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Nunca mais? Nessun colpevole

Nel novembre del 2002 migliaia di chilometri di spiagge e scogli della costa atlantica della Spagna furono letteralmente inondati da una marea velenosa di petrolio, che sommerse flora e fauna, contaminando ecosistemi e provocando enormi danni alle comunità locali che vivevano di pesca o turismo. L’incidente tenne tutta l’Europa col fiato sospeso, a lungo, e decine di migliaia di giovani provenienti da tutto lo Stato, anche scontrandosi con meccanismi istituzionali lenti e lacunosi, arrivarono sulle spiagge della Galizia e si autorganizzarono per ripulire pesci e uccelli dal greggio viscoso e assassino. Una lotta impari, spesso a mani nude e senza gli opportuni strumenti, che generò un movimento popolare che scelse di chiamarsi, in galiziano, ‘Nunca mais’, Mai più. Una mobilitazione spontanea mossa dall’indignazione per quanto era avvenuto e che esigeva un altro modello di sviluppo, la tutela dei territori e la punizioni dei colpevoli di quell’ecocidio, generando un’ondata di simpatia e complicità in tutto lo stato e nel resto del continente.

Ma anni di indagini e otto mesi di udienze, le dichiarazioni di 204 tra testimoni e periti non sono serviti a niente.

Nessun colpevole, tutti assolti. Dopo undici anni di inchieste e processi, ieri Juan Luis Pía, presidente del Tribunale Superiore di Giustizia della Galizia, chiamato a giudicare i responsabili della tragedia del Prestige, ha assolto gli unici tre accusati per la più grave catastrofe ambientale che la Spagna abbia mai subito: il capitano della petroliera Apostolos Mangouras e il suo vice Nikolaos Argyropoulos, e l’ex direttore della Marina Mercantile José Luis López Sors, unico esponente dell’amministrazione imputato. Nessuna responsabilità per chi dirigeva la petroliera che riversò sulle coste galiziane decine di migliaia di tonnellate di greggio inondando uno degli ecosistemi più preziosi e incontaminati di tutto il contintente europeo, e neanche per l’Amministrazione incaricata di vigilare e che non vigilò e anzi sottovalutò l’incidente aggravandone le conseguenze. Per i tre imputati l’accusa chiedeva pene dai 5 ai 12 anni di reclusione. Ma l’unica condanna, poco più che simbolica – 9 mesi che non sconterà – è stata inflitta all’ormai anziano capitano del Prestige perché riconosciuto colpevole del delitto di disobbedienza grave alle autorità spagnole, ma non di quelli di crimini contro l’ambiente e danni ad un ecosistema protetto. Il primo ufficiale della petroliera, Ireneo Maloto, non è stato neanche processato, visto che da tempo è irreperibile.

Anche sul fronte dei risarcimenti la sentenza disillude le aspettative, riconoscendo i danni economici causati da 63 mila tonnellate di greggio sparsi su 2900 chilometri di costa e 1177 spiagge sparse dalla Galizia fino alle Lande francesi, passando per le coste asturiane, cantabriche e basche. Ma non riconosce nessuna responsabilità penale perché non sarebbe possibile conoscere le vere cause dell’avaria alla petroliera che provocò un disastro ambientale senza precedenti in Europa. Una presa d’atto che però cozza con quanto il magistrato ha detto durante la lettura della sentenza, cioè che ‘l’impresa proprietaria dell’imbarcazione era al corrente del fatto che le sue condizioni non erano adeguate al trasporto di grandi quantità di greggio ma fece finta di nulla”.  Ma sulle responsabilità dell’armatore, dell’impresa proprietaria e delle autorità spagnole che gli accordarono permessi e licenze niente da dire.
La sentenza lascia l’amaro in bocca anche perché sul banco degli imputati non si sono neanche seduti i responsabili politici di quella tragedia: dall’ex ministro del Partito Popolare Francisco Álvarez-Cascos all’attuale premier Mariano Rajoy, all’epoca vice del capo del governo Josè Maria Aznar. 
Incredibilmente la sentenza afferma che l’ecosistema galiziano si è totalmente ripreso dai danni causati dal ‘chapapote’. Una bugia antoassolutoria e autoconsolatoria, visto che solo due anni fa in alcune spiagge galiziane, a pochi metri di profondità, la melma nera ancora ricopriva i fondali desertificati dalla marea nera del 2002. Il colpo di spugna giudiziario non può nascondere gli effetti di una tragedia che avrà effetti su larga scala ancora per molti, molti anni.
Undici anni fa, manifestando per le strade delle loro città, i galiziani scelsero di sventolare bandiere a lutto, quelle con la striscia azzurra della Galizia in campo nero. Il nero del petrolio che inondò le loro coste e ora anche dell’oblio in cui cadranno colpe e responsabilità.

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