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Tunisia. Capo dei salafiti era informatore della polizia politica

Lo sceicco Abou Iyadh, capo indiscusso della frangia jihadista dei salafiti tunisini, era un informatore della polizia politica agli ordini del dittatore Ben Ali. E’ questo il contenuto di una relazione vecchia di qualche anno dalla polizia politica che, svelata ora da Wikileaks, sta creando non poche polemiche e reazioni soprattutto perché Abou Iyadh (nome di battaglia di Saifullah Hussein ben Hussine) viene accusato di avere venduto al regime – probabilmente per evitare d’essere arrestato – i nomi di molti e soprattutto importanti appartenenti alla rete guidata da Osama Bin Laden. Le rivelazioni stanno avendo, inTunisia, l’effetto di una bomba perché colpiscono l’immagine di quella che, per i salafiti, é la sola barriera contro l’offensiva dei ”miscredenti” (cioè i laici tunisini) che si oppongono al disegno egemonico dell’islam tunisino più intransigente, che dovrebbe spianare la strada all’instaurazione di una teocrazia, ritenuta il primo passo verso il califfato. Abou Iyad é latitante ormai dal 14 settembre del 2012, il giorno in cui centinaia di salafiti attaccarono e misero a ferro e fuoco l’ambasciata degli Stati Uniti a Tunisi, nelle ore in cui tutti i Paesi musulmani erano scossi dalle sanguinose proteste contro il film-provocazione girato negli USA contro Maometto. Un assalto che ebbe un bilancio pesantissimo: quattro morti tra gli attaccanti; centinaia di feriti e di arrestati; danni elevatissimi all’ambasciata che, ancora oggi, a distanza di otto mesi, é isolata e protetta da militari armati. Abou Iyadh, accusato di avere guidato gli assalitori, é scomparso; almeno ufficialmente perché in realtà, nonostante il mandato di cattura emesso nei suoi confronti, di tanto in tanto si materializza, tra moschee e raduni salafiti, arringando i suoi seguaci per poi sparire di nuovo. Il che significa che gode come minimo della tolleranza delle autorità e della polizia. Ma ora le rivelazioni di Wikileaks potrebbero essere un colpo durissimo alla sua immagine, peraltro mai apparsa realmente cristallina. Personaggio abbastanza controverso anche in seno alle fazioni più dure dell’Islam, Iyadh ha saputo coagulare intorno a sé soprattutto la componente più giovane, radicale ed arrabbiata del salafismo tunisino, proponendosi come il solo baluardo dell’ortodossia.

Intanto nel paese continuano gli scontri che vedono per protagonisti proprio i salafiti, sostenuti in alcuni casi anche dalle correnti più radicali del partito di governo Ennahda e dalla sua ‘Lega per la difesa della rivoluzione’. Il preside di un liceo di Menzel Bouzelfa, che aveva impedito nei giorni scorsi ad una ragazza col velo integrale di entrare in aula, é stato aggredito e ferito ieri mattina da tre uomini mascherati. Il preside, Abdelwahed Sandasni, per i colpi subiti ha avuto un braccio fratturato. Gli aggressori hanno poi incendiato la sua autovettura. I colleghi del docente, che hanno organizzato una marcia di protesta, hanno accusato dell’aggressione i rappresentanti locali della Lega per la protezione della rivoluzione, l’Associazione di difesa delle donne che indossano il niqab e il movimento integralista ‘Libertà ed uguaglianza’.

Resta invece molto alta la tensione ad Hergla, città nel governatorato tunisino di Sousse, dove ieri sera la polizia ha sparato contro un gruppo di salafiti, che stavano assaltando una caserma della Guardia nazionale, uccidendone uno e ferendone tre. Ieri sera alcune decine di salafiti hanno attaccato una caserma della Guardia nazionale per ottenere il rilascio di un loro confratello che era stato arrestato poco prima. Gli agenti hanno reagito, prima con un fitto lancio di granate lacrimogene, quindi hanno aperto il fuoco.

Poco prima l’irruzione di unità delle forze di sicurezza in una moschea di Sousse per cercare delle armi e gli arresti che ne sono seguiti hanno causato una violenta reazione dei fedeli che frequentano il luogo di culto, culminati in disordini e tentativi di blocchi stradali. L’operazione di controllo dei locali della moschea Lafdhar, una delle più importanti e frequentate di Sousse, si é conclusa con l’arresto di nove persone. Quando gli agenti sono usciti dalla moschea, con le persone arrestate, gli altri fedeli hanno cominciato a manifestare contro quello che hanno definito ”un attentato alla sacralità del luogo”. Sono seguiti degli scontri, durante i quali sono stati incendiati dei pneumatici a poca distanza dalla moschea, in segno di protesta.

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