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Istanbul: i giudici salvano Gezi Park. Per ora


La Sesta Corte amministrativa di Istanbul ha respinto oggi un ricorso presentato dal governo dell’Akp (Partito per la Giustizia  e lo Sviluppo), in particolare dal Ministero della Cultura, contro la sospensione provvisoria dei lavori a Gezi Park decisa a fine maggio dai magistrati. La corte si é limitata a non accogliere la richiesta di revoca della sospensiva ed entro due mesi ha annunciato una decisione sul merito della distruzione di Gezi Park. Se il tribunale di Istanbul dirà no al governo di Recep Tayyip Erdogan il piccolo parco adiacente alla enorme Piazza Taksim resterà un parco e non verrà distrutto per far posto a una moschea, ad un centro commerciale e alla ‘ricostruzione’ di alcune moschee ottomane. Un progetto fortemente voluto dal sindaco della città e dal premier Erdogan e contro il quale a fine maggio erano scesi in campo alcuni collettivi e gruppi di artisti, intellettuali e attivisti che si erano accampati nel parco per bloccare le ruspe che già avevano iniziato i lavori di sbancamento nonostante la sospensiva del Tribunale Amministrativo. Il feroce intervento della Polizia contro le poche centinaia di manifestanti che si erano mobilitati a difesa del Gezi Parki aveva scatenato una vasta e trasversale protesta popolare sfociata in enormi manifestazioni represse altrettanto selvaggiamente dalla Polizia e dalla Gendarmeria, il cui saldo finora è di almeno 5 morti, migliaia di feriti e arrestati.

Stando a quanto riporta il quotidiano Hurriyet, la decisione è stata votata a maggioranza dai membri della Corte, trovando contrario il presidente. Il coordinamento di realtà sociali riunite in ‘Taksim Solidarietà’ ha salutato il pronunciamento del tribunale amministrativo come una grandissima vittoria, frutto della grande mobilitazione popolare contro la gentrificazione del centro di Istanbul e i piani speculativi dell’Akp a cui si sono legate le proteste di vasti settori sociali contro le difficoltà economiche, il tentativo di imporre una legislazione improntata alla moralità islamista, la mancanza di libertà di espressione, stampa e manifestazione, la destabilizzazione della vicina Siria.

Il no, seppur momentaneo, alle pretese del governo di Ankara, costituisce un primo importante stop alle mire politico-economiche del premier Erdogan, che nonostante la vasta e trasversale contestazione continua a puntare sull’asse con alcune potenti lobby economiche per ottenere l’appoggio necessario a cambiare la costituzione, trasformando la Turchia in una Repubblica Presidenziale, e farsi quindi eleggere il prossimo anno capo dello Stato con pieni poteri.

Anche oggi un esponente di punta dell’esecutivo è tornato ad accusare ‘forze straniere’ di essere dietro le proteste contro l’Akp. A esternare quanto Erdogan ha ripetuto più volte in queste settimane è stato oggi il vicepremier, Besir Atalay. “Gli incidenti di Gezi Park sono stati orchestrati dalla diaspora ebraica, che ha avuto un ruolo attivo in questi eventi” ha detto Atalay, citato dal quotidiano Hurriyet. Il vicepremier ha anche rilanciato le accuse contro le “forze straniere”, senza dettagliare ulteriormente, come pure contro i media internazionali. Tutti attori di una “cospirazione” che ha funzionato “bene”, ma che non riuscirà nel “tentativo di bloccare il cammino verso la Grande Turchia”. 

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