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Ucraina: è caccia ai comunisti

Il golpe è costato 82 morti – non si sa se nel computo sono compresi i poliziotti uccisi, una ventina –  e 645 feriti, dei quali 423 sono stati ricoverati in ospedale. Almeno questo è il bilancio definitivo che hanno fornito oggi fonti del Ministero della Salute di Kiev. Qualche decina di morti in meno rispetto ai numeri sparati dalla Cnn e da alcune fonti degli insorti nei giorni scorsi, forse con la speranza di smuovere ancor di più l’opinione pubblica internazionale a sostegno del rovesciamento violento del governo di Kiev. Ma comunque un bilancio di sangue alto, scientificamente ricercato dalle forze oltranziste del fronte filoccidentale che martedì, dopo numerose provocazioni, hanno scatenato sparatorie e assalti violenti ottenendo che lo scontro politico si trasformasse in contrapposizione militare.

Ora tutti i principali media internazionali dipingono un quadretto idilliaco e rassicurante di una Ucraina sulla strada della libertà e della democrazia e nessuno sembra preoccuparsi del fatto che, alle porte dell’Europa, un partito che si ispira direttamente al nazionalsocialismo (Svoboda) e che propaganda un’ideologia violente, ultrnazionalista, xenofova e antisemita sia appena salita al potere a Kiev: il ‘dittatore’ è stato destituito ed è braccato, il regime disarcionato, i leader politici filo-Ue (Unione Europea come sinonimo di libertà…) hanno ripreso il controllo della situazione.

Ma è evidente che la spallata dell’establishment europeo e della Nato non si esaurirà con il “regime change”. Perché per poterla portare a termine Bruxelles ha dovuto sdoganare, sostenere e legittimare forze ultranazionaliste, fasciste o addirittura neonaziste, che ora fanno parte della coalizione vincitrice e che, con la benedizione delle cancellerie occidentali, hanno occupato militarmente Kiev ed in queste ore hanno iniziato un assalto contro decine di dirigenti della sinistra e dei sindacati.

Secondo un quotidiano padronale ma onesto – tranne quando si parla di Tav – come la Stampa, “i simboli del comunismo sono stati presi di mira dagli insorti con ancora più fervore nell’ultima settimana di protesta (…). Sono circa 40 le statue di Lenin abbattute o imbrattate in Ucraina dall’inizio della settimana, probabilmente da dei nazionalisti. Inoltre è stata saccheggiata la sede di Kiev del partito comunista – alleato dell’ormai ex presidente Viktor Ianukovich – e la facciata è stata riempita di scritte come «assassini», «criminali», «schiavi».

La Stampa liquida così la questione, anche se almeno si degna di segnalarla. Omettendo che anche il segretario del Partito Comunista Ucraino Petro Simonenko è stato aggredito e picchiato, e che sono parecchie le sedi del PCU assaltate, devastate e addirittura date alle fiamme dagli squadristi di Svoboda o di Pravyi Sektor con scene che ricordano molto le ‘attività’ dei nazisti nella Germania degli anni ‘30.

A questa ondata anticomunista nei giorni scorsi il Partito Comunista aveva già cercato di rispondere organizzando i propri militanti in squadre di difesa, e chiamando all’unione e all’organizzazione altre forze politiche antifasciste e patriottiche. Che nelle ultime ore sono intervenute, soprattutto nelle regioni del sud e dell’est dell’Ucraina, a difesa di monumenti, sedi e dirigenti minacciati e che in alcuni casi hanno messo in fuga le squadracce di ‘banderovci’ arrivati dalle regioni occidentali – in particolare da Leopoli – per dare la caccia ai loro nemici e seminare il terrore tra la popolazione che non vede di buon occhio il nuovo regime imposto a Kiev (nel video manifestazione a difesa del monumento a Lenin oggi a Kharkov).

Se nella capitale nei giorni scorsi sono stati segnalati gruppi di estremisti stranieri, polacchi e baltici in particolare, arrivati dai loro paesi in Ucraina per dar man forte ai miliziani fascisti locali, ora nelle regioni orientali ed in Crimea alcuni media segnalano l’arrivo di volontari russi, in territori dove il confine con Mosca è di fatto solo una questione amministrativa e non certo culturale o politica.
Il che significa che la crisi è tutt’altro che risolta, seppur a favore delle forze di destra o ultranazionaliste e che la situazione attuale potrebbe scatenare una vasta, disastrosa e duratura guerra civile.

Alla contrapposizione politica ed ‘etnico-nazionale’ si somma inoltre quella religiosa. Le milizie estremiste arrivate a Kiev dalla Galizia cattolica non vedono di buon occhio gli ortodossi, detestati in quanto ‘eretici’ ma anche in quanto ‘servi di Mosca’. Non è un caso che ieri circa 300 tra miliziani armati e dimostranti dei partiti di destra abbiano fatto irruzione del Monastero delle Grotte della capitale (Kíevo-Pechiórska Lavra, in ucraino) prendendone il controllo. 

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