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Egitto: i Fratelli Musulmani sfidano i militari

Un marcia dei “martiri del colpo di stato” con l’obiettivo di far scendere in piazza un milione di persone.

L’hanno convocata per domani al Cairo i Fratelli Musulmani e gli altri movimenti islamisti sostenitori di Mohamed Morsi, il presidente eletto lo scorso anno e destituito lo scorso 3 luglio da un colpo di stato militare sostenuto dai partiti di opposizione. Per la giornata di oggi, dopo il tramonto, la coalizione islamista ha chiesto ai suoi sostenitori di manifestare ovunque davanti alle sedi istituzionali o a quelle delle forze di sicurezza per denunciare “gli atti criminali commessi”, soprattutto “l’uso di colpi d’arma da fuoco” contro i manifestanti, dopo che durante la notte tra venerdì e sabato molte decine di manifestanti sono stati uccisi dai militari e dai reparti antisommossa della polizia che hanno sparato ad altezza d’uomo contro migliaia di dimostranti pro-Morsi. Secondo le autorità, che negano l’uso di proiettili veri contro i manifestanti, i morti sarebbero stati ‘solo’ 75, mentre per i Fratelli Musulmani la strage sarebbe assai più grave, con 200 vittime e centinaia di feriti anche gravi.

Nella notte tra sabato e domenica due sostenitori del presidente destituito sono stati uccisi a Port Said, all’ingresso settentrionale del Canale di Suez, e nella città di Kafr el-Zayat mentre un’altra trentina di persone è rimasta ferita in violenti scontri scoppiati dopo i funerali di un giovane islamista e in altre manifestazioni contro il capo dell’esercito, il generale Abdel Fattah al Sissi, uomo forte del nuovo regime.

 

Le iniziative indette per oggi e domani dalla Fratellanza Musulmana suonano come un’aperta sfida al nuovo regime, che ha già intimato a tutti i dimostranti islamisti in piazza ininterrottamente dallo scorso 3 luglio – giorno del golpe – di sciogliere presidi e sit in. Al termine di una riunione del Consiglio di difesa nazionale, presieduto dal nuovo capo di stato ad interim Adly Mansour, sono state annunciate “misure decisive e ferme nei confronti dei manifestanti che andranno oltre il diritto all’espressione pacifica e responsabile della propria opinione”. La più alta autorità musulmana in Egitto, l’imam d’Al-Azhar, lo cheikh Ahemd Al-Tayeb, ha chiesto l’apertura di “un’inchiesta urgente” per fare luce sulle ultime violenze mentre il premio Nobel per la Pace Mohamed El Baradei ha condannato “l’uso eccessivo della forza”, ma si sembra trattarsi di dichiarazioni di circostanza da parte di due soggetti – la più alta carica dell’Islam egiziano e il leader della coalizione di opposizione Tamarod – che sostanzialmente sostengono il regime imposto dai militari e il pugno duro contro il principale partito politico del paese. Intanto oggi arriva al Cairo il capo della diplomazia europea Catherine Ashton, per incontrare lo stesso El Baradei, il presidente ad interim Mansour, la direzione dei Fratelli musulmani e i responsabili di Tamarod (ribellione) che continuano a sostenere il colpo di stato militare sostenendo si tratti di un ulteriore tappa della ‘rivoluzione egiziana’.

Ciò mentre nella penisola del Sinai continuano aspri gli scontri tra milizie islamiste e soldati. Un militare egiziano è stato ucciso e altre 12 persone sono rimaste ferite in attacchi armati sferrati nella notte nel territorio di confine. Nel mirino dei jihadisti sono finite tre postazioni delle forze di sicurezza a Rafah e El Arish e un impianto per il gas naturale. Tra i feriti ci sono anche un ufficiale delle forze speciali e un civile. Dopo gli attacchi sono stati arrestati cinque ”jihadisti”, tra i quali un palestinese, e molti altri sarebbero stati uccisi in un’operazione delle forze di sicurezza nella zona dell’aeroporto di El Arish.

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