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Chi salverà la Grecia dall’abbraccio mortale dell’Ue?

A sentire i politici ellenici la fine del tunnel è vicina. Ma i dati diffusi nei giorni scorsi dai vari istituti statistici del paese dicono esattamente il contrario. Confermando che dopo anni di aiuti europei la situazione del popolo greco è assai peggiore rispetto all’inizio della crisi e che il recupero, se mai ci sarà, sarà lentissimo, e doloroso.

Alcuni dati parlano da soli: il 65% degli anziani del paese soffrono la fame, con il 62% che non ha i mezzi economici per nutrirsi in maniera adeguata e il 32% che ha dovuto ridurre la quantità di cibo, accontentandosi di porzioni più piccole e di prodotti scadenti, o addirittura scaduti, secondo quanto affermano i responsabili del programma di aiuti alimentari gestito dalla ong greca “Linea di vita”. Una situazione che incide pesantemente sul benessere psicologico di milioni di persone e anche, naturalmente, sulla loro salute. Il 17% dei partecipanti al programma di assistenza ha infatti ammesso di soffrire sempre più spesso di depressione e di attacchi di panico.

Secondo le associazioni di volontariato ogni giorno circa 14 mila persone, per lo più greci (gli immigrati sono una minoranza, moltissimi hanno abbandonato negli ultimi anni il paese) che hanno perso il lavoro, ricorrono alle mense per i poveri per rimediare un pasto, tanto che nelle città maggiori, ad Atene e a Salonicco in particolare, le associazioni che prestano assistenza medica gratuita agli indigenti forniscono anche generi di prima necessità perché il problema, spesso, è semplicemente la malnutrizione. 

In tema di assistenza sanitaria la situazione è disastrosa. Dal 2009 il budget per la sanità è stato ridotto del 40% e sono stati licenziati 26 mila dipendenti, tra questi 9.100 medici. Ma i tagli non sono serviti a far quadre un bilancio sempre più esangue. Ogni mese il deficit della sanità greca cresce di 100 milioni di euro e negli ospedali statali mancano anche le cose più elementari: strumenti di lavoro, farmaci e cibo. Caso limite ma emblematico quello dell’ospedale “Metaxàs” del Pireo, scrive il quotidiano ‘La Stampa’, dove a Patologia ci sono 54 posti letto sempre pieni e solo due infermieri per turno. Per contro, anche grazie all’introduzione di costosi ticket per chi è costretto a ricoverarsi, una degenza di tre giorni può venire a costare fino a mille euro. Una enormità in un paese ridotto allo stremo dove ci sono migliaia di famiglia che neanche accendono il riscaldamento nelle proprie case perché non saprebbero come pagarlo.

Secondo un’indagine di Médecins du Monde, il 27,7% della popolazione ellenica ha più accesso ai servizi sanitari, sia come conseguenza dei tagli al settore sia per la mancanza di disponibilità finanziaria. E quindi, bambini senza vaccinazioni (che costano tra i 140 e i 180 euro), anziani che non prendono i medicinali che i medici prescrivono loro, donne incinte che non possono ricevere l’assistenza necessaria perché non sono in grado di pagarla. E record di morti premature: sempre secondo Médecins du Monde dall’inizio della crisi il numero delle morti infantili è cresciuto nel paese del 21%. Gli adulti non stanno meglio, cresce il numero delle malattie che non vengono diagnosticate, e curate, in tempo, aumentando così il tasso di mortalità. In tanti rimandano controlli ed esami, o rinunciano alla chemioterapia perché è troppo cara. In Grecia ormai è un’esplosione di malattie causate dalla povertà: tubercolosi, malaria, epatite e infezioni da Hiv ed è in forte ascesa (più 40%) oltre al numero dei suicidi.  

C’è in fine il dato sconfortante della mancanza di lavoro che, secondo la Confederazione greca del Commercio, colpisce duramente i giovani nella fascia di età dai 15 ai 24 anni con un tasso del 57.2%. Colpa soprattutto del collasso del settore privato che prima della crisi impiegava 2 milioni e 800mila persone e oggi neanche la metà. Chi lavora non sta necessariamente meglio: gli stipendi in due casi su dieci non arrivano a 500 euro al mese e molti cosiddetti ‘part time’ in realtà obbligano i dipendenti a lavorare anche 36 ore a settimana per poco più della metà dello stipendio che dovrebbero percepire.

In questi anni il popolo greco ha lottato, scioperato, bloccato le strade, occupato ministeri, discusso, manifestato. Ma non è servito a nulla. Senza una rottura politica, generale, con l’abbraccio mortale dell’Unione Europea non ci sarà protesta in grado di invertire la rotta e restituire un futuro a milioni di giovani, lavoratori, anziani, donne.

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