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Tutti contro Hollande. Presidente contestato, 73 fermati

Monsieur le president non piace proprio più ai francesi, e ieri si è avuta una dimostrazione plastica di quanto François Hollande sia inviso ai suoi concittadini.
Arrivato all’Arco di Trionfo di Parigi dopo aver percorso gli Champs Elysees per una cerimonia solenne – si commemoravano i caduti del primo conflitto mondiale nell’anniversario dell’armistizio del 1918 – il Presidente è stato accolto da insulti, fischi, urla e slogan. Per bloccare i contestatori la polizia in assetto antisommossa ha usato le maniere forti e ne sono nati scontri. Una contestazione in grande stile, conclusasi con 73 persone fermate, quattro delle quali poi arrestate. Molte di loro, in testa i berretti rossi simbolo del movimento di protesta che da settimane scuote la Bretagna, hanno scavalcato le transenne e occupato il centro della strada. Insieme a loro anche alcuni rappresentanti del movimento di destra e fondamentalista cattolico che mesi fa ha riempito le piazze francesi contro la legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Da parte sua Christian Toadec, il portavoce del movimento dei Berretti Rossi, ha negato ogni relazione con gli incidenti di Parigi.

In serata Manuel Valls, il ministro degli Interni socialista noto per le campagne contro i rom, più tardi ha denunciato che tra i contestatori c’erano noti esponenti dell’estrema destra, compresi alcuni dirigenti del Fronte Nazionale di Marine Le Pen.
D’altronde la destra fa il suo dovere e non fa altro che affondare il coltello nella piaga di un presidente sempre più inviso ai francesi, al minimo di popolarità – l’ultimo sondaggio lo dà addirittura al 25% – e alle prese con problemi su tutti i fronti. L’ultimo, il declassamento del debito francese da parte dell’agenzia statunitense Standard and Poor’s che venerdì ha abbassato il rating di Parigi da AA+ a AA, sottolineando che Parigi quest’anno non riuscirà come previsto a ridurre il deficit pubblico al di sotto del 4,1% del Pil.
Pochi giorni fa Hollande era stato costretto a sospendere l’applicazione della cosiddetta ecotassa, una nuova imposta che penalizza i trasporti delle merci su gomma che ha scatenato una vera e propria rivolta popolare in Bretagna, costringendo il governo a fare dietrofront. Com’era già avvenuto qualche mese prima con le tasse sui grandi patrimoni ed altre misure di politica economica. La Francia subisce gli assalti dell’alleato tedesco, con il quale teoricamente dovrebbe condividere il ruolo di locomotiva dell’Unione Europea. Ma negli ultimi mesi l’economia francese sta subendo dinamiche simili a quelle imposte da Berlino ai cosiddetti Pigs, e intere regioni dell’esagono stanno vivendo traumatici processi di deindustrializzazione e di aumento repentino della disoccupazione. Il che fa arrabbiare i francesi che reagiscono rafforzando un punto di vista nazionalista ed antieuropeista spesso orientato a destra. Le istituzioni della UE rimproverano a Parigi di non aver adottato le necessarie misure per abbassare il deficit e diminuire il debito pubblico, mentre la caduta della produzione industriale, l’aumento del deficit commerciale e la distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro sono sintomi di una perdita di competitività che ipoteca una possibilità di crescita a breve termine. Con una spesa pubblica che equivale al 57% del Pil, accusano i detrattori di Hollande nelle istituzioni europee, la Francia non potrà mai ridurre il debito pubblico senza una ‘riforma’ strutturale che tagli il settore pubblico più consistente di tutto il continente. Ma se Hollande si piegasse alle esigenze tedesche e dei mercati si troverebbe di fronte ad una ulteriore ondata di scontento nella società francese, e ad un’ulteriore crescita dell’estrema destra che i sondaggi danno già in testa per le prossime elezioni europee.
A Parigi i collaboratori di Hollande temono che i socialisti francesi possano fare la fine di quelli greci e il sostegno al presidente anche da parte del suo partito si fa incerto, nel tentativo di evitare che l’affondamento del capo dello stato trascini nel baratro anche i socialisti. Che nei sondaggi cominciano a perdere consensi verso la sinistra, mentre alcuni esponenti dell’esecutivo, in testa il Ministro degli Interni Valls, rincorrono l’estrema destra con argomenti xenofobi e autoritari, nel tentativo di accattivarsi la simpatia dell’elettorato conservatore e reazionario spaventato dalla crisi economica e alla ricerca di un facile capro espiatorio.

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