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Rabbia curda contro la repressione, marce e scontri

Ieri il premier turco Recep Tayyp Erdogan ha apertamente minacciato le centinaia di prigionieri politici curdi che ormai da 54 giorni portano avanti uno sciopero della fame a favore della liberazione di Abdullah Ocalan, condannato al carcere a vita e recluso in completo isolamento dal 1999 nell’isola-prigione di Imrali.
“Non trasformate questo sciopero in un’estorsione” ha detto Erdogan, parlando al congresso annuale del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, kermesse in cui l’ex sindaco di Istanbul ha celebrato i dieci anni dal suo arrivo al potere. Secondo il premier turco lo sciopero della fame dei prigionieri curdi sarebbe una messa in scena, un puro atto di propaganda.
Ma le condizioni di salute di alcuni dei quasi 700 detenuti, che attuano l’estrema forma di protesta in 66 diverse carceri sparse per la Turchia, cominciano ad essere molto gravi. In alcuni casi i danni già causati ad alcuni organi sono irreversibili. Non tutti gli scioperanti sono membri del Pkk, il partito della guerriglia attivo sulle montagne dell’Anatolia; moltissimi sono deputati, sindaci, amministratori e militanti del BDP, il Partito per la Pace e la Democrazia che può contare su un consistente numero di eletti nel parlamento di Ankara e nelle istituzioni locali. Oppure delle reti politiche che le organizzazioni kurde si sono date negli ultimi anni per agire – attraverso manifestazioni e campagne di disobbedienza di massa – nelle grandi città turche dove si trovano milioni di immigrati provenienti dal Kurdistan.

Allo sciopero della fame si affiancano le proteste di piazza in supporto dei prigionieri e delle loro rivendicazioni. L’ultima il 30 ottobre, dichiarata ‘giornata della resistenza’ dalle organizzazioni patriottiche curde, a Diyarbakir, la maggiore città del territorio kurdo in Turchia. Mentre la città era semiparalizzata da uno sciopero – scuole, negozi e molti uffici chiusi –  migliaia di persone, per lo più giovani, sono scese in strada per protestare contro la repressione, e le forze di occupazione di Ankara hanno risposto scatenando una caccia all’uomo nelle vie della città, usando i manganelli e i lacrimogeni. Si è innescata così una vera e propria battaglia, quando alcuni gruppi di manifestanti curdi hanno risposto lanciando molotov e pietre contro i poliziotti in assetto antisommossa che a loro volta hanno iniziato ad utilizzare anche gli idranti. Al termine della giornata si sono registrate decine di feriti e almeno 20 manifestanti sono stati arrestati. Tutto era cominciato quando migliaia di curdi hanno iniziato a marciare verso la prigione di Diyarbakir per mostrare il proprio sostegno nei confronti di alcuni loro compagni arrestati durante uno sciopero realizzato sei settimane fa. Ma la Polizia ha sbarrato la strada al corteo e quindi sono scoppiati duri scontri.

Anche Sirnak si è trasformata in campo di battaglia quando la polizia ha attaccato i dimostranti decisi a non fermare la loro marcia nonostante il brutale attacco della polizia con gas lacrimogeni. Gli scontri si sono estesi a molti quartieri della città.

Anche a Istanbul non è andata meglio per le “Madri della pace” e gli attivisti del BDP che si erano riuniti a Meydanı Ok (Piazza Ok) per manifestare la loro solidarietà con i prigionieri politici. Gli scontri sono scoppiati quando un gruppo di membri del BDP è stato attaccato con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per impedirgli di marciare verso la sede provinciale dell’Akp. La polizia ha anche attaccato la tenda delle “Madri della Pace”, anche loro in sciopero della fame. Molte donne, alcune anziane, sono svenute dopo l’attacco della polizia con gas lacrimogeni sparati direttamente nella tenda.

Lo stesso giorno, sempre il 30 ottobre, cortei con la partecipazione di decine di migliaia di manifestanti si sono tenuti ad Hakkari, a Van, a Mardin, a Kiziltepe e a Mersin.

Ieri, proprio in contemporanea con i festeggiamenti dell’Akp per i dieci anni al potere, nuove marce e scontri si sono verificati nella città di Cizre, in occasione dei funerali di un militante curdo.

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1 Commento


  • alexfaro

    Credo che l’improvvida iniziativa di Erdogan di interferire(x usare un eufemismo!)nella guerra civile in Siria ,gli si stia ritorcendo contro,visti i risultati farebbe meglio a smetterla di supportare la guerriglia contro Assad,che di Siriano ha ben poco se anche l’ONU ormai dice che la percentuale di combattenti dl cd ELS staranieri sfiora il 95%!
    Come dicevo farebbe meglio a concentrarsi,x risolvere pacificamente(sì e io sono babbo natale!)la situazione(esplosiva)che incombe ormai sul paese da lui guidato,con il conflitto Turco/Curdo ormai giunto in una situazione insostenibile.
    un saluto comunista
    Alexfaro

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