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Gaza. “Colonna di fumo” come Piombo fuso?


Certi strateghi militari statunitensi che qualche parolina con gli uomini di Aman (l’Intelligence dell’Israel Defence Forces) la scambiano, fanno sapere che l’attuale operazione israeliana “Colonna di fumo” scagliata sulla popolazione di Gaza serve a disinnescare la riorganizzazione militare di Hamas e della resistenza palestinese. Esse hanno ritrovato in alcuni modelli di razzi (Fajr 5) un’arma che preoccupa Israele perché può raggiungere nientemeno che la capitale Tel Aviv. Quei missili hanno dunque una gittata di 70 km. A essi s’aggiungerebbero armi provenienti dalla Libia e dal Sudan che, via Egitto, entrerebbero nella Striscia. Inoltre preoccupa il miglioramento del livello di preparazione compiuto dall’ala militare sotto la direzione di Al-Jabari che ha impostato strutture di difesa-offesa simili all’Hezbollah libanese. Un micro esercito più efficiente dei gruppi armati degli ultimi anni. Ai tragici prodromi di mercoledì scorso potrebbero a breve seguire altre fasi compresa quella di un attacco da terra. Una sorta di riedizione dei 23 giorni del “Piombo Fuso” che fece 1.450 vittime, un terzo dei quali bambini. Quell’operazione venne presentata dal governo e dai vertici militari israeliani come un’azione di polizia “per eliminare le basi terroristiche”. Lo fece con una violenza indiscriminata e l’uso di armi proibite (il fosforo bianco e altro) che finì per avere contorni di pulizia etnica, quello che ogni semita in ossequio col dolore degli avi dovrebbe aborrire.

Come nel recente passato l’Idf punta a distruggere rampe di lancio, magazzini di stoccaggio, tunnel di contrabbando. Ma non può farlo esclusivamente con raid aerei che fanno strage di popolazione civile in uno spazio densamente popolato. Se, dunque, lo “scudo umano” del premier egiziano Qandil recatosi a Gaza City e la delegazione dell’Onu non riusciranno a fermare l’intenzione di proseguire, l’esercito d’Israele attaccherà via terra. I 42 km della Striscia sono un territorio limitato e come per “Piombo fuso” i fronti d’invasione potranno essere da nord ed est, assolutamente comodi nella dislocazione delle truppe, e da sud per tagliare il passaggio alla via di comunicazione diretta verso la città simbolo che in tal modo resterebbe isolata. Ben più della precedente operazione le truppe israeliane eviterebbero i grossi concentramenti urbani (Gaza City e Rafah) per non prestare il fianco a contrattacchi e guerriglia. Però in virtù del diverso quadro politico egiziano a sud l’Idf non troverebbe come ai tempi di Mubarak un esercito egiziano inerme e di fatto complice. Le calorose strette di mano fra il Presidente Mursi e il premier di Gaza Haniya sono già una garanzia per una diversa posizione dell’Egitto che stavolta non consentirebbe a Israele di usare i propri confini per un attacco di terra contro i palestinesi. Una forzatura di Tsahal amplierebbe la crisi trascinando in guerra il più grande Paese arabo.

L’annuncio del governo cairota di tenere aperto il valico di Rafah potrà consentire agli abitanti di Gaza di ricevere aiuti. L’azione di terra resta, comunque, una necessità per colpire col minor numero di vittime civili i luoghi militari di Hamas. In occasione di “Piombo fuso” le truppe penetrarono di notte nella Striscia. Stabilirono postazioni e si aprirono vie di comunicazione interagendo di giorno coi punti d’osservazione aerea costituiti anche da droni. Accanto ai tank e ai carri c’erano potenti bulldozer che spianavano la strada all’avanzata, distruggendo ciò che trovavano per via, per evitare di usare la rete di comunicazione esistente e non prestare il fianco a contrattacchi guerriglieri. L’uso massiccio dell’artiglieria (che provocò distruzioni di vie, acquedotto, rete fognaria, rete elettrica oltre che di edifici) teneva lontani attacchi con uso di esplosivi. Questo potrebbe ripetersi con l’aggiunta di un affinamento dell’azione. Ma le Intelligence, non solo il Mossad, riferiscono sul migliore grado di preparazione delle milizie palestinesi, si vocifera che la loro dotazione di strumenti elettronici li aiuterebbe nell’individuazione della comunicazione dell’esercito israeliano e di un suo disturbo. Così il supporto aereo all’operazione di terra troverebbe ostacoli. L’escalation da alcuni osservatori è ritenuta possibile e già decisa con l’unico rischio sul piano politico internazionale. Perché un’esplosione di un conflitto aperto nel cuore del piccolo Medio Oriente compatterebbe nella solidarietà verso i palestinesi molto Paesi Arabi. Più di quattro anni or sono e anche quelli molto vicini alla politica internazionale occidentale come il Qatar.

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