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Israele: filo di ferro ed espulsioni di massa contro gli immigrati

La strategia di progressivo isolamento dei confini – peraltro provvisori – di Israele continua rapida. Ieri il governo del cosiddetto ‘stato ebraico’ ha informato che è stata completata la sezione principale della nuova barriera costruita lungo il confine con l’Egitto, nel deserto della penisola del Sinai. Lunga 230 chilometri e alta cinque metri, la muraglia – composta di pali, reti e filo spinato ed equipaggiata con sistemi di sorveglianza elettronica dell’esercito – è stata inaugurata ufficialmente ieri sebbene manchino ancora 14 chilometri attorno alla città di Eilat, nell’estremo sud del paese.

La barriera è stata realizzata dal governo guidato dal premier Benjamin Netanyahu con l’obiettivo di fermare i flussi immigratori provenienti dall’Africa. Il primo ministro, in piena campagna elettorale (le legislative sono in programma il 22 gennaio) ha rivendicato ieri con enfasi il completamento dei lavori e ha fatto riferimento all’espulsione e al rimpatrio di migliaia d’immigrati africani avvenuta negli ultimi mesi. Le organizzazioni umanitarie hanno però denunciato che molti di questi migranti espulsi si trovavano nella condizione di poter accedere allo status di rifugiati perché in fuga da paesi in guerra o da calamità naturali.

Ma il leader della coalizione di destra ed estrema destra data per vincitrice nei sondaggi ha promesso una nuova ondata di espulsioni di migranti, soprattutto africani, nei prossimi mesi.
“Rimpatrieremo decine di migliaia di infiltrati” ha detto il premier al termine di un sopralluogo nel Sinai, utilizzando il termine – infiltrati – usato dalla propaganda dei gruppi estremisti e razzisti protagonisti negli ultimi mesi di decine di attacchi, aggressioni e veri e propri pogrom nei quartieri delle città israeliane abitate da immigrati stranieri.

Di fronte alle perplessità dei cronisti, secondo i quali difficilmente Israele potrebbe rimandare in patria i circa 60 mila immigrati da Sudan ed Eritrea, Netanyahu ha replicato: ”Per la maggior parte di loro la possibilità esiste, secondo un progetto ben delineato. Penso che potremo farne tornare decine di migliaia. Vengono condotte attivita’ di cui preferisco non parlare”, ha concluso.

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