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Il centrodestra europeo incorona Monti: “in Italia ci rappresenta lui”

Il Ppe ha bruciato definitvamente Berlusconi e lo ha sostituito con Monti. Così facendo indica una prospettiva unitaria per il centrodestra in Italia e al tempo stesso, però, toglie al “tecnico” quell’aura di super partes che lo aveva avvolto (e protetto in buona parte dalle critiche) finora.
Nei quotidiani di oggi il fuoco di fila è impressionante. Giornalisti e giornali per anni condiscendenti con il Cavaliere mettono in azione un formidabile plotone di esecuzione. Un coro travolgente che si fa forte delle unanimi prese di posizione di tutto il “moderatismo europeo” capeggiato da Angela Merkel.

L’operazione “sostituzione” nel vertice del Ppe non è stata casuale, ma contrattata e organizzata dallo stesso Monti. Del resto non si può mica pensare che l’ex presidente europeo della Trilaterale e del direttivo del Bilderberg fosse all’oscuro di qunto andava maturando nell’establishment continentale.

Vi presentiamo qui una rassegna molto sintetica, rappresentativa della massa sterminata di articoli apparsi oggi sulla stampa.

Ora Monti guida il Ppe in Italia. Con un ruolo politico ed elettorale

Stefano Folli La partecipazione di Mario Monti al vertice del Partito Popolare europeo a Bruxelles è uno di quei dettagli suscettibili di cambiare la storia politica di una nazione. In fondo Monti non è titolare (non ancora) di un partito o di un raggruppamento aderente alla famiglia dei popolari. In passato ha manifestato la sua simpatia verso il Ppe, ma fino a ieri il suo profilo è stato quello che sappiamo: un “tecnico” autorevole, molto stimato in Europa, che governa da un anno su chiamata del capo dello Stato in una situazione di grave emergenza. Non una figura politica nel senso classico del termine.
Ora il quadro è mutato e ci sono due momenti che scandiscono tale mutamento. Il primo è l’annuncio delle dimissioni del governo, presentate da Monti al Quirinale dopo la sfiducia subita da Alfano su mandato di Berlusconi. È lì che prende forma il “nuovo” Monti come soggetto politico definito: un leader moderato, ancorché senza partito, che si qualifica lungo una linea di rottura con il berlusconismo morente, ma all’interno della cornice dei popolari europei.

Il secondo momento è appunto l’invito rivolto al premier italiano dal presidente Martens a partecipare al summit. Invito con uno scopo preciso: dimostrare a tutti che in Italia i popolari europei hanno un punto di riferimento che ovviamente non è Berlusconi, personaggio ormai messo ai margini. Il riferimento che colma il vuoto si chiama Monti ed è a lui che il più grande partito trasversale presente nel Parlamento di Bruxelles e Strasburgo chiede di fare del suo meglio per governare l’Italia anche in futuro. Con il consenso degli elettori, è ovvio. S’intende che questa mossa non sarebbe stata possibile senza il beneplacito, o meglio la spinta propulsiva della Germania di Angela Merkel. Perché il Ppe non sarebbe quel potente gruppo politico che oggi è se la sua spina dorsale non fosse costituita dai popolari tedeschi.
Così il cerchio si chiude. In una settimana scarsa Berlusconi ha messo in crisi il governo, ha accusato Monti di essere l’emissario dell’Europa “germanocentrica”, ha tentato di sollevare un’ondata di euroscetticismo. E poi, in rapida successione, ha candidato Monti a leader dei moderati e si è presentato ieri a Bruxelles per essere mortificato dai popolari, lui che ha fondato uno dei partiti più forti del Ppe, nonchè per assistere al trionfo dell’uomo che si avvia a essere il capo dell’area moderata in Italia. In sostanza Berlusconi ha dovuto accettare e sottoscrivere la propria stessa uscita di scena.

