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Transnistria, Gagauzia, Baltico: i russi hanno voglia di Mosca

Secondo l’agenzia Interfax, che riporta dichiarazioni del portavoce del distretto militare occidentale russo, il colonnello Oleg Kocetkov, una certa quantità di soldati dell’esercito di Mosca si sono esercitati recentemente in Transnistria, una repubblica secessionista moldava che confina a est con l’Ucraina.

Dopo il golpe filoccidentale a Kiev e il conseguente distacco della Crimea dall’Ucraina, ora le autorità delle cinque province al di là della sponda sinistra del fiume Dniestr – che hanno proclamato la propria indipendenza dalla Moldavia nel settembre del 1990 – chiedono che Mosca introduca nella propria legislazione la possibilità di una adesione rapida della repubblica la cui popolazione, già nel 2006, votò a stragrande maggioranza – con il 97,2% di si – l’annessione alla Federazione Russa nel corso di un referendum popolare.

Il nuovo appello a Mosca è stato ricevuto dal presidente della Duma di Stato Sergej Naryshkin da parte del Consiglio Supremo della repubblica della Transnistria, cioè il parlamento.
Secondo l’ultimo censimento del 2004 nel territorio stretto tra Ucraina e Moldavia, vivono circa 550mila persone, di cui circa 200 mila di lingua e cultura russa, un terzo di lingua rumena, il resto diviso tra ucraini, gagauzi (turcofoni ma cristiano) e altri gruppi etnici dell’ex Unione Sovietica. Molti degli abitanti della Transnistria hanno cittadinanza russa e nel piccolo territorio sono stanziati attualmente circa 2000 militari di Mosca, che proteggono i confini con la Moldavia per impedire sanguinosi blitz come quello scatenato dalle truppe di Chisinau nel 1992.

La situazione della Moldavia è abbastanza simile a quella dell’attuale Ucraina, con un avvicinamento all’Ue e alla Nato che preoccupa e indispettisce non solo Mosca ma anche i cittadini della Transnistria che ora sembrano non accontentarsi più di una indipendenza di fatto ma vogliono il riconoscimento internazionale della propria autonomia e l’adesione alla Federazione Russa.

Oltre a far parte del programma Partnership for Peace della NATO (come l’Ucraina), la Moldavia fa parte dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, è firmataria dello statuto della Corte Penale Internazionale e rientra nel quadro della Politica europea di vicinato dell’Unione Europea (e aspira a diventare membro dell’UE). Ma ora anche un altro pezzo del paese, la regione autonoma della Gagauzia, vuole il distacco da Chisinau. I suoi abitanti lo hanno chiesto a gran voce lo scorso 2 febbraio nel corso di un referendum per la secessione vinto con il 98,1% di ‘si’. Le autorità centrali di Chisinau hanno promulgato a cose fatte una legge che vieta i referendum regionali sulle questioni “d’importanza nazionale” ma le autorità della regione secessionista hanno già presentato al parlamento locale un disegno di legge sulla costituzione di un proprio esercito. Il 14 marzo scorso i deputati gagauzi hanno votato nel loro parlamento regionale la legge sulla ‘guardia popolare’ e presto la nuova milizia indipendente dalle autorità di Chisinau inizieranno a pattugliare le strade delle città della regione ma anche a presidiare il confine amministrativo con la Moldavia.

Come se non bastasse, la continua pressione ai confini della Russia da parte del meccanismo militare della Nato e le manovre espansioniste dell’Ue ad est stanno convincendo milioni di russi ‘intrappolati’ nelle Repubbliche Baltiche, a Nord, della necessità di avvicinarsi a Mosca. Anche perché nei paesi dove vivono, e dove in molti casi sono nati, molti di loro non godono ancora di pieni diritti civili, politici, linguistici e culturali, considerati un corpo estraneo dai governi di Estonia, Lettonia e Lituania. Nelle ultime settimane manifestazioni di solidarietà con Mosca e contro il golpe filoccidentale imposto a Kiev dall’Ue e dalla Nato sono state organizzate dalle comunità russofone nelle città del Mar Baltico.  Entrate da qualche anno nell’Unione Europea e anche nella Nato, Estonia (28% russi), Lettonia (27%) e Lituania (6%) potrebbero costituire un nuovo elemento di instabilità alle porte della Federazione Russa, trasformate come sono dall’Alleanza Atlantica in teste di ponte militari e logistiche in un accerchiamento di Mosca che il governo russo, ed ora anche la sua popolazione, non sopportano davvero più.

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1 Commento


  • alexfaro

    Come recita un famoso proverbio popolare:
    Chi semina vento raccoglie tempesta!
    Ora la UE e anche la NATO dovranno fare i conti con le conseguenze attuali,causate dai loro atti precedenti della ex Jugoslavia(1991/1995)ma anche sopratutto del Kossovo(1999)x rimanere solo in ambito Europeo(tralasciando gli altri innumerevoli esempi più recenti in Africa/Asia ecc…)
    Ebbene ben gli stà ai famelici burocrati di Bruxelles!
    schiavi dei loro(ed anche nostri purtroppo!)padroni di oltreoceano,stanziati a Washington x capirci!
    un saluto
    Alexfaro

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