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Ynestrillas: un fascista mascherato da ‘rosso’

Mischiare le carte in tavola, unire le proprie deliranti parole d’ordine a qualcuna di quelle dei propri avversari antifascisti, rubare icone ed eroi del movimento operaio e comunista, insistere sul ‘comune nemico’ e sull’obsolescenza della ‘vecchia contrapposizione’ tra fascismo e antifascismo. Non c’è solo Casapound a celebrare strumentalmente Che Guevara o a discutere ‘ciò che è vivo e ciò che è morto di Marx’ utilizzando qualche fasullo intellettuale in cerca di palcoscenico – ogni riferimento a Diego Fusaro è puramente voluto – per pescare qualche confuso e distratto militonto di sinistra nella propria rete. Il copia-incolla dai ragionamenti, dalle formule e dai simboli dei movimenti marxisti e anticapitalisti è un must per i fascisti fin dai tempi in cui Mussolini inventò un movimento ‘né di destra né di sinistra’ poi imitato in tutto il continente. E sappiamo come andò a finire…

Ora ci prova, in Spagna, un fascista da operetta come Ricardo Saenz de Ynestrillas. Uno che anche nell’estrema destra nazionalista spagnola non è mai contato granché, ma che ci sembra interessante per le sue recenti contorsioni, simili a quelle che tanta confusione e attenzione generano anche nel nostro paese in un ‘popolo della sinistra’ che avendo perso capacità di analisi, identità e razionalità si attacca alle moine di qualche gruppuscolo di estrema destra alla ricerca di un approdo.
Il buon Ynestrillas è noto in Spagna perché negli ultimi anni si è dedicato scientificamente alla provocazione nei confronti dei ‘nazionalisti’ baschi e catalani. Più volte ha riempito qualche autobus di ultrà di Madrid, Saragozza, Santander o Valencia ed è andato a manifestare nelle città basche e catalane in nome dell’unità della patria, della lotta al separatismo, della difesa dei ‘valori patrii’ e quant’altro. Sempre con grande sfoggio di bandiere franchiste e gagliardetti fascisti, saluti romani e inni militari. E sempre scortato da un ingente numero di poliziotti in assetto antisommossa, visto che ogni sua ‘visita’ veniva accolta dagli antifascisti locali con barricate, sassate, lanci di molotov e ore di scontri. Una volta, qualche anno fa, tentò di manifestare nel centro di Donostia: la città divenne un campo di battaglia e gli stessi poliziotti di scorta al prode Ynestrillas gli consigliarono di ripiegare, tant’è che alla fine il comizio nazionalista si svolse… nel parcheggio di un centro commerciale a qualche chilometro dal centro città.

Il curriculum dell’aspirante caudillo è di ‘tutto rispetto’: nel giugno del 1999 venne condannato a sette anni di carcere per aver sparato ad uno spacciatore che si era rifiutato di vendergli della cocaina; nel 1990 era invece finito in cella con l’accusa di aver partecipato all’assassinio del deputato di Herri Batasuna (l’Unità Popolare basca) Josu Muguruza, ma poi venne assolto per mancanza di prove.

Dopo anni di ripetizione infruttuosa dello stesso trito copione, Ynestrillas ha deciso di cambiare registro, e di provare a mascherarsi un po’, per vedere se qualcuno abbocca. E così ora predica la fine della monarchia e l’instaurazione della Repubblica, la legalizzazione delle droghe e la costruzione di un ‘esercito popolare’. Sono questi infatti alcuni degli slogan del movimento ‘La bandiera nera’, la nuova invenzione del noto fascista che coniuga slogan della sinistra con quelli anarchici e con alcuni di quelli di una tradizione che potremmo chiamare ‘terzoposizionista’ dell’estrema destra. Una creatura che il fan di Francisco Franco definisce ‘repubblicana, rivoluzionaria e autogestionaria’ (!). Niente di particolarmente nuovo, certo: “siamo giunti alla conclusione che non è il momento per ideologie più o meno dogmatiche. E’ necessaria un’analisi di tutte quelle correnti ideologiche che hanno costruito un pensiero alternativo all’attuale sistema politico” afferma il camaleontico ma poco autorevole leader. Che ha trascorso gli ultimi fine settimana distribuendo coi suoi camerati panini gratis agli indigenti della periferia di Madrid. Nelle parate del ‘nuovo movimento’ non c’è più spazio per i simboli e le bandiere franchiste, e ‘Bandera Negra’ si dedica ora a omaggiare Nelson Mandela, a chiedere la messa fuori legge degli estremisti di destra razzisti di Alianza Nacional, a celebrare la lotta di liberazione dell’Ira irlandese e a solidarizzare con la recente lotta degli abitanti di Gamonal – quartiere operaio di Burgos – contro la speculazione edilizia.
Il solito vecchio minestrone fascista, frutto di due anni di soggiorno in Argentina, sostenuto anche da alcuni volti noti dell’estrema destra iberica come i falangisti Ignacio Toledano e Pascual Pérez Santos, già ‘camerati di strada’ ai tempi di un precedente esperimento politico poi abortito, quella ‘Mesa Nacional por la Revoluciòn’ (Piattaforma nazionale per la rivoluzione) che cercò di infiltrarsi con scarsissimi risultati nel cosiddetto movimento degli indignados.

 

“Ti conosco mascherina” verrebbe da dire. Eppure qualche gonzo abbocca sempre…

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    In proposito avrei un paio di ricordi personali. Il primo risale alla fine degli anni settanta. Un incredibile minestrone di bandiere esposte dal balcone di una sede di una delle tante versioni della Falange: bandiera con il noto simbolo (le frecce e il giogo, non l’arco come talvolta si sente dire: un richiamo alle iniziali -in castigliano – dei re cattolici, Fernando e Isabella), la bandiera catalana e, incredibile!, quella repubblicana (rossa, gialla e viola. Conservo la foto per gli storici (o per gli studiosi di sdoppiamento della personalità). Altro ricordo personale, il processo del 1997 a Herri Batasuna, a Madrid dove rappresentavo la “Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli” (in qualità di osservatore internazionale). A una delle prime udienze venne impedito a me e ad altri due osservatori di entrare in aula. In attesa di chiarimenti uscimmo insieme ad alcuni esponenti delle relazioni estere di HB. Di fronte stazionavano numerosi camerati di Ynestrillas con cartelli inneggianti alla pulizia (limpieza) etnica nei confronti dei baschi, rivendicando l’appartenenza alla Spagna di Euskal Herria. Per farla breve, appena ci videro partirono di corsa per attraversare la strada (per fortuna larga, a due corsie) con fare alquanto minaccioso. Mi spiace riconoscerlo, ma senza l’intervento della polizia spagnola forse finiva male (ritengo per la consistente presenza di televisioni da mezzo mondo).
    ciao, Gianni Sartori

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