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Spagna: sui fondi neri il premier Rajoy fa lo gnorri

In Parlamento il premier di destra Mariano Rajoy smentisce che il suo partito sia corrotto e si scusa solo di essersi fidato del suo ex tesoriere, Barcenas, che lo accusa di aver gestito e percepito fondi neri.

Il Partido Popular non ha fondi neri, l’ex tesoriere Luis Barcenas “mente e ci accusa per difendersi, su di lui mi sono sbagliato, ma le sue menzogne non danneggeranno la Spagna”. “Non penso di dimettermi né di indire nuove elezioni”. E’ la sintesi estrema di quanto il premier spagnolo di destra, Mariano Rayoy, ha affermato oggi nel suo intervento alle Cortes di Madrid in merito all’accusa che il suo partito, lui stesso e molti ministrie e dirigenti abbiano percepito ingenti fondi illeciti. Ad attaccare il primo ministro i rappresentanti di tutti gli altri partiti. Compreso il segretario del Psoe – partito socialista spesso oggetto di scandali analoghi in passato – Rubalcaba: “sei stato scorretto, con le mani in pasta. Per il rispetto del Parlamento, dimettiti”. “Siamo di fronte e una stupefacente e fantasiosa collezione di falsità, come il tempo e la giustizia dimostreranno” ha sostenuto con tono sicuro Rajoy riferendosi alle dichiarazioni rese al giudice dall’ex tesoriere del partito, Luis Barcenas, che ha confessato fondi illegali, contabilità in nero e soldi agli alti dirigenti del PP. “L’unica cosa certa – ha proseguito il premier e presidente del PP – é il denaro che il signor Barcenas tiene in Svizzera e che da quattro anni non é più il tesoriere del PP”. Rajoy ha smentito il denaro in nero agli alti dirigenti ed ha affermato che “i conti del partito sono in ordine”. “Non devo dimostrare la mia innocenza – ha poi aggiunto -. In Spagna sono gli accusatori che devono fornire l’onere della prova”. Il premier ha inoltre assicurato che non cambierà il programma di quelle che ha chiamato riforme: “Nessuno, salvo il Congresso e il Senato, ha diritto a interferire nella politica del Paese. Non consentirò che l’agenda di un Paese con sei milioni di disoccupati sia condizionata da un imputato”. Rajoy ha insomma fatto lo gnorri su tutta la vicenda, ammettendo un unico errore: fidarsi dell’ex tesoriere: “Ho sbagliato a mantenere la fiducia in qualcuno, Luis Barcenas, che oggi sappiamo che non la meritava. Egli ha barato, é un falso innocente”. Da lui non ha mai preso denaro, ha detto, ma normali bonus, come avviene ovunque, dichiarati al Fisco: “Questo ha valore, no un pezzo di carta stropicciato”, ha detto riferendosi ai manoscritti consegnati da Barcenas al magistrato che provano i trasferimenti di denaro illeciti. Nel suo intervento, il leader dell’opposizione, Alfredo Rubalcaba (PSOE), ha sostenuto che “non ci si trova davanti a un complotto, ma a un fatto di corruzione che è partito da Calle Genova (la sede nazionale del PP a Madrid, n.d.r.) e si é esteso a tutto il paese, come dimostrano inchiesta e in altre regioni spagnole”. Rubalcaba ha sostenuto che Rajoy negli ultimi tempi si é comportato come “il presidente di un partito che e’ cresciuto, ha vissuto e ha vinto le elezioni grazie a un sistema illegale di finanziamento che andava avanti da 20 anni”. “I contenuti dei suoi sms con Barcenas – ha proseguito – sono quelli di un socio con un altro socio che può metterlo in difficoltà”. “Un presidente del Governo – ha concluso Rubalcaba – non può dipendere dagli attacchi di sincerità di un tesoriere. Non può resistere quando la sua resistenza danneggia il Paese. Perciò le chiediamo un atto di generosità: si dimetta”.

Le dimissioni del Governo e l’indizione di immediate elezioni anticipate sono state chieste da molti gruppi di opposizione mentre i regionalisti catalani di CiU hanno criticato il premier e lo hanno sollecitato a dire tutta la verità sui fondi neri. Il coordinatore della coalizione di sinistra spagnola IU, Cayo Lara, ha chiesto le dimissioni di Rajoy, per il suo “programma-truffa elettorale e le continue bugie”. Joan Coscubiela (sinistra catalana, ICV-EUiA) ha accusato il premier di aver pagato il silenzio di Barcenas fino a quando è stato scoperto. Anche per Chesus Yuste (CHA, regionalisti dell’Aragona) e per Alfred Bosch (repubblicani catalani, ERC) “l’unica soluzione sono le urne”.  Per gli indipendentisti baschi di sinistra di Amaiur la vicenda dimostra una volta di più che la Spagna è un paese marcio fino alle fondamenta.

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