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Germania: al via il processo contro i neonazisti della ‘banda del kebab’

La prima udienza, il 17 aprile scorso, era stata rinviata a causa delle polemiche sulle procedure e sull’esiguo numero di posti messi a disposizione della stampa, che avevano impedito a moltissimi inviati della stampa estera di accreditarsi. In un primo momento infatti il tribunale di Monaco, seguendo la procedura, non aveva attribuito posti ai media turchi, nonostante il fatto che ben otto delle dieci vittime totali del gruppo terroristico Nsu – Clandestinità Nazionalsocialista – fossero di origine turca. Un’esclusione che aveva scatenato una mini crisi diplomatica tra Berlino e Ankara e che era stata poi risolta con il rinvio del processo e l’estrazione a sorte dei posti riservati alla stampa. Ai media turchi erano stati garantiti alla fine 4 posti, ma oggi molti grandi media tedeschi sono rimasti esclusi, generando nuove polemiche.
A fine aprile Berlino si è scusata pubblicamente con le Nazioni Unite per gli errori commessi durante l’inchiesta, riconoscendo che questi assassinii razzisti – otto turchi, uno di origine greca e una poliziotta tedesca – “hanno rappresentato senza il minimo dubbio una delle minacce più gravi ai diritti dell’uomo in questi ultimi anni in Germania”. 
In realtà dall’inchiesta è emerso qualcosa di ben più grave: cioè che per anni, mentre la polizia indagava su rapine, attentati e omicidi razzisti che prendevano di mira in particolare immigrati che gestivano rivendite di kebab (di qui il nome di ‘banda del kebab’ affibbiato dai media al gruppo terroristico) i servizi segreti sostenevano i neonazisti finanziariamente e coprendone le tracce. Il che non ha mancato di suscitare polemiche e di far saltare numerose teste tra i dirigenti dei servizi di sicurezza federali e locali.

Stamattina circa duecento manifestanti appartenenti a gruppi e associazioni antifasciste e antirazziste si sono riuniti davanti al tribunale di Monaco blindato da circa 500 agenti di polizia, di cui molti in assetto antisommossa. I manifestanti sono scesi in piazza mostrando striscioni come ”contro il terrore nazista e il razzismo quotidiano” e chiedendo al governo tedesco di promuovere la lotta contro i reati commessi dai sostenitori e dagli estremisti di estrema destra. Sull’onda dello sdegno generato dalla scoperta della lunga scia di sangue provocata dal gruppo di fuoco di estrema destra – per anni, grazie alle coperture dei servizi segreti, gli omicidi erano stati attribuiti alla criminalità o addirittura a faide interne alla comunità turca – mesi fa Angela Merkel in persona aveva promesso la messa fuori legge dei principali gruppi neonazisti operanti in Germania, ma poi naturalmente non se ne è fatto nulla.

Per questa settimana sono previsti tre giorni di udienza durante i quali oltre 600 testimoni saranno chiamati a parlare davanti ai cinque giudici del tribunale. La principale imputata, la 38enne Beate Zschaepe, deve rispondere della partecipazione a nove omicidi a sfondo xenofobo oltre che a due attentati contro comunità straniere e 15 rapine in banca. Tutti fatti avvenuti tra il 2000 e il 2006. La donna, che ha vissuto 13 anni in clandestinità, si è chiusa in un silenzio assoluto da oltre un anno e mezzo, dopo essersi consegnata alla polizia, l’8 novembre 2011, affermando di aver inciendiato la casa che la cellula usava come covo. All’interno dell’edificio incendiato di Zwickau, nella Germania orientale, la polizia ha potuto comunque ritrovare armi e video che documentavano le efferatezze compiute dal gruppo.
I suoi due complici, Uwe Boehnhardt (34 anni) e Uwe Mundlos (38 anni), erano apparsi senza vita il 4 novembre del 2011 all’interno di una roulotte. Altre quattro persone sospettate di aver fornito un supporto logistico alla Nationalsozialistische Untergrund siederanno sul banco degli imputati al processo di Monaco che potrebbe durare ben due anni e mezzo.

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