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Venezuela. Maduro accusa i fascisti: “dietro di loro il colombiano Alvaro Uribe”

Dopo il violentissimo attacco dei manifestanti di estrema destra contro alcune sedi istituzionali a Caracas, pochi giorni fa, la grande stampa internazionale ha dedicato titoli a caratteri cubitali alla “repressione del governo venezuelano contro le manifestazioni studentesche”. Il messaggio che doveva passare era che la polizia di Maduro aveva brutalizzato gli studenti e che gli aveva sparato contro, uccidendono tre.

Girano ancora sui media internazionali immagini false utilizzate per criminalizzare il governo venezuelano: foto di gente stesa a terra piena di sangue (in realtà scattate negli Stati Uniti, e il sangue è vernice); di giovanissimi studenti cileni arrestati dai Carabineros spacciati come poliziotti di Caravas e altre ancora.
Ma in realtà dei tre morti di pochi giorni fa a Caracas, quando a sfilare erano stati migliaia di giovani in due cortei contrapposti, nessuno è uno studente. I morti sono un dirigente chavista e due appartenenti alle organizzazioni della ‘contra’.
E’ stato lo stesso presidente Nicolas Maduro a denunciare la manipolazione in corso informando che ad uccidere due manifestanti (uno chavista e un altro di opposizione) sarebbe stata «la stessa pistola». Una delle vittime, Juancho Montoya, era un noto esponente dei collettivi bolivariani del quartiere “23 Enero”, noto per essere stato il capo di un gruppo armato di estrema sinistra nei decenni scorsi e per aver partecipato ad un attentato, nel 2008, contro la sede degli industriali della capitale.
Un quarto d’ora l’omicidio di Montoya — ha informato ancora il presidente — è stato ucciso il giovane Bassil Alejandro Da Costa, che era un carpentiere e non uno studente dell’università Alejandro Humboldt come avevano riferito i media in un primo momento. Poi, dopo qualche ora, è arrivata la notizia di un’altra morte a Chacao: “un giovane che si trovava con Da Costa, ucciso anch’egli da individui a bordo di moto di grossa cilindrata che stiamo identificando” ha detto ancora Maduro che ha mostrato vari video e foto degli scontri che smentiscono la versione vittimistica diffusa dai gruppi più estremisti dell’opposizione. A dirigere l’assalto di giovani incappucciati che lanciano molotov si vede Leopoldo Lopez, uno dei leader dell’opposizione. Insieme a Maria Corina Machado e al sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma, Lopez ha istigato l’ala più dura delle destre venezuelane a mettere in moto una trappola contro il governo, non esitando evidentemente a sacrificare alcuni dei suoi attivisti per poter incolpare Maduro e chiederne le dimissioni. Spaccando oltretutto il fronte unitario dell’opposizione – la Mesa de unidad democratica (Mud) — che si è smarcato nella sua maggioranza dalle forme violente della contestazione guidata dal segretario dell’oltranzista Voluntad Popular. Persino Henrique Capriles, che aveva scatenato un’ondata di violenze e di aggressioni contro gli ambulatori dei quartieri popolari dove operano i medici cubani dopo la sconfitta alle ultime elezioni questa volta ripete in maniera ossessiva ai suoi di stare buoni e calmi e di non seguire la forsennata rincorsa allo scontro di Lopez.

Dietro il quale, ha accusato ieri il presidente Maduro, c’è l’estrema destra colombiana guidata dall’ex presidente di Bogotà Alvaro Uribe a sua volta manovrata dalla Casa Bianca, la stessa che in patria sta cercando di sabotare i negoziati di pace tra l’attuale governo e la guerriglia di sinistra delle Farc. “La rivoluzione non rinuncerà, che lo sappiano gli oligarchi di qui e quelli del resto del mondo, che lo sappia il finanziatore principale di questo tentativo di colpo di stato che è Alvaro Uribe Velez, e lo denuncio pubblicamente (…) è lui ad aver preparato il gruppo del fascista Leopoldo Lopez” ha tuonato Maduro.

Poco dopo decine di migliaia di venezuelani hanno risposto all’appello del presidente a scendere in piazza ‘per la pace e contro il fascismo’ ed hanno marciato ieri nella capitale, da Plaza Venezuela fino alla centrale Avenida Bolivar. Contemporaneamente la polizia sgomberava con lacrimogeni e granate stordenti una piazza occupata dai militanti dell’opposizione e però liberava 73 delle 99 persone – alcune delle quali studenti – arrestate durante i duri scontri dei giorni scorsi. Secondo l’opposizione sarebbero state liberate invece 112 persone, mentre 47 rimarrebbero in stato di carcerazione preventiva.

Le forze di sicurezza venezuelane continuano a cercare, oltre a Leopoldo Lopez – che sarebbe passato alla clandestinità – anche l’ex ambasciatore venezuelano a Bogotà Fernando Gerbasi (torna di nuovo il legame con la destra colombiana) e Ivan Carratù, collaboratore dell’ex presidente Carlos Andrès Perez. Su entrambi pende un ordine di arresto dopo che una intercettazione telefonica ha rivelato che durante una conversazione tra i due, precedente alle manifestazioni di Caracas di mercoledì, si affermava che ci sarebbero stati dei morti.

La manipolazione mediatica internazionale

 

1Manipulacion mediatica 

11Manipulacion-mediatica

 

 

 

 

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