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Crimea: plebiscito per la Russia

Gli aggiornamenti

16.30 – Il mondo dovrebbe accogliere con favore il ricongiungimento della Crimea con la Russia perché questa correggerà un errore storico commesso in epoca sovietica. Lo sostiene l’ultimo leader dell’Urss Mikhail Gorbaciov, che ricorda che la Crimea è finita a far parte del territorio ucraino solo perchè fu trasferita dal leader sovietico Nikita Khruscev quando entrambi i Paesi facevano parte dell’Urss. “Per imporre sanzioni occorrono basi molto gravi. E queste vanno sostenute dalle Nazioni unite” ha detto Gorbaciov all’Interfax. “La possibile assunzione della Crimea in territorio russo non costituisce una tale base” ha detto, descrivendo il referendum di ieri, in cui il 97% degli abitanti della Crimea ha votato il ricongiungimento a Mosca, “un successo che ha risposto alle aspettative degli abitanti”.

16.00 – La proposta russa per risolvere la crisi in Crimea è “assolutamente inaccettabile”. Lo ha affermato un portavoce del ministro degli Esteri ucraino riferendosi all’idea proposta da Mosca di un gruppo di sostegno internazionale di mediazione per cambiare la costituzione ucraina. “Il comunicato russo suona come un ultimatum ed è una posizione totalmente inaccettabile da parte nostra”, ha spiegato il portavoce della giunta golpista di Kiev.

14.30 – La polizia di Donetsk sarà rinforzata con unità provenienti da altre città dell’Ucraina occidentale. Lo ha annunciato il governatore regionale Serghiei Taruta, fedele alla giunta di Kiev. Donetsk, nella russofona Ucraina orientale, è ultimamente teatro di violenti scontri tra filorussi e sostenitori del governo golpista di Kiev, e la sera del 13 marzo almeno un manifestante è morto nei combattimenti. La vittima accertata era un sostenitore del partito di estrema destra Svoboda, uno dei tre che sostiene il governo ultranazionalista ucraino. 

14.20 –  La Russia ha inviato aiuti alla Crimea per 15 miliardi di rubli (400 milioni di dollari). Lo ha reso noto il premier della Repubblica Autonoma, Sergei Aksyonov, precisando che la cifra “raddoppia il bilancio della Crimea”.

14.00 – I soldati ucraini attualmente di servizio in Crimea se ne devono andare, a meno che non decidano di restare e di aderire al nuovo stato proclamato oggi dopo il plebiscito filorusso di ieri. Lo ha detto il presidente dell’assemblea della Crimea, Volodymyr Konstantynov, che ai media russi ha annunciato che le unità militari ucraine “verranno sciolte. Per quelli che vorranno rimanere qui, non c’è problema. Prenderemo in considerazione il loro giuramento di fedeltà”.

13.30 – Il ministro degli esteri ucraino Andrii Deshchytsia ha incontrato nel quartier generale della Nato il segretario generale Anders Fogh Rasmussen. “Sentiamo il fortissimo supporto e la comprensione da parte della Nato e dei suoi stati membri” ha detto il ministro, aggiungendo che Kiev si attende “ulteriore cooperazione nel prossimo futuro e nei prossimi giorni”. Precisando che “non abbiamo chiesto assistenza militare”, ha aggiunto che si attende “l’invio di attrezzature tecniche” di cui avrebbe presentato oggi una lista.

12.30 – La Russia propone agli Stati Uniti e all’Ue la creazione di “un Gruppo di supporto per l’Ucraina, con un formato che sia accettabile a tutte le forze politiche ucraine”. Il ministero degli Esteri di Mosca ha emesso una dettagliata nota con cui formalizza le proposte per una soluzione della crisi ucraina, già avanzata nei giorni scorsi, ma ora ribadite formalmente mentre i ministri degli Esteri dell’Unione europea passano al vaglio a Bruxelles possibili sanzioni contro la Russia. “Mosca, assieme ai partner internazionali, è pronta senza alcun indugio alla creazione di un meccanismo multilaterale per una soluzione alla crisi ucraina”, si legge nel testo, diffuso da Rias Novosti. Questo Gruppo di supporto dovrebbe farsi garante poi dello status di neutralità militare dell’Ucraina, con una risoluzione Onu. Alla proposta la Russia affianca una serie di richieste, compreso l’appello a “riconoscere e rispettare il diritto della Crimea a decidere il proprio futuro in base alla libera espressione della voltontà pololare”. Mosca chiede anche che alla lingua russa venga riconosciuto la status di seconda lingua ufficiale in Ucraina, status che aveva fino a poche settimane fa e cancellato dalla giunta golpista salita al potere a fine febbraio. 

12.00 – I militari ucraini resteranno in Crimea nonostante il referendum di ieri per l’annessione della penisola alla Russia. Lo ha annunciato il ministro della Difesa ucraino Igor Teniukh.

11.00 – Truppe russe avrebbero piazzato mine anticarro intorno a una base della marina militare ucraina a Feodosia, in Crimea. A sostenerlo sono per ora solo le Forze armate di Kiev sul proprio account Facebook, in cui sottolineano che a restare intrappolato è “primo battaglione della Forza Navale ucraina”. Da circa due settimane mezzi russi e e miliziani filorussi stazionano di fronte alla base. 

