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Libano. Indagini, inquirenti, investigatori

E’ arrivato a Beirut nel primo pomeriggio di giovedì il team di investigatori dell’FBI annunciato lunedì scorso dal responsabile della sicurezza dell’Ambasciata Americana David Brown, al fine di offrire il proprio supporto logistico nell’ambito dell’inchiesta sull’attentato di Ashrafiyeh.

 L’INCHIESTA – Le indagini sull’attentato stanno al momento procedendo lungo tre direttrici. In primo luogo, l’attenzione si sta concentrando sulle evidenze scientifiche offerte dalla scena del crimine e sull’analisi delle registrazioni effettuate dai dispositivi di videosorveglianza presenti nell’area. Il dato più interessante è emerso proprio dai contenuti di uno dei video presi in consegna dagli inquirenti, nei quali si può vedere un’auto parcheggiata per lungo tempo sul luogo dell’esplosione, che pochi istanti prima dell’arrivo di Al-Hassan, si sposterà per lasciare il posto alla Toyota RAV4 che ne causerà la morte all’uscita di un piccolo appartamento tra i tanti dislocati in tutta la città di cui si serviva per i suoi incontri riservati. Il secondo filone si concentra invece sui dati delle comunicazioni avvenute nell’aera prima, durante e dopo l’esplosione. La commissione incaricata, sta analizzando i contenuti delle telefonate, i numeri e i tipi di dispositivi utilizzati, per stabilire quali tra questi siano stati potuti essere utilizzati dagli attentatori, a chi appartengano o siano appartenuti. Infine, l’attenzione si sta concentrando su come gli attentatori abbiano potuto intercettare i movimenti di Al-Hassan. In questo senso, risalire ai contatti avuti dallo stesso Al-Hassan da prima della sua partenza da Berlino, al suo arrivo ad Ashrafiyeh, risulta un elemento di cruciale importanza, alla luce del ruolo da lui ricoperto. Bisogna infatti sempre tener presente che il Brigadiere fosse il capo dei servizi segreti delle Forze di Sicurezza Interne, e in quanto tale per sua natura obbligato a lavorare nell’ombra, centellinando i mezzi e le persone a cui comunicare spostamenti e attività. A tal proposito, le autorità giudiziarie sono state informate che Al-Hassan fosse in contatto con una giornalista libanese con la quale si sarebbe incontrato nell’ufficio di Ashrafiyeh proprio pochi istanti prima dell’attentato. I dati che emergeranno dagli interrogatori e dai suoi tabulati telefonici, forniranno elementi decisivi per stabilire le tempistiche ed eventuali canali di informazione per gli attentatori in merito agli spostamenti del Brigadiere.

IL DIBATTITO POLITICO – Non si ferma intanto il dibattito politico circa le responsabilità dell’attentato. Sono sempre di più le voci a puntare il dito contro Damasco con toni decisamente roventi. Sul fronte “14 Marzo”, Samir Geagea, leader delle Forze Libanesi, ha fin da subito mosso esplicite accuse ad Assad e ai suoi alleati in un’escalation di dichiarazioni culminate giovedì in un’intervista rilasciata al quotidiano saudita “Al- Watan” dicendo senza mezze misure che “il regime di Assad, così come l’Iran, sono direttamente accusati di aver pianificato l’assassinio di Al-Hassan e di aver utilizzato Hezbollah per commetterlo. Pronta è arrivata la risposta del Partito di Dio, che tramite un comunicato ha rigettato ogni accusa, definendo la dichiarazione di Geagea “una provocazione atta a gettare ulteriore benzina sul fuoco delle divisioni confessionali e della crescita della tensione nel paese”, aggiungendo che tale provocazione “viene rifiutata da qualsiasi individuo responsabile e patriottico”. Accuse a Damasco vengono anche mosse da alcune forze sul fronte del governo, in particolare dal Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt, che sempre giovedì, pur ribadendo la sua fedeltà al Primo Ministro Miqati e il sostegno al Presidente Sulaiman nella creazione di un governo di largo consenso che guidi il paese fino alle elezioni di giugno 2013, ha dichiarato che “è stato il regime siriano e non il Serraglio (il Palazzo del Governo preso d’assalto dopo i funerali di domenica dai manifestanti in collera, nda) ad uccidere Wissam Al-Hassan”, aggiungendo che “anziché attaccare il Serraglio, le forze del “14 marzo” avrebbero dovuto manifestare davanti all’ambasciata siriana”. Un’ulteriore porta chiusa al vecchio alleato Hariri, che la sera dell’attentato lo aveva personalmente chiamato per chiedergli di unirsi al coro dei dimissionari, essendo Jumblatt l’ago della bilancia per la tenuta della coalizione di Miqati.

Continua dunque il dibattito, in quella che ha tutta l’aria di essere un anticipo di campagna elettorale.

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1 Commento


  • alexfaro

    Ma come sono furbi i Libanesi!
    Dare l’incarico di indagare sulla morte del col.Al Hassan all’FBI,a mio parere sarebbe come la storiella del fattore,il quale consegna la chiave del pollaio alla volpe!
    A questo punto perché hanno incaricato addirittura il Mossad,tanto ormai!
    Tutto questo a me ricorda l’attentato,contro l’aereo di Lockerbie,il quale fece ben 288 vittime,allorquando una “indagine”(si fa x dire!)accusò in quattro e quattrotto la Libia di Gheddafi.
    Ulteriori ed approfondite indagini,di organismi indipendenti,NON trovarono uno straccio di prova verso,la Libia,infatti i condannati(Libici)vennero scarcerati alla chetichella,dopo che Gheddafi pagò ai parenti delle vittime parecchie centinaia di milioni di dollari,chiudendo così la questione.
    ps
    se fossero stati veramente colpevoli,perché scarcerarli,quasi in silenzio,usando la scusa dei”problemi di salute”?
    un saluto comunista
    Alexfaro

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