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Portogallo: più orario, meno salario

Com’era lo slogan del movimento operaio internazionale? Lavorare meno, lavorare tutti… I governi manovrati dalla troika lo mettono in pratica, ora, al contrario…

E per fortuna che il Portogallo stava uscendo dal ‘tunnel’ della crisi! I partiti di centrodestra che appioggiano il governo portoghese appena rimpastato hanno approvato ieri in Parlamento un aumento dell’orario settimanale di lavoro dei dipendenti pubblici da 35 a 40 ore, insieme a delle norme che rendono più facili i licenziamenti e la messa in mobilità.

Se si considera che negli ultimi anni i salari dei lavoratori pubblici sono stati ampiamente decurtati in nome dell’austerity e del diktat del ripianamento del debito, i legislatori manovrati dalla troika stanno applicando, naturalmente a rovescio, il vecchio slogan operaio ‘lavorare meno, lavorare tutti’. Ovviamente i nuovi provvedimenti renderanno praticamente impossibile per alcuni anni l’ingresso di nuovi giovani lavoratori all’interno della pubblica amministrazione, che continuerà a perdere dipendenti messi in mobilità, prepensionati o licenziati.

Il Partito Socialdemocratico (nonostante il nome una forza di destra) e i democristiani del CDS-PP hanno la maggioranza assoluta in Parlamento, e a nulla è valsa l’opposizione dei socialisti, del Partito Comunista e del Blocco di Sinistra. L’approvazione del colpo di scure sui funzionari pubblici era considerata dalla troika, neanche a dirlo, condizione necessaria per la concessione di una nuova tranche di ‘aiuti’ da parte della troika, e gli interessi sul nuovo prestito continueranno a pagarli i lavoratori e le altre categorie deboli della società portoghese. Affinché la nuova norma sia resa operativa, però, è necessario l’avallo del capo dello stato, il Presidente della Repubblica Anibal Cavaco Silva, che teoricamente potrebbe rimandare la legge in parlamento per qualche ritocco più o meno sostanziale.

 

Il numero di dipendenti pubblici – istruzione compresa – sfiora in Portogallo le 600 mila unità, cioè circa il 10% della popolazione in età lavorativa, in diminuzione costante da quando il governo ha cominciato una gestione della crisi economica tutta scaricata sui ceti sociali meno abbienti e i lavoratori dipendenti. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati scioperi del settore, ad esempio degli insegnanti – che sono il 40% del totale dei dipendenti pubblici –, dei lavoratori dei trasporti e anche di quelli delle Forze Armate, mobilitazioni sfociate lo scorso 27 giugno in un imponente sciopero generale, il quarto in due anni, che ha messo a dura prova la tenuta del governo di Passos Coelho poi salvato con un rimpasto dopo il fallimento dell’ipotesi di un allargamento ai socialisti. Anche in queste ore i sindacati – in particolare quello comunista, la Confederazione Generale dei Lavoratori Portoghesi – hanno indetto manifestazioni e presidi contro la nuova legge che allunga l’orario di lavoro dei dipendenti pubblici in cambio di un salario più basso che in passato. I sindacati denunciano che la nuova legge potrebbe portare al licenziamento, più o meno mascherato, di circa 30 mila dipendenti pubblici, un’emorragia di posti di lavoro che il paese ridotto alla fame non può davvero permettersi.

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