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Ankara: polizia attacca manifestanti, 17 condannati per insulti a Erdogan

Il partito di governo, l’Akp di Erdogan, aveva promesso nei giorni scorsi che entro questa settimana il parlamento avrebbe abolito i Tribunali speciali (Oym) aprendo la strada alla scarcerazione di alcune centinaia di militari vicini agli ambienti nazionalisti e laicisti arrestati e processati negli ultimi anni con l’accusa di aver ordito un tentativo di colpo di stato contro l’esecutivo liberal-islamista. 

Secondo la nuova proposta di legge presentata dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo i Tribunali speciali, che hanno ora competenza su reati relativi al terrorismo – o meglio su ciò che il regime definisce terrorismo – e al crimine organizzato, saranno aboliti e tutti i provvedimenti ora in corso dovranno essere riesaminati da corti ordinarie entro due settimane dalla sua approvazione.
Una mossa che potrebbe servire a blandire una parte dell’opposizione a Erdogan all’interno dell’establishment e l’esercito, ma anche a giustificare un analogo colpo di spugna nei confronti di decine di imprenditori, esponenti politici dell’Akp e figli di tre ministri arrestati il 17 dicembre scorso nell’ambito di una maxi-inchiesta sulle tangenti e sulla corruzione che ha letteralmente travolto il governo, obbligando il premier a sostituire in fretta e furia ben 10 ministri.
Secondo la stampa il cosiddetto ‘nuovo pacchetto democratizzazione’ dovrebbe abbassare da 10 a cinque anni il periodo massimo di custodia cautelare (!), ma anche rendere più difficili le confische di beni da parte della magistratura e anche le intercettazioni, per realizzare le quali servirà il voto unanime dei giudici che seguono il caso e “forti sospetti” che gli indagati stiano commettendo un reato. “Il principale obiettivo (della legge) è far chiudere l’indagine sulle tangenti e la corruzione” ha denunciato giovedì scorso il capogruppo del Chp, il socialdemocratico Partito Repubblicano del Popolo all’opposizione, Akif Hamzacebi.
Devono aver pensato la stessa cosa i circa duemila manifestanti che ieri pomeriggio sono scesi in piazza nel centro della capitale Ankara per protestare contro il governo, la corruzione e la repressione. Tra di loro molti studenti che protestavano contro il bavaglio del governo ad internet che permette all’esecutivo di chiudere i siti web in poche ore ma anche esponenti politici dell’opposizione scesi in strada per chiedere la liberazione degli ufficiali dell’esercito condannati per avere ‘cospirato’ contro il regime.

Diretti verso il Parlamento i dimostranti hanno però fatto poca strada, attaccati con violenza da un forte schieramento di polizia che contro di loro ha usato granate stordenti, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Diversi gli arrestati e le persone rimaste ferite; tra queste anche due giornalisti, un reporter di Halk tv colpito all’occhio da una granata lacrimogena e una giornalista della televisione privata Ulusal, ricoverata in ospedale dopo essere stata letteralmente sollevata in aria e buttata a terra dal getto di acqua rossa – perché addizionata di agenti urticanti – di un idrante della polizia. Il video della scena sta facendo il giro del mondo.

Intanto non si ferma la macchina repressiva. Proprio nelle scorse ore sono stati condannati a due anni di carcere un gruppo di manifestanti turchi, accusati di aver gridato slogan e insulti contro il primo ministro Recep Tayyip Erdogan. La sentenza riguarda 17 persone della città di Eskisehir, tutte denunciate per “insulti a pubblico ufficiale” dopo che nel 2012 avevano tenuto una piccola dimostrazione contro le politiche del governo. “Tayyip Erdogan: servo del Fondo Monetario, servo dei boss”, avevano gridato i manifestanti.

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