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La tortura non funziona, la Cia ha mentito

La Cia, la maggiore agenzia di intelligence al servizio del governo degli Stati Uniti, ha ingannato per anni il Congresso e l’opinione pubblica del paese omettendo significativi dettagli riguardo alla brutalità dei metodi di interrogatorio usati sotto il presidente George W. Bush a partire soprattutto dal 2002 ed esagerando l’importanza delle informazioni di intelligence ottenute con tali metodi di vera e propria tortura per giustificare il ricorso alla violenza contro i detenuti, molti dei quali rapiti illegalmente in diversi paesi del mondo dopo l’11 settembre del 2001. E’ quanto si legge in un rapporto redatto da una speciale commissione del Senato degli Stati Uniti e parzialmente pubblicato oggi, in esclusiva, dal quotidiano Washington Post e frutto di 5 anni di indagini.

Diversi funzionari a conoscenza delle 6.300 pagine che compongono il rapporto hanno evidenziato come il Senato sia giunto alla conclusione che le informazioni di intelligence più preziose su al Qaeda, “tra cui quelle che hanno portato all’operazione contro Osama bin Laden nel 2011”, non siano state ottenute affatto per mezzo dei brutali metodi della Cia.
“La Cia ha presentato più volte il suo programma sia al Dipartimento di Giustizia che al Congresso sostenendo di aver ottenuto informazioni di intelligence impareggiabili che non sarebbe riuscita ad avere diversamente, e che avrebbero aiutato a sventare complotti terroristici e a salvare migliaia di vite – ha dichiarato un funzionario – tutto questo era vero? La risposta è no”. 
Uno dei metodi di tortura più usati, definita ipocritamente ‘interrogatorio controllato’, consisteva nel costringere i prigionieri a rimanere a lungo immersi in vasconi colmi di acqua ghiacciata. Una sevizia associata al tradizionale “waterboarding”, l’annegamento simulato del malcapitato, alle percosse e all’applicazione degli elettrodi su zone particolarmente sensibili del corpo come capezzoli o genitali.
Il rapporto rivela anche le profonde divisioni interne alla Cia sul programma di torture, in particolare nelle prigioni di Abu Ghraib e Guantanamo, rivelando che in alcuni casi i funzionari dell’intelligence pretesero la continuazione delle violenze sui detenuti nonostante il parere contrario degli analisti a causa delle condizioni di salute dei torturati e della convinzione che non avessero alcuna informazione utile da rivelare.

Tra i casi analizzati quello di Hassan Ghul, la persona grazie alla quale si scoprì che l’uomo di contatto tra bin Laden e il mondo si faceva chiamare al Kuwaiti (il kuwaitiano). L’informazione che determinò la sua identificazione e, poi, quella di Bin Laden non venne ottenuta dalla Cia torturando Ghul ma durante un interrogatorio condotto dalle autorità curde. Anche Abu Zubaida, annegato ben 83 volte dagli agenti della Cia, rivelò molte informazioni utili all’Fbi che lo interrogarono con metodi meno violenti. 
Giovedì il Comitato sull’Intelligence del Senato Usa dovrebbe approvare l’invio al presidente Obama di un riassunto del rapporto, chiedendo che venga declafficato e reso pubblico, ma alcuni funzionari statunitensi rivelano che ci potrebbero volere anche alcuni mesi prima che le conclusioni della commissione d’inchiesta parlamentare vengano rese realmente pubbliche.
L’indagine del Senato è stata oggetto di un durissimo braccio di ferro tra la senatrice Feinstein, che guida il comitato di indagine, e la Cia secondo la quale lo staff che indagava sulla sua attività si sarebbe infiltrato nei server ed avrebbe rubato dei documenti top secret. La senatrice sostiene invece che le denunce della Cia sono state realizzate al solo scopo di intimidire chi indagava sulle bugie di Langley. 

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