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Honduras: dopo il golpe USA, i brogli elettorali

La Missione Sindacale Internazionale di Osservazione Elettorale ha denunciato ieri le “pesanti prove della frode elettorale” che si sta consumando nelle elezioni di domenica scorsa in Honduras. L’ufficio elettorale centrale infatti ha sancito ieri sera la vittoria del candidato della destra golpista, il leader del Partito Nazionale espressione dell’oligarchia Juan Orlando Hernández, nonostante le denunce del Partido Libertad y Refundación (Libre), formato dagli ambienti vicini all’ex presidente Manuel Zelaya defenestrato nel 2009 da un colpo di stato guidato da esercito e Confindustria.

Organizzata dalla Confederazione Sindacale dei Lavoratori delle Americhe (CSA), la Missione degli osservatori denucia che le opposizioni di sinistra hanno potuto partecipare alla competizione “in condizioni di totale disuguaglianza’, visto che ‘il controllo del processo elettorale e le regole della competizione erano gestiti dai partiti tradizionali e dagli autori del golpe”, scrive in un comunicato ufficiale.

Oltre al “clima di paura imposto dal governo”, gli osservatori assicurarono che durante la giornata di domenica hanno ricevuto innumerevoli denunce di “manipolazione e compravendita di voti, minacce e atti di violenza contro rappresentanti ed elettori della coalizione Libre”, formazione guidata da Xiomara Castro (la moglie dell’ex presidente Manuel Zelaya) che non riconosce i dati diffusi dal Tribunale Elettorale Supremo e rivendica a sé la vittoria. 

Il massimo organo elettorale infatti ieri sera, quando lo scrutinio aveva raggiunto il 68% dei voti emessi, dava il candidato della destra Juan Orlando Hernández in netto vantaggio sulla sfidante di Libre – 34,1% contro 28,9%, più un 20% al leader del Partito Liberale, Mauricio Villeda – tanto da far dire ai giudici che ormai la vittoria del primo era certa. L’ex presidente Porfirio Lobo, insediato dalla giunta militare, si è congratulato con Hernandez per il “suo meritato trionfo elettorale” ed anche alcuni governi stranieri – primo tra tutti quello spagnolo e quello statunitense – hanno fatto lo stesso. Oltre alla sua continuità con gli autori del colpo di stato del 2009, gli oppositori rimproverano ad Hernandez, avvocato 45enne ed ex presidente della Camera dei deputati, una serie di politiche liberiste e autoritarie.
In particolare l’aumento degli effettivi della polizia militare fino a 5000 unità e concedere a questo corpo d’elite funzioni di ordine pubblico con la motivazione che ciò serve a contrastare efficacemente il narcotraffico e la criminalità organizzata. Ma l’opposizione e le associazioni per i diritti umani denunciano la manovra come un tentativo di aumentare il controllo e la repressione nei confronti dei gruppi politici e delle organizzazioni della resistenza sociale e sindacale che non hanno mai accettato il colpo di stato sostenuto da Washington e dall’oligarchia per impedire che Zelaya portasse il paese fuori dall’orbita degli Stati Uniti e dentro l’Alba, l’Alleanza Bolivariana dei Popoli dell’America Latina.

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