è stato finanziato da BHP Billiton (grande gruppo minerario concorrente di Lonmin) nel tentativo deliberato di minare l’influenza del NUM. La commissione dovrebbe in particolare investigare sul suo leader, Joseph Mathunjwa. La violenza associata a AMCU si è estesa alle miniere di platino di Rustenburg l’anno scorso quando la direzione di Impala Platinum ha deliberatamente rimesso in discussione gli accordi collettivi sottoscritti con il NUM, cercando di attirare, con salari più elevati, i minatori di altre imprese specializzate; ciò ha naturalmente suscitato le rimostranze dei lavoratori meno qualificati. Rimostranze utilizzate in modo demagogico da AMCU, con la conseguenza di provocare infine il licenziamento di migliaia di lavoratori. A Marikana, la settimana scorsa, la direzione di AMCU ha ancora una volta approfittato della credulità e della disperazione degli strati più emarginati della manodopera di Lonmin, di quei lavoratori precari “stranieri”, la maggior parte dei quali provenienti dal Pondoland orientale. I militanti del SACP della regione confermano i resoconti dei giornali secondo cui i lavoratori armati che si sono radunati sulla collina sono stati indotti all’errore, immaginando di essere invulnerabili alle pallottole della polizia dopo aver ingurgitato dell’ “intelezi” (una pianta psicotropa)”.

Il partito avverte giustamente che è impossibile comprendere la tragedia di Marikana senza considerare il modo con cui i grandi gruppi minerari, che fanno man bassa di più dell’80% delle risorse mondiali di platino, hanno suscitato la povertà delle comunità, fonte di disperazione e di divisione strumentalizzabili. Ma la richiesta di messa fuori legge dell’AMCU da parte di alcuni esponenti del partito e la difesa acritica dell’asse tra Cosatu (sindacato), Anc e Sacp suona come una rimozione dei grandi problemi e delle questioni irrisolte con cui il paese deve confrontarsi. Che le multinazionali cerchino di sfruttare le contraddizioni generate dalla situazione è ovvio. Ma è anche evidente che una maggiore indipendenza del sindacato rispetto al governo e dalle compatibilità dettate dall’alleanza con l’Anc potrebbero portare ad un aumento del ruolo dei settori critici senza mettere in discussione la stessa alleanza.

Ieri il Comitato esecutivo del partito che governa il Sudafrica dalla fine del regime razzista si è riunito per discutere di Marikana e delle sue possibili conseguenze politiche e sindacali. La questione delle miniere e più in generale quella delle tensioni sociali nelle baraccopoli potrebbero essere centrali anche a dicembre, quando l’African National Congress dovrà decidere se candidare ancora alla presidenza del paese Jacob Zuma. Negli ultimi mesi il platino è passato da 2000 a 400 dollari l’oncia, il che rende assai probabile una politica di disinvestimento da parte delle multinazionali straniere – soprattutto britanniche – con un’ondata di licenziamenti nelle miniere che renderanno la situazione anche più incandescente.

Prendendo spunto dal conflitto di Marikana e dallo scontento di un settore sempre più ampio dell’opinione pubblica, i dirigenti dell’organizzazione giovanile dell’Anc nei giorni scorsi si sono pronunciati a favore della nazionalizzazione di alcuni comparti del settore minerario, criticando implicitamente l’immobilismo del loro stesso partito e del governo di Zuma sulle grandi questioni irrisolte in un Sudafrica che dal punto di vista sociale ed economico non è poi molto cambiato dai tempi del regime segregazionista. Qualche imprenditore nero si è unito ad una elite ancora sostanzialmente bianca, ma la maggioranza della popolazione continua a vivere in condizioni tremende e negli ultimi anni l’esplosione della criminalità e la diffusione del virus dell’Hiv sono diventate vere e proprie emergenze ingestibili.

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