10.50 – Ieri migliaia di manifestanti ‘filorussiì sono scesi in piazza a Kharkiv e a Odessa, due città rispettivamente dell’Ucraina orientale e meridionale. A Kharkiv, nonostante il divieto di manifestare imposto dalla giunta di Kiev, circa 6.000 persone hanno dimostrato in una ‘protesta-referendum’ a favore della federalizzazione dell’Ucraina e del russo come seconda lingua ufficiale del Paese. Gli organizzatori hanno distribuito delle finte schede elettorali che sono poi state raccolte in un sacco di plastica. Alcune centinaia di persone hanno poi fatto irruzione nella sede di alcuni gruppi di estrema destra che sostengono il nuovo governo ucraino e l’hanno occupata senza che la polizia intervenisse (segno che il governo di Kiev ha scarso controllo anche sulle proprie forze di sicurezza). 
A Odessa invece sono scese in piazza almeno 5.000 persone. 
A Donetsk invece migliaia di manifestanti hanno letteralmente assediato la procura per chiedere la liberazione di Pavlo Goubarev, proclamato alcune settimane fa governatore della regione a est dell’Ucraina ma destituito dalla giunta di Kiev. Una parte dei manifestanti è riuscito a entrare nella sede giudiziaria e in quella adiacente dei servizi speciali ucraini senza incontrare particolare resistenza da parte delle forze dell’ordine. 

10.40 – Il governo della Crimea ha ordinato questa mattina la nazionalizzazione di tutte le proprietà di Stato ucraine nel territorio della Repubblica Autonoma, il cambiamento di nome del Parlamento dall’ucraino Rada al russo Duma

10.20 – A partire dal 30 marzo nella Repubblica Autonoma di Crima l’orario verra spostato in avanti di due ore per equipararlo a quello di Mosca

10.10 – l presidente del Parlamento della Crimea ha annunciato la smobilitazione di tutte le basi militari ucraine nel territorio della Repubblica Autonoma, anche se per ora senza specificare il destino delle truppe di Kiev ancora presenti in queste basi.

La situazione alle 10,00

Come era prevedibile, la stragrande maggioranza della popolazione della Repubblica Autonoma nel sud della Crimea regalata all’Ucraina da Nikita Krushev (presidente sovietico di origine ucraina) nel 1954 ha deciso ieri di tornare alla Russia. A chiedere che la penisola venga integrata all’interno della Federazione Russa nel voto di ieri si sono espressi il 96,6% degli abitanti della regione del Mar Nero. Un vero e proprio plebiscito, certamente rafforzato dalla scarsa affluenza di coloro che si sentono ucraini e degli appartenenti alla minoranza tatara (turcofona e islamista) anche se in molte zone abitate da questi ultimi l’affluenza è andata comunque oltre il 50%. Tenendo conto del fatto che l’affluenza ai seggi è stata molto alta, pari all’81,7% degli aventi diritto, il risultato del referendum è andato anche oltre le aspettative della vigilia. Occorre tener presente che secondo i dati ufficiali circa il 60% degli abitanti sono russi o di origine russa e il 77% della popolazione della Crimea ha il russo come lingua madre.
La Borsa di Mosca, che nei giorni scorsi aveva registrato forti perdite sui listini, ha reagito con un aumento del 2% in apertura ai risultati del referendum di ieri. 

Stamattina sulla base del voto di ieri le autorità di Simferopoli hanno proclamato l’indipendenza e chiesto ufficialmente di avviare le procedure per il ricongiungimento con la Russia come Repubblica Autonoma, che secondo le previsioni dovrebbero durare circa tre mesi anche se di fatto la forte presenza militare di Mosca e altre misure (russo come lingua ufficiale, introduzione del rublo ecc) hanno già reso operativa la decisioni di ieri.

Dure e ipocrite le prese di posizione delle grandi potenze che giudicano ‘illegale’ e ‘ininfluente’ la decisione espressa democraticamente dalla stragrande maggioranza del popolo della penisola dove immediate erano state le reazioni delle autorità ma anche degli abitanti al golpe nazionalista andato in scena a Kiev proprio sotto l’egida di Usa, Ue e Nato.
Il referendum in Crimea è stato “una grande farsa” ha naturalmente commentato il presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turchinov che poi ha aggiunto durante un intervento alla Rada (Parlamento): “La Russia tenta di coprire la sua aggressione in Crimea con una grande farsa chiamata referendum, che non sarà mai riconosciuto né dall’Ucraina né dal mondo civilizzato”.
Il parlamento di Kiev ha intanto approvato la parziale mobilitazione dell’esercito ordinata da Turchinov. Il decreto introduce la parziale mobilitazione delle truppe in tutte le regioni dell’Ucraina e a Kiev. In Crimea e Sebastopoli, si legge nel testo della mozione diffusa da Interfax Ukraina, l’appello riguarda solo i cittadini “che hanno espresso volontariamente il desiderio di essere richiamati, anche rivolgendosi ai commissariati militari e alle basi militari”.

Da parte sua il presidente USA Barack Obama ha minacciato “costi crescenti” per la Russia che nelle ultime ore si è detta di nuovo pronta a “rispettare la volontà del popolo di Crimea” sottolineando che il referendum in Crimea “è pienamente conforme” al diritto internazionale. Nel corso di una conversazione telefonica con Putin, l’inquilino della Casa Bianca ha sottolineato che il “referendum” in Crimea, che viola la costituzione ucraina e si è svolto sotto la minaccia dell’intervento militare russo, non sarà mai riconosciuto dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale”.
Anche l’Ue si appresta a varare, già oggi, un primo pacchetto di misure già concordate dal Consiglio europeo del 6 marzo. Inoltre i ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno anche la possibilità di firmare in tempi brevissimi l’Accordo di associazione con l’Ucraina e di concretizzare velocemente quella svolta verso Occidente invocata per settimane dalla cosiddetta “euromajdan”, la piazza di Kiev occupata per mesi da alcune decine di migliaia di manifestanti filoccidentali. 

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