Negli stessi giorni si è compiuta anche la trasformazione di Monti da “tecnico”, si fa per dire, a politico a tutto tondo. Da ieri sera insignito del compito di rapprresentare in Italia le istanze del popolarismo europeo. Come dire che il dibattito sul futuro ruolo politico del professore è superato dai fatti. L’Europa, o almeno l’Europa che si è riunita a Bruxelles, vuole che in Italia si crei e si consolidi un’area ispirata ai valori del popolarismo. Un’area così in sintonia con il Ppe da noi non è mai esistita.
Monti ora dovrà darle un’anima in tempi molto stretti, visto che le elezioni sono il 17 febbraio: per riuscirci dovrà volare alto, sopra i limiti e i vincoli dei partiti centristi esistenti. È chiaro in ogni caso che i popolari di Angela Merkel vogliono che il vuoto sia colmato. In nome della stabilità, certo; e sprattutto perché non desiderano che tutto il gioco in Italia sia determinato dalle sinistre di Bersani.

Dal Corriere della Sera

Berlusconi “clown politico” e “re della confusione”. E ormai non gli crede più nessuno

Elysa Fazzino Ormai non gli crede più nessuno. L’ennesima giravolta di Silvio Berlusconi non viene presa sul serio dai media esteri, infastiditi dal dover rincorrere ancora una volta le dichiarazioni contraddittorie dell’ex premier.
“Silvio Berlusconi, questo clown politico”, titola con grande evidenza sulla homepage del suo sito iI Nouvel Observateur.
“Ci si interrogava qualche giorno fa sul tema seguente: Berlusconi è un incosciente o un malato?”, scrive la corrispondente del Nouvel Obs, Marcelle Padovani. “Oggi il dilemma è risolto: Berlusconi è tutt’e due insieme, e anche un clown politico. Un clown colpito da una grave forma di confusione mentale”.
Per il Nouvel Obs c’è “un gran disordine” nella testa dell’ex inquilino di Palazzo Chigi. I fedelissimi cominciano ad abbandonare la sua nave e il suo isolamento internazionale aumenta: il Partito popolare europeo ratificherà il rifiuto di questo “ingombrante personaggio”.
“Tutto si sgretola intorno al Cavaliere – scrive Padovani – e mentre Roma brucia sotto i suoi occhi, quest’uomo continua a credere di potere dominare la situazione con colpi di scena a ripetizione e la sua ostinata presenza sulla scena”.

“Ma chi dei suoi amici o dei suoi conoscenti assidui avrà il coraggio di suggerirgli di fare i bagagli, di andarsi a rilassare in un’isola esotica o in una delle sue venti ville sparpagliate per il mondo?”, si domanda il Nouvel Obs, esortandolo a partire “in compagnia delle escort girl di sua scelta, lasciando la Penisola riprendere fiato, contrare il famoso spread e cercare lentamente di riprendere il cammino della crescita. Senza l’aiuto di nessun illusionista, per quanto truccato”. Sul sito del Nouvel Obs, anche un’intervista a Joachim Poss, vicepresidente del gruppo parlamentare Spd: “Con Berlusconi, c’è di che avere paura”.
Le Figaro mette alla ribalta il “voltafaccia incomprensibile” di Berlusconi. C’è un tentativo di spiegazione: “L’effetto sorpresa ha funzionato”, scrive il corrispondente Richard Heuzé. “Tutti i telegiornali hanno aperto con le proposte apparentemente concilianti di colui che si dice sempre candidato a Palazzo Chigi”. Ma come interpretarlo? “Bisogna considerarlo un effetto comunicazione per avviare una campagna elettorale che s’annuncia rude e senza concessioni?”.
Les Echos titola “Berlusconi potrebbe sostenere Monti, sotto condizioni” e sottolinea che il Cavaliere “moltiplica le dichiarazioni contraddittorie”. Il continuo “flip-flop” di Berlusconi è in evidenza anche sulla stampa Usa.
Il Wall Street Journal osserva che Berlusconi è un politico “astuto”, “abituato a fare dichiarazioni contraddittorie per spiazzare gli avversari politici”. Ma, aggiunge la cronaca firmata da Stacy Meichtry e Christopher Emsden, “non era chiaro se Berlusconi stesse facendo una proposta seria o se avesse consultato il resto del partito prima di fare queste affermazioni”. Negli ultimi mesi, nota il Wsj, l’ex premier ha spesso fatto “flip-flop” sul progetto di candidarsi alle prossime elezioni.

Sempre sul Wsj, un commento di Michael Casey – “L’eurozona si prepara alla danza del bunga bunga” – prevede burrasca e dà a Berlusconi una buona parte di colpa. L’opinionista si domanda se la sorte del “più coraggioso esperimento di integrazione politica ed economica” della storia dipenda dalle abitudini di viaggio di una giovane danzatrice del ventre”. Doversi confrontare con le rivelazioni di Ruby potrebbe distrarlo dalla performance teatrale con cui intende corteggiare gli elettori italiani, osserva Casey.
“Questo uomo incline allo scandalo che ha portato il suo Paese sull’orlo del disastro finanziario potrebbe tornare in carica? Una cosa è certa, gli investitori non si prendono rischi”. Il commento si conclude constatando che l’Italia non è fuori dai guai. E l’euro neppure. “Per il bene di tutti, speriamo che Ruby accorci il suo viaggio in Messico”.
Il New York Times titola sul fatto che Berlusconi dice che il suo ritorno dipende dal premier in carica. Anche il Nyt, nella corrispondenza di Rachel Donadio, mette in risalto la contraddizione: solo sabato Berlusconi aveva detto che si candidava e aveva cominciato una campagna criticando Monti per le difficoltà economiche dell’Italia. Un commento di Andrew Rosenthal, sempre sul Nyt, nota che l’annuncio del ritorno di Berlusconi era una “spiacevole notizia” per una politica italiana.
Il Financial Times ha fatto un grande richiamo sulla homepage del suo sito: “Berlusconi si offre di appoggiare la coalizione Monti”. Il miliardario dice che è pronto ad abbandonare la sua candidatura. Un’altra giravolta nelle “contorsioni politiche” dell’Italia. Offerta immediatamente respinta dagli ex alleati dei piccoli partiti di centro, che hanno considerato l’ultima “inversione a U” come “un segno di disperazione”, scrive il Ft nella corrispondenza di Guy Dinmore e Giulia Segreti. La proposta di Berlusconi “potrebbe essere vista da Monti come un calice avvelenato”, aggiunge il Ft, ” anche se l’alternativa è di combattere contro un politico veterano”, che fa la sua sesta campagna dal 1994 con “enormi risorse finanziarie” e una “spietata macchina mediatica”.
“La politica italiana comincia a sembrare schizofrenica grazie al va e vieni di Berlusconi”, scrive su El Mundo Irene Velasco. Dopo avere accusato Mario Monti di fare una politica “nefasta” per l’Italia e avere forzato il Professore alle dimissioni, “ora il Cavaliere si proclama montiano”. El Mundo ricorda che vari leader europei hanno criticato apertamente il ritorno di Berlusconi e manifestato appoggio a Monti.
El Pais definisce Berlusconi “il re della confusione”. Il corrispondente Pablo Ordaz comincia con le dichiarazioni velenose fatte da Marcello Dell’Utri verso Angelino Alfano, la possibile uscita dal Pdl di un centinaio di parlamentari dell’ex An e l’ostilità di Roberto Maroni, disposto ad allearsi solo se Berlusconi non si candiderà. “Così, disprezzato dall’Europa, criticato dalla stampa internazionale, abbandonato dal Vaticano e messo in questione dai suoi che si divorano tra loro, Silvio Berlusconi, il re della confusioni, non ha tanto chiaro se alla fine sarà candidato alla presidenza del Governo”.
Berlusconi è tornato a dimostrare che continua a essere “una fabbrica di titoli”, nota El Pais. E sferrando un altro colpo constata che il problema, per Berlusconi, è che la sua capacità per lo spettacolo è l’unica cosa che gli rimane.
Dal Corriere della Sera

