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Ansia per i quattro giornalisti italiani in Siria

Roma, 9 aprile 2013, Nena News – Cresce l’ansia per la sorte di Amedeo Ricucci, inviato Rai, Elio Colavolpe, fotografo, Andrea Vignali, documentarista, e Susan Dabbous, giornalista italo-siriana, entrati in Siria dalla Turchia. Di loro si sa poco o nulla da giovedì scorso quando sono stati fermati da un gruppo che fa parte della galassia della lotta armata anti-Assad. La Farnesina ha chiesto il silenzio stampa per favorire una soluzione positiva della vicenda. I giorni però passano e ci si domanda sino a quando i giornalisti dovranno essere considerati «trattenuti», come li definisce il ministero degli esteri, e non dei sequestrati a tutti gli effetti.

La vicenda dei reporter italiani aggiunge un tassello all’orrendo mosaico della guerra civile. Il bagno di sangue è incessante a causa dei raid aerei governativi anche su aree abitate, dei combattimenti tra soldati e ribelli e degli attentati jihadisti che colpiscono anche Damasco. È di almeno 15 morti e 27 feriti il bilancio dell’attacco, in apparenza kamikaze, di ieri nella capitale, tra la piazza Sabaa Bahrat, dove è situata la Banca Centrale, e la zona residenziale di al-Shahbander. Nell’ultimo attentato suicida a Damasco del 21 marzo, per uccidere il religioso sunnita Ramazan al-Buti, il mufti della Repubblica e vicino al regime, morirono 49 persone.

Dall’inizio della crisi nel 2011, secondo l’Onu, sono stati uccisi 70mila siriani. Una ong, in un rapporto reso noto ieri, riferisce che nel 2011 vi è stata una media di 147 uccisi al mese, salita a 572 morti nel 2012. All’orizzonte non c’è una soluzione politica credibile e sostenuta dai paesi che appoggiano l’una o l’altra parte in guerra. L’opposizione, spinta dallo sponsor Qatar, respinge un compromesso con il regime e punta, con i suoi miliziani, a vincere la guerra ora che riceve armi in quantità soprattutto attraverso il confine meridionale giordano. Dall’altra parte Assad non si fa da parte, convinto di essere il garante della stabilità futura del paese.

Il pericolo di un allargamento del conflitto, in Libano, è forte. Se con i ribelli combattono migliaia di jihadisti provenienti da tutto il mondo arabo e islamico, dalla parte di Assad combattono sciiti libanesi e, pare, anche iracheni. Nelle ultimi giorni, scrive il Mustaqbal di Beirut, sono stati riportati in Libano i corpi di 11 combattenti di Hezbollah. Di Siria ha discusso in Turchia, con Erdogan e il ministro Davutoglu, il segretario di Stato John Kerry che in questi giorni ha visitato anche Ramallah e Gerusalemme nel tentativo, velleitario, di rilanciare la trattativa israelo-palestinese.

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