Menu

Siria: Mosca mostra i muscoli, il Qatar compra i ribelli

La Russia ”ha inviato avanzati missili da crociera antinave della tipologia Yakhont” allaSiria. E’ quanto rivela il New York Times citando fonti ufficiali statunitensi ”vicine ai rapporti” dell’intelligence Usa. Mosca – spiega il quotidiano newyorchese – aveva già ”in precedenza fornito missili Yakhont allaSiria, ma quelli inviati recentemente sono dotati di radar avanzati che li rende più efficaci”. Secondo il Nyt, l’ultima fornitura di Yakhont – giunta a pochi giorni dalla visita del segretario di Stato Usa John Kerry a Mosca e mentre sono in atto gli sforzi per organizzare la conferenza ‘Ginevra 2’ – darebbe all’esercito di Damasco ”una formidabile arma contro i tentativi delle forze internazionali di rafforzare i combattenti ribelli attraverso un embargo navale, l’istituzione di una ‘no-fly zone’ o portando avanti raid aerei mirati”. Gli Yakhont (il cui nome ufficiale é 3M55 Oniks) sono infatti missili supersonici che viaggiano a circa 200 km orari, possono essere indirizzati verso ”obiettivi localizzabili da radar a lungo raggio” mentre ciascun missile ”ha un proprio radar che gli consente di evitare i sistemi di difesa navali e terrestri”. Gli Yakhont inviati da Mosca, prosegue il Nyt, hanno una lunghezza di circa 7 metri, ”possono portare sia alte quantità di esplosivo sia testate perforanti” e possono contare ”su batterie mobili, più difficili da attaccare”.

Inoltre è notizia di queste ore che la Russia ha inviato almeno una decina di navi da guerra a pattugliare la zona intorno al porto siriano di Tartus, dove ha la sua unica base navale nel Mediterraneo. Ne parla un altro quotidiano statunitense, il Wall Street Journal, secondo il quale la mossa é vista dagli osservatori come un avvertimento agli Stati Uniti e a Israele, che finora non hanno escluso l’ipotesi di un intervento militare per mettere fine alla crisi siriana. Anzi il governo israeliano proprio ieri ha minacciato di compiere un nuovo raid in territorio siriano ammonendo il governo di Damasco dal reagire. “Si tratta di una prova di forza – ha detto un ufficiale statunitense citato dal quotidiano – La Russia fa vedere i muscoli, per dimostrare fin dove é disposta ad arrivare per difendere i suoi interessi”. In realtà la scesa in campo della Russia potrebbe essere un ulteriore segnale dell’aggravamento della guerra civile e dell’imminente possibilità di un intervento militare diretto in Siria da parte di alcune potenze mondiali o regionali a sostegno dei ribelli.

Intanto ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha incontrato a Washington il premier turco Recep Tayyip Erdogan. Ma tra i due capi di stato le posizioni sono rimaste differenti. Mentre Erdogan preme affinché gli Stati Uniti guidino un intervento militare diretto della Nato contro il governo siriano a partire dall’imposizione di una ‘no-fly zone’ il presidente Obama continua ad essere cauto preferendo un sostegno indiretto, per quanto massiccio, ai ribelli.

I quali possono contare su un incredibile flusso di soldi da parte delle petromonarchie del golfo. In particolare, rivela il Financial Times oggi in prima pagina, il governo di Doha negli ultimi due anni ha letteralmente inondato di soldi la Siria, destinando più di 3 miliardi di dollari alla cosiddetta opposizione siriana. Destinati non solo a sostenere chi era già schierato contro Assad ma comprando letteralmente migliaia di ex sostenitori del governo di Damasco con l’elargizione di 50 mila dollari a testa. A settembre – prosegue il quotidiano britannico – molti ribelli della provincia di Aleppo hanno ricevuto dal Qatar uno “stipendio” mensile di 150 dollari. Inoltre, secondo l’International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri), il piccolo emirato del Golfo ha inviato in Turchia oltre 70 aerei militari cargo carichi di armi destinate ai ribelli, tra aprile 2012 e marzo 2013. Forniture, sottolinea il Financial Times, che preoccupano alcuni paesi occidentali per il timore che le armi finiscano nelle mani dei gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda, come Jabhat al Nusra, che negli ultimi mesi sono diventati egemoni all’interno dell’opposizione siriana.
Per l’emirato, che é al terzo posto nel mondo per le riserve di gas possedute, l’intervento in Siria fa parte di una politica tesa ad ottenere un riconoscimento a livello globale e per accreditarsi come protagonista nella regione, dopo il sostegno fornito ai ribelli libici che nel 2011 rovesciarono il regime del colonnello Gheddafi.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *