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Cisgiordania. Fatah sconfitta alle elezioni

Fatah sconfitta al voto

Michele Giorgio

«Fatah ha combattuto contro se stesso» spiega, a proposito del risultato delle elezioni amministrative palestinesi del 20 ottobre, il professor Nashat Aqtash dell’Università di Bir Zeit. Ha combattuto e ha perduto, aggiungiamo noi. Già, perchè nel match Fatah contro Fatah, o per essere più precisi, tra Fatah e i suoi dissidenti divenuti «indipendenti», il partito del presidente dell’Anp Abu Mazen è riuscito a perdere. Certo, Fatah ha riconquistato parecchi consigli comunali ma ha subìto una batosta a Ramallah, la «capitale» dell’Anp, oltre che a Nablus e Jenin. Non solo, se da un lato ha prevalso a Betlemme, Hebron, Qalqiliya, Gerico, Salfit e Tulkarem, dall’altro bisogna notare la bassa percentuale di votanti a Hebron (33%), a conferma che in quella città così importante, fatti i conti, Fatah è una forza di minoranza.
L’aver voluto «rinnovare» a tutti i costi le amministrazioni locali, – nonostante il boicottaggio di Hamas e del Jihad e la mancata riconciliazione nazionale – si è rivelato un tragico errore per Abu Mazen e i vertici del suo partito. Errore che potrebbe trasformarsi in un boomerang, perchè il voto conferma la difficoltà del partito a riconquistare il consenso della maggioranza dei palestinesi della Cisgiordania, a più di sei anni dall’ampia vittoria ottenuta Hamas nei Territori occupati.
Non sono buone dunque le notizie per Fatah, anche se il suo portavoce, Ahmad Assaf, ieri si è affannato a spiegare che una «netta vittoria» è stata riportata in più della metà delle 93 località interessante dal voto e che molti degli indipendenti in realtà sono vicini al partito. Vero, ma la valanga annunciata alla vigilia del voto si è rivelata una frana. Fatah ha perduto a Ramallah, sede del governo e delle istituzioni palestinesi, dove presentava una lista di funzionari e militanti mascherati da indipendenti, segnale inequivocabile della stanchezza della popolazione palestinese verso le politiche dell’Anp. Senza dimenticare che proseguono nei Territori occupati le proteste dei lavoratori e della popolazione contro il carovita.
A Nablus è tornato sulla poltrona di sindaco Ghassan Shakaa, membro del comitato esecutivo dell’Olp uscito da Fatah lo scorso mese, che ha sbaragliato il candidato ufficiale del partito. Non è una gran notizia per gli abitanti della più grande delle città palestinesi, ma dal punto di vista politico ha un notevole significato. Anche a Jenin ha vinto una lista indipendente di ex dirigenti del partito. A Hebron ha prevalso Fatah solo per una manciata di voti contro una lista della sinistra unita: Fronte popolare, Fronte democratico e Partito del popolo. «Fatah ha fallito, non ha prevalso in città importanti come Jenin e Nablus, e se si vanno a vedere i villaggi, ha ottenuto meno della metà dei seggi», commenta impietoso il professor Nashat Aqtash. Abu Mazen ieri ha mascherato il disappunto per il risultato ottenuto esaltando i valori della democrazia e l’importanza delle elezioni.
Dalle urne è emerso anche un risultato deludente per le donne candidate. A Hebron il partito rosa «Partecipando, possiamo», guidato da Maysoon Qawasmi, ha ottenuto appena 493 voti, insufficienti per ottenere almeno un seggio in consiglio comunale. Le donne però possono consolarsi con la probabile elezione a sindaco di Betlemme di Vera Baboun (Fatah).
A aggravare la delusione di Abu Mazen c’è anche la visita, oggi a Gaza, dell’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, che fa seguito all’annuncio giunto da Doha la scorsa settimana di un piano di ricostruzione della Striscia da 254 milioni di dollari. E’ la prima visita di un capo di stato a Gaza da quando Hamas vi ha preso il potere nel 2007. I fondi qatarioti sono importanti per un territorio che, sotto embargo da anni, porta ancora visibili i segni dell’offensiva militare israeliana «Piombo fuso». Tuttavia l’iniziativa di al Thani (tra gli sponsor principali dei ribelli armati siriani) non è certo solo quella di sostenere i palestinesi di Gaza. Doha, è noto, con i soldi sta comprando la politica estera di varie parti arabe e questa visita a Gaza, volta a elevare lo status del governo di Hamas, non aiuta la riconciliazione tra palestinesi. Così come non aiutano Usa e Israele che premono su Abu Mazen affinchè non arrivi alla riconciliazione con Hamas.
Su Gaza ieri si è scatenata una mini-offensiva israeliana, che ha ucciso almeno un palestinese (tre secondo altre fonti). Il portavoce israeliano ha detto che è stata colpita una cellula armata che si preparava a lanciare razzi. L’incursione, anche di terra, ha invece dato il via alla reazione palestinese, e ieri sera è scattato l’allerta nel sud di Israele.

da “il manifesto”

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