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Il No a Rajoy e ai tagli riempie Madrid

Accomunati dallo slogan ”Vogliono distruggere il Paese, bisogna impedirlo”, una gran folla di lavoratori e giovani provenienti da tutta la Spagna ha invaso ieri Madrid per protestare contro la politica economica del governo Rajoy. Centinaia di migliaia di persone – la Polizia locale, controllata dal PP, ha parlato ridicolmente di 65.000! – hanno sfilato per ore nelle vie del centro della capitale inalberando cartelli con su scritto un ‘NO’ chiaro e forte ai tagli decisi dall’esecutivo con l’obiettivo di ripianare il bilancio. Le strade di Madrid sono state riempite da una richiesta unanime a favore della celebrazione di un referendum attraverso il quale la popolazione possa esprimersi sui tagli del governo e un ipotetico ‘salvataggio’ del paese da parte delle istituzioni europee.

All’alba centinaia di pullman carichi di manifestanti provenienti da tutti i territori dello Stato hanno cominciato a scaricare decine di migliaia di persone. Intorno alle 10,30 del mattino quattro diverse colonne di manifestanti arrivati dalle altre comunità autonome e sei cortei tematici identificati da diversi colori – rosso i sindacati, verde la scuola e l’università, arancione i servizi sociali, bianco la sanità, nero i servizi pubblici e viola le associazioni di donne – hanno cominciato la loro marcia verso la destinazione finale.

Alla fine i cortei partiti da ministeri e palazzi governativi sono confluiti tutti nella grande piazza Colòn dove sono intervenuti i leader dei due maggiori sindacati concertativi, le Comisiones Obreras e la Union General de los Trabajadores, che insieme a circa 900 realtà sociali e territoriali riunite nella cosiddetta ‘Cumbre Social’ avevano proclamato la manifestazione nazionale. ”Hanno abbassato gli stipendi, aumentato le tasse, siamo tornati indietro di 20 o 30 anni. Chi va in pensione non viene rimpiazzato” ha denunciato Roberto Saldana, pompiere di 44 anni, giunto a Madrid da Huelva, in Andalusia. I lavoratori della Sanità hanno denunciato i numerosi tagli al settore, così come la nuova legge che proibisce di curare gli immigrati irregolari che non abbiano stipulato un’assicurazione integrativa. In strada tanti giornalisti, insegnanti, studenti, dipendenti della pubblica amministrazione, pensionati, precari e tante famiglie con figli al seguito. Le nuove tasse e i tagli ai servizi pubblici stanno mettendo letteralmente in ginocchio settori come l’istruzione: “Sono stati drasticamente decurtati i fondi per le borse di studio e anche per la mensa – spiega un’insegnante – ci sono studenti che non mangiano perché l’unico pasto era quello che consumavano a scuola.”

I sindacalisti del SAT (Sindacato Andaluso dei Lavoratori) guidati dal sindaco di Marinaleda e deputato di Sinistra Unita Juan Manuel Sanchez Gordillo, reduci dalla marcia operaia durante la quale hanno occupato supermercati, banche e grandi catene commerciali, sono stati particolarmente applauditi dal resto dei manifestanti. Come del resto i minatori arrivati dalle Asturie, dalla Castilla y León e dall’Aragona, accolti dal loro inno Santa Bárbara Bendita.
”Vogliamo dire a voce alta al governo che non siamo d’accordo con loro, che la loro politica ha fatto troppi tagli e che non ci rassegneremo” ha detto il segretario generale della Ccoo, Ignacio Toxo, mentre il leader della Ugt, Candido Mendez ha affermato che la manifestazione di ieri segna l’inizio di una ”lunga” battaglia contro l’austerità. I leader dei due sindacati concertativi hanno minacciato la proclamazione di uno sciopero generale, il secondo da quando Rajoy si è insediato, se il governo non ritirerà i tagli e i licenziamenti. Nel frattempo i sindacati di classe sono già sul piede di guerra e hanno già fissato alcune giornate di sciopero generale: i sindacati di sinistra e indipendentisti il 26 settembre (come in Grecia) nei Paesi Baschi mentre il sindacato indipendente spagnolo CGT (Confederazione Generale dei Lavoratori) per il 31 ottobre nel resto dello stato. “Vogliamo un nuovo modello sociale che non favorisca una minoranza di privilegiati che sfruttano la maggioranza della popolazione. Un nuovo modello sociale che si basi fondamentalmente sulla distribuzione della ricchezza, nella libertà e nella giustizia sociale” spiegano i dirigenti della CGT alla quale potrebbero unirsi altri movimenti sindacali di classe.
Solo per citare alcune delle ultime misure contestate, a luglio il governo del Partito Popolare ha eliminato i bonus natalizi dei dipendenti pubblici – per una riduzione pari al 7% della paga annuale – come parte delle misure di cosiddetta austerity per un valore complessivo di 102 miliardi di euro. Le misure includono anche un aumento dell’IVA e tagli ai benefit per i disoccupati, in una nazione che registra un tasso di disoccupazione pari al 25% e in crescita ulteriore.

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