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Assalto fascista nel ‘cortile di casa dell’Ue’. A Kiev scorre il sangue

E’ un caso che poche ore dopo aver incontrato a Berlino la cancelliera tedesca Angela Merkel i settori più oltranzisti dell’opposizione ucraina abbiano messo in atto l’ennesima provocazione violenta sperando – e ottenendo – una corrispondente reazione da parte delle forze dell’ordine?

D’altronde proprio la Cdu di Angela Merkel in più occasioni ha ammesso che la fondazione del suo partito, la Konrad Adenauer, da tempo lavora per creare in Ucraina una situazione politica favorevole all’ingresso dell’importante repubblica ex sovietica all’interno della sua area di influenza. Durante un evento della fondazione con Klitschko a Bruxelles, Elmar Brok della CDU tedesca affermò apertamente che Berlino nutre un grande interesse per l’Ucraina, visto che si tratta di “un Paese con grandi possibilità economiche“, con “una popolazione ben istruita” e “buoni prerequisiti agricoli”. Non è un segreto che il partito ucraina di destra, Udar – ‘Pugno’ – quello guidato dall’ex campione di pugilato Vitali Klitschko, sia stato fondato su procura di Berlino.

Anche il governo polacco non nasconde le sue mire sul paese, o quantomeno sulle regioni occidentali ucraine della Galizia, con le quali condivide cultura e storia.

Nei mesi scorsi qualcuno – compreso Contropiano – aveva lanciato l’allarme sulle conseguenze tragiche che la violenta destabilizzazione dell’Ucraina da parte dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della Nato avrebbero potuto causare in un paese da tempo spaccato in due, sul piano politico ma anche su quello ‘etnico-culturale’. Avevamo “avvertito” che si correva il serio rischio che l’Ucraina diventasse una nuova Jugoslavia. Ai tempi Germania e Vaticano soffiarono sul fuoco delle divisioni etnico-politiche nella federazione plurinazionale, incitando croati, sloveni e bosniaci a portare il livello di scontro fino ad una tragica e sanguinosa guerra civile. All’epoca l’Unione Europea era un timido progetto ancora incipiente. Oggi Bruxelles è la capitale – con tutte le contraddizioni del caso, certo – di un superstato imperialista e aggressivo, desideroso di espandere ad est egemonia e controllo,  che non esita a gettare un intero paese nel baratro dopo il fallimento dei piani di destabilizzazione più o meno soft che già nel 2004 avevano imposto al paese un premier-gaglioffo filoccidentale ma presto sconfitto dalle urne.

Nelle ultime settimane il governo del Partito della Regioni e il presidente Yanukovich erano riusciti a disattivare la bomba: avevano dimesso il loro governo aprendo alla possibilità di includere anche le opposizioni affidando a queste ultime la leadership, avevano varato un’amnistia imperfetta ma che comunque ha portato rapidamente alla liberazione di tutti i manifestanti arrestati negli scontri degli ultimi mesi, aveva assentito ad una riforma della costituzione che diminuisse i poteri del presidente a favore di quelli del parlamento. Con ritardi, contraddizioni e qualche furbizia, certamente, ma dal muro contro muro si era passati al negoziato e all’accordo.

Finché – ripetiamo, poche ore dopo un incontro con Angela Merkel – alcune delle forze d’opposizione più estremiste non hanno messo in campo la provocazione ‘perfetta’ che in poche ore ha precipitato il paese in una guerra civile incipiente.
Ieri mattina alcune migliaia di membri delle squadre paramilitari di Svoboda e dei gruppi neofascisti coalizzati nella piattaforma ‘Pravi sektor’ (“Settore di destra”) – nella foto qui sopra – hanno letteralmente dato l’assalto prima al parlamento, poi alla sede nazionale del Partito delle Regioni al governo e poi ancora ad un reparto antisommossa della polizia a guardia del centro cittadino. Una gragnuola di molotov, migliaia di militanti dell’estrema destra con caschi militari in testa e mazze alla mano hanno tempestato i poliziotti all’inverosimile. I fascisti hanno tentato l’occupazione del parlamento e poi hanno fatto irruzione nella sede del partito di Yanukovich, ingaggiando uno scontro frontale, violentissimo, con i Berkut mandati a sloggiarli. Oggi alcuni media ‘democratici’ si stupiscono del fatto che per la prima volta da quando Kiev è assediata dalla protesta filo-Ue, i poliziotti ucraini abbiano usato le armi da fuoco. Ma era esattamente questo lo scopo del triplo assalto dell’estrema destra, inondare di sangue il centro di Kiev, forzare il conflitto verso un tragico salto di qualità che renda impossibile ogni mediazione e permetta all’Ue e a Washington di ‘internazionalizzare’ la crisi.

Possono raccontare ciò che vogliono i media che invocano l’intervento europeo ‘per fermare la strage a Kiev’, tacendo sul fatto che la responsabilità dei morti di queste ore ricade interamente su una classe dirigente europea irresponsabile e assetata di potere. Anche perché quegli stessi media – Repubblica in testa – sono obbligati a citare il ‘piccolo particolare’ che nell’assalto ai palazzi istituzionali anche i militanti della destra erano armati di pistole e fucili (nella foto, un manifestante ripreso mentre spara da un fotografo dell’Ap), e altre fonti parlano di armi automatiche. D’altronde il bilancio della battaglia di ieri ma anche degli scontri di oggi – finora 25 i morti e centinaia di feriti – comprende anche 9 poliziotti e alcuni funzionari del partito delle Regioni, alcuni dei quali abbattuti a colpi di arma da fuoco. E’ morto in ospedale anche il cronista ucraino Vyacheslav Veremiy del quotidiano ‘Vesti‘, che era stato assalito durante la notte nel centro di Kiev mentre stava viaggiando in taxi assieme a un collega, Oleksii Limarenko. Un gruppo di uomini a volto coperto li ha costretti a scendere dal taxi e li ha picchiati brutalmente.
Dopo che la sede del Partito di governo veniva dato alle fiamme dalle milizie dell’opposizione che nel frattempo avevano rioccupato la sede del municipio della capitale sgomberato da sole 48 ore in cambio dell’amnistia, la polizia ha lanciato un assalto contro i manifestanti sulla Maidan a Kiev, coadiuvati da alcuni blindati muniti di cannoni ad acqua che hanno liberato una parte della pizza dai dimostranti che lanciavano pietre e bottiglie molotov e incendiavano tende e barricata per rallentare i Berkut. 

Scontri violenti si segnalano in queste ore anche in altre città dell’Ucraina occidentale, tra cui Leopoli, roccaforte dei nazionalsocialisti di Svoboda e del resto dell’opposizione più oltranzista, dove circa 5.000 miliziani si sono impossessati di un deposito di armi. Nella notte è infine arrivata la notizia di due agenti della polizia stradale uccisi a colpi d’arma da fuoco a Kiev mentre inseguivano «un’auto con dei presunti criminali».

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