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“Esalta il terrorismo”: rapper catalano condannato a due anni

L’hip hop e il rap politicizzati sono costantemente nel mirino di governi e forze di estrema destra. Dopo la morte pochi mesi fa ad Atene di Pavlos Fyssas, in arte Killa P, accoltellato da un neonazista di Alba Dorata, ora in Spagna finisce in carcere il ‘rapero’ Pablo Hasel, pseudonimo di Pablo Rivadullo. 

Finito nientemeno che sotto processo da parte dell’Audiencia Nacional di Madrid, tribunale speciale antiterrorismo ereditato dal regime franchista, perché accusato di ‘incitamento ed esaltazione del terrorismo”. I giudici della terza sezione del tribunale speciale hanno reputato che i testi di Hasel ‘incitano alla violenza e all’odio’ e quindi lo hanno condannato ieri a ben due anni di reclusione dopo che nell’ottobre del 2011 l’artista era stato prima arrestato a LLeida, