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Petraeus disarcionato per la più classica delle “disattenzioni”

Stare al potere acceca. Stare vicini agli uomini o donne di potere acceca anche di più.

L’indagine dell’Fbi che ha portato alle dimissioni del capo della Cia David Petraeus è iniziata con una sorta di “lei non sa con chi ha a che fare”. Paula Broadwell, la sua amante segreta, inviava e-mail minatorie ad un’altra donna, che vedeva come una minaccia per la sua relazione. Ed erano probabilmente messaggi molto convincenti, visto che la destinataria si rivolse agli agenti federali per avere protezione e capire chi era che le mandava quelle mail.

Le indagini dell’Fbi portarono infine a Paula Broadwell e anche alle e-mail dal contenuto erotico che si scambiava con Petraeus. Fu a quel punto che l’Fbi, hanno rivelato tre alti funzionari al Washington Post, capì di aver scoperto per caso che il generale, sposato e padre di due figli, aveva una relazione clandestina con la sua biografa. L’identità della donna che ha ricevuto le minacce e la natura del suo rapporto con Petraeus non è stata rivelata, ma secondo le fonti, l’Fbi in un primo momento sospettava che un hacker fosse riuscito a entrare nel computer del capo della Cia. Ma poi, ne venne fuori una vasta e ‘bollente’ corrispondenza che era la prova che in realtà il capo del servizio di intelligence più potente del mondo aveva una relazione che lo rendeva ricattabile. Una condizione che metteva a rischio la sicurezza nazionale.

Qui il moralismo non c’entra nulla. Un capo del servizio di spionaggio più potente del mondo non può e non deve essere nemmeno teoricamente ricattabile per questioncelle private. E’ la regola numero uno. La storia dei servizi segreti trabocca di donne fatali e maschi fascinosi messi sulla strada di leader politici, industriali o dello spionaggio nemico. Da Mata Hari a Christine Keeler, fino alla Stasi di Markus Wolf. Il problema, insomma, non è cosa fa dentro il proprio letto un boss dell’intelligence, ma con chi lo fa. La promiscuità che caratterizza la società “normale” a questo livello di venta un pericolo, anche se solo potenziale.

Persino molto meno importanti protagonisti dei movimenti d’opposizione, sia innocui “professorini” studenteschi che determinati leader guerriglieri, sono stati spesso oggetto delle “attenzioni” dei servizi tramite “body toys” affascinanti. E’ una tecnica antica quanto il mondo o, se volete, è la variante “spy” del mestiere più antico del mondo. Bisogna saperlo, quando si decide di “fare politica”; sia contro il potere che al suo interno. Quel che sembra un bel fiore che aspetta solo di esser colto si rivela spesso una manetta che ti condizionerà il resto della vita. Il moralismo, per l’appunto, non c’entra nulla. La posta in gioco è infatti l’autonomia delle scelte, l’indipendenza o la dipendenza nei comportamenti.

L’anziano generale, invece, se n’era dimenticato, forse convinto che nessuno avrebbe osato mettere il naso nei suoi affari privati. Così aveva continuato a scambiarsi messaggi per un anno – dall’estate 2011, all’inizio della storia, fino a qualche mese fa – con Paula Broadwell, l’atletica e attraente scrittrice di vent’anni più giovane di lui, a sua volta sposata e madre di due figli.

David Petraeus è uno dei più stimati militari americani. Un uomo di 60 anni del quale, dopo i successi alla guida delle forze Usa in Iraq e Afghanistan, si era parlato come possibile candidato repubblicano alla Casa Bianca quattro anni fa, e ancora come possibile vice di Mitt Romney nella corsa di quest’anno. Un uomo con un passato e un tale patrimonio di credibilità che diversi commentatori oggi avanzano diversi dubbi e sollevano polemiche. A partire dal fatto che, apparentemente, l’Fbi, nonostante stesse indagando sin dalla tarda primavera scorsa, ha informato il diretto interessato solo un paio di settimane fa, stando a quanto riferiscono fonti di stampa.

Ma non solo. Via Twitter, il magnate Rupert Murdoch ha inoltre sostenuto, ad esempio, che «i tempi sono sospetti». Un riferimento al fatto che la settimana prossima Petraeus era atteso per una audizione a porte chiuse al Congresso sull’attacco dell’11 settembre al consolato Usa a Bengasi, in cui sono morti quattro americani tra cui l’ambasciatore Chris Stevens e per cui la Cia è finita sotto accusa da parte di molti. Ma anche un modo per insinuare che l’amministrazione Obama non poteva non sapere e ha tenuto la cosa nascosta al Paese fino a dopo le elezioni. Il che appare probabile e addirittura scontato. Nessun altro presidente si sarebbe dato una martellata tafazziana nei giorni che precedono le elezioni.

Sugli schermi della Fox News, il commentatore politico Steve Hayes ha dal canto suo affermato che «se il direttore dell’Fbi Robert Mueller ha tenuto la cosa segreta o il presidente l’ha tenuta segreta al Paese è uno scandalo enorme». Citando un funzionario dell’amministrazione, il New York Times scrive che il presidente Obama è stato informato solo giovedì mattina, quando è tornato alla Casa Bianca dopo le elezioni. «Era sorpreso e deluso», ha detto la fonte. E quando nel pomeriggio ha incontrato Petraeus che gli ha portato la lettera di dimissioni gli ha detto: «Ci penserò su stanotte». Non voleva accettarle, ma poi venerdì ha infine detto sì. Anche il gioco delle “fonti” che spifferano qualcosa ai giornali, d’altro canto, segue le regole del potere. Sono “soffiate” sincere o “orientate”) Piuttosto difficile saperlo…

Intanto, è iniziato il balletto delle previsioni della stampa su a chi Obama intenda ora affidare la guida della Agenzia di Langley. Il più quotato sembra essere l’attuale vicedirettore Michael Morell, che ha già assunto l’interim e ha 30 anni di esperienza all’interno della Cia. Ma si parla anche di John Brennan, consigliere della Casa Bianca per l’antiterrorismo, o di Tom Donilon consigliere per la sicurezza nazionale. E anche di una donna, Jane Harman, che fino al 2011 ha guidato la commissione del Camera sull’intelligence e che gode di ampia stima.

Chiunque sia, ci possiamo scommettere, metterà un memorandum ben visibile sulla propria scrivania: “mai rispondere a un sorriso disarmante”.

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