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Turchia: manifestanti contro la guerra caricati e dispersi

Sulle operazioni militari contro Damasco il governo di Erdogan non ammette contestazioni in patria.
Questa mattina ad Ankara la polizia ha disperso con le maniere forti e senza troppi complimenti una prima simbolica manifestazione spontanea convocata da alcune organizzazioni di sinistra contro l’inizio delle operazioni militari turche contro la Siria. I manifestanti, alcune decine di persone, hanno iniziato a scandire slogan contro la guerra fra Turchia e Siria come ad esempio “Turchi e Siriani sono fratelli”. Quando si sono avvicinati all’ingresso del parlamento la polizia è intervenuta pesantemente, sgomberando i manifestanti con i manganelli e i gas lacrimogeni. Non contenti, gli agenti in tenuta antisommossa hanno inseguito i manifestanti fin dentro le vie adiacenti all’assemblea nazionale. Il tentativo di protesta è stato represso proprio mentre parlamentari turchi erano riuniti in seduta straordinaria per decidere se accordare all’esercito il nulla osta a interventi oltre il confine siriano, in realtà già iniziati ieri pomeriggio e proseguiti all’alba.
Protesta anche a Akcakale, il Paesino nel sud-est finito presuntamente sotto il fuoco dei mortai siriani e dove il ministro per il Welfare, Faruk Celik, e alcuni ufficiali dell’esercito sono stati duramente contestati da un gruppo di manifestanti. Questa sera una manifestazione contro la guerra è prevista in Piazza Taksim, ad Istanbul.

Un sondaggio realizzato nelle ultime ore – un instant poll – dal quotidiano turco Hurriyet segnala che un 62% dei cittadini del paese sono contrari all’intervento armato mentre solo un 38% si dicono favorevoli.
Inoltre mentre i cannoni tuonavano sul confine fra Turchia e Siria, l’hashtag #savassahayir (#noallaguerra) é rapidamente diventato oggi il trending topic numero 1 (il tema più gettonato) sul Twitter in turco.

Ma come avviene nelle ‘migliori democrazie’ i parlamenti non rappresentano la volontà popolare, e quindi in tarda mattinata la maggioranza degli eletti ha approvato, al termine di una seduta a porte chiuse, la mozione presentata dal premier Recep Tayyip Erdogan ed ha quindi autorizzato le operazioni militari turche in Siria per un intero anno. A favore della guerra hanno votato solo 320 dei 550 componenti del parlamento turco, 129 hanno votato contro e gli altri si sono astenuti o non hanno partecipato al voto.  Nella mozione approvata Erdogan ha indicato che la crisi siriana ”mette in pericolo la stabilità e la sicurezza nella regione” e mette a rischio la sicurezza nazionale della Turchia.

Ma i membri del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) e del Partito per la Pace e la Democrazia (BDP) hanno deciso di votare contro. “Questa mozione ci porterà alla guerra mondiale” ha denunciato durante il suo intervento il deputato del CHP Muharrem İnce. Il rappresentante del partito curdo BDP ha spiegato così il suo voto contrario alle operazioni ‘in territorio straniero’ (nella mozione il paese dove le forze armate di Ankara dovranno intervenire non è specificato): “Se farete la Guerra alla Siria voi manderete a morire la povera gente dell’Anatolia”. 

”Non é una mozione per la guerra”, ha subito tenuto a precisare il vicepremier Atalay per smorzare la contrarietà delle opposizioni nazionaliste laiche e dei rappresentanti delle comunità curda e alawita. In effetti il governo islamico-nazionalista di Ankara non sembra avere nessuna intenzione di dichiarare guerra alla Siria, ripercorrendo un modello adottato negli ultimi venti anni dall’Alleanza Atlantica contro paesi che sono però stati invasi, occupati e smembrati di volta in volta sotto il segno di operazioni di polizia internazionale o guerre umanitarie.

Il vicepremier Besir Atalay ha detto oggi che il governo di Damasco ha ammesso l’incidente di ieri – alcuni colpi di mortaio caduti in suolo turco avrebbero ucciso 5 persone – ed ha chiesto scusa, negando l’intenzionalità dell’attacco. Ma evidentemente ciò non basta ad Ankata che da mesi sta intervenendo indirettamente e direttamente contro l’esercito e il governo siriani: finanziando e addestrando le milizie dell’opposizione, ospitando alcune delle fazioni anti-Assad e infiltrando armi e uomini in territorio siriano.

Dall’inizio della guerra civile in Siria il governo turco chiede un mandato internazionale per istituire all’interno del territorio di Damasco una cosiddetta ‘no fly zone’ e una ‘zona cuscinetto’ con la scusa di assistere i profughi in fuga dai combattimenti, ma finora non ha trovato ascolto.

Nel giugno scorso con la scusa dell’abbattimento di un suo caccia da parte della contraerea siriana Erdogan aveva anche tentato di richiamarsi alla solidarietà della Nato e dell’Onu per iniziare operazioni militari contro la Siria, ma anche in quel caso non aveva trovato sostegno da parte dei partner europei e americani, anche perché – nonostante le scuse di Assad – si scoprì che non erano stati i militari di Damasco ad abbattere il velivolo turco.

Ma la Turchia non si è data per vinta e il ‘casus belli’ di ieri – vero e presunto che sia non importa – ad ascoltare le dichiarazioni belliciste e di sostegno a Erdogan di Francia, Gran Bretagna e Italia pare proprio che stia funzionando…

Guarda il video della manifestazione ad Ankara: http://www.lemonde.fr/proche-orient/video/2012/10/04/manifestation-anti-guerre-a-ankara_1770279_3218.html

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