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L’Uruguay legalizza la marijuana. L’ira dell’Onu e degli Usa

“In questo modo si dà forma legale a una situazione di fatto”. E’ con questa motivazione che nei giorni scorsi il Senato dell’Uruguay ha approvato in via definitiva una legge che autorizza la coltivazione, la vendita e l’utilizzo di cannabis, con l’obiettivo di infliggere un duro colpo al narcotraffico e ridurre l’indotto della criminalità organizzata.

Con 16 voti contro 13 contrari – i 15 senatori dell’opposizione avevano annunciato un “no” in blocco ma due non si sono presentati in aula al momento del suffragio – dopo 12 ore di dibattito le varie componenti di centrosinistra del Frente Amplio al governo hanno ottenuto il via libera a una legge unica al mondo che consentirà all’Uruguay di controllare la produzione e il consumo della sostanza stupefacente che secondo stime e ricerche conta nel paese su circa 200.000 consumatori più o meno abituali su un totale di 3,3 milioni di abitanti. Ora bisognerà attendere che la massima istanza giudiziaria del paese confermi la costituzionalità del provvedimento, nel qual caso la norma – già approvata a luglio dalla Camera – dovrebbe entrare in vigore entro pochi mesi,prima dell’aprile del 2014.

L’idea del governo è quella di creare un mercato legale e regolamentato della cannabis, come alternativa alle politiche probizioniste, ritenute fallimentari, era stata illustrata dal presidente, l’ex guerrigliero di sinistra, José ‘Pepe’ Mujica ormai un anno e mezzo fa. L’obiettivo è privare il narcotraffico di un’importante fonte di finanziamento, risparmiare circa 60 milioni di euro l’anno finora impiegati in una inutile lotta al contrabbando, limitare i rischi legati al consumo offrendo un prodotto controllato, evitare i contatti tra consumatori e spacciatori nella speranza di arginare il controllo sociale esercitato dalla criminalità organizzata e la diffusione delle droghe “pesanti”. La norma prevede tre modi per accedere alla marijuana: l’auto-coltivazione (ma solo fino a sei piante), la coltivazione all’interno di una associazione registrata di consumatori (fino ad un massimo di 45 soci), la vendita in farmacia sotto controllo pubblico (non più di 40 grammi al mese, al costo previsto di meno di un euro al grammo, per “competere” con il narcotraffico e sbaragliarlo). Il governo ha ora 120 giorni per approvare il regolamento attuativo della nuova legge: dovrà definire, ad esempio, chi saranno i coltivatori autorizzati, a quale tassazione dovrà sottostare il commercio legale di cannabis e quale percentuale di Thc – la sostanza psicoattiva – povrà avere la marijuana venduta dallo Stato. Il commercio legale, almeno per ora, dovrebbe limitarsi ad una marijuana “ultra-light” con solo il 5% di Thc, nettamente inferiore al 20% mediamente contenuto nella sostanza spacciata dai narcotrafficanti in Uruguay e in Argentina proveniente dal Paraguay.

Naturalmente il provvedimento è stato fortemente contestato dalla destra. Ad esempio per l’ex presidente Luis Lacalle (1990-1995), del Partido Nacional e per il senatore Luis Gallo (liberisti nazionalisti) “è terribile fare un esperimento sulla gente di un paese”. “Per me e per tutti quelli che lavorano nel mondo della riforma delle droghe è un giorno storico. L’Uruguay sta cercando un’alternativa a un modello che è fallito. Credo sia l’inizio della fine del modello proibizionista e l’avvio di un approccio più intelligente” è stato invece il giudizio di Hannah Hetzer, rappresentante dell’organizzazione statunitense Drug Policy Alliance (Dpa), che ha seguito i lavori del Senato di Montevideo.

Ma finora la reazione contraria più energica è stata quella dell’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc), secondo il quale la legge approvata “viola la Convenzione del 1961 sui narcotici” che Montevideo ha sottoscritto e che contempla l’uso della marijuana solo a fini medici e scientifici. “E’ increscioso che in un momento in cui il mondo è immerso in una continua discussione sol problema mondiale delle droghe l’Uruguay agisca prima della sessione speciale dell’Assemblea generale dell’Onu prevista per il 2016” si è lamentato David Dadge, portavode dell’Unodc. Dura anche la reazione degli Stati Uniti: “Dipende dal popolo dell’Uruguay decidere quali politiche sulle droghe sono le più appropriate ma come qualsiasi altro paese l’Uruguay ha l’obbligo di rispettare i suoi impegni internazionali” ha rilevato il Dipartimento di Stato in una nota.

Anche dal Paraguay non si sono fatte attendere reazioni contrarie. Il governo di destra di Asunciòn ha fortemente criticato il suo socio nel Mercosur (mercato comune sudamericano): “Legalizzando la marijuana in Uruguay sotto il presunto controllo dello Stato consoliderà la tendenza all’aumento del consumo di questa e altre droghe e stimolerà l’importazione clandestina dal Paraguay, la cui erba è una delle migliori e meno costose” ha detto il ministro della Segreteria nazionale antidroghe (Senad), Luis Rojas.

Ma nel resto del continente la nuova norma suscita consenso. In una “Lettera aperta” 114 organizzazioni di diversi paesi, dal Caribbean Drug Abuse Research Institute, alla Rede Brasileira de Reducão de Danos e Direitos Humanos, alla Drug Policy Alliance, hanno accolto con favore la legge approvata dal governo di Montevideo, affermando che “la strada intrapresa dall’Uruguay mette le basi di un nuovo paradigma per le politiche pubbliche sulle droghe”. Positive, fra gli altri, anche le reazioni del Venezuela – “Valuteremo lo sviluppo dell’applicazione di questa nuova legislazione coraggiosa e innovatrice” ha detto il ministro degli Esteri Elías Jaua – e anche dei governi della Bolivia e del Perù.

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