«Io e Berlusconi, due visioni diverse»
Marco Galluzzo
INVIATO A BRUXELLES
«La mia visione dell’Italia è diversa». Diversa da quella di Berlusconi, da quella del Pdl, da coloro che oggi rappresentano il Ppe in Italia. Forse basta questa frase, pronunciata davanti alla signora Merkel, e a tutti gli altri capi di Stato e di governo popolari, per descrivere le ragioni della presenza di Monti, ieri pomeriggio, al vertice del Ppe nella capitale belga.
Nel suo staff tendono a minimizzare: Mario Monti, dicono, ha partecipato a sorpresa al vertice dei Popolari europei «non per un’affiliazione», ma solo per dare alcune rassicurazioni. Sull’Italia e su un agenda che non verrà cambiata. Una visita che ha riscosso almeno un obiettivo: incassare un endorsement, un riconoscimento sull’azione del governo e sulla decisione del premier di dimettersi. Si è marcata una distanza da chi oggi rappresenta la famiglia moderata in Italia e questa distanza è stata riconosciuta, dicono a Palazzo Chigi.
Resta però un non detto: per quale motivo Monti ha deciso di partecipare ad un riunione politica, che ha il sapore di una scelta di campo ben precisa? Poteva Monti dire le stesse cose, in pubblico, senza prendere parte ad un dibattito di partito, al quale lui in teoria non aveva diritto a partecipare? Certamente sì.

Di certo la visita del Professore al vertice dei Popolari è stata gestita in gran segreto e con la sua complicità. Mario Mauro, l’esponente del Pdl che oggi viene giudicato come un traditore in alcuni ambienti del partito del Cavaliere, ha promosso e gestito l’iniziativa, confermano nell’entourage del presidente del Ppe, Wilfred Martens. Il Professore ha detto di sì prima ancora di ricevere l’invito, ha partecipato alla costruzione dell’evento.
Eppure desumere altro, rispetto ad un cronaca che si presta a molte interpretazioni, dicono a Palazzo Chigi, nello staff di Monti, sarebbe fuori luogo. Il capo del governo parlerà, sul suo futuro, solo dopo aver rassegnato le dimissioni. Altro non si vuole confermare o ipotizzare: nulla, in sostanza, che possa costituire un appiglio per disegnare scenari che al momento rimangono fluidi.
Eppure qualcosa ieri pomeriggio è certamente successo. Quando Monti lascia il vertice dei Popolari si dice «molto contento, soddisfatto», della partecipazione alla riunione. Si è certificato che in Italia esiste un vuoto di rappresentanza, che i moderati non hanno un riferimento: per qualcuno è stato anche un processo al Cavaliere; per altri una sorta di «incoronazione» a Monti.

Resta dunque il mistero sulle prossime mosse del Professore. Oggi più che mai appaiono avvolte in una coltre di incertezza: sarà un federatore dei moderati italiani? Accetterà una candidatura per conto terzi? La giornata di ieri direbbe di sì, che una candidatura ufficiale è più vicina, ma a Palazzo Chigi si escludono alcune cose, apparse come semplificazioni sui media: per esempio che non ha mai parlato con il professor D’Alimonte di scenari elettorali, cosa che il professore conferma («ci siamo visti per caso, ha altri consiglieri per queste cose»); o che non esiste alcun memorandum politico, sulle riforme, da lasciare in eredità al prossimo governo; o ancora che è destituita di fondamento l’idea di un decreto sulle firme necessarie per le candidature.
Trapela semmai un’indiscrezione che sarebbe una notizia, se confermata ufficialmente: l’ultima volta che Monti ha visto Bersani ha rifiutato un’offerta. Non ha voglia, almeno per il momento, di accettare il ruolo di figura di garanzia, anche se fosse legata all’elezione al Quirinale. Sembra di capire che preferirebbe di gran lunga restare a Palazzo Chigi. E l’entrata a sorpresa, ieri, alla riunione del Ppe sarebbe un tassello di questa strategia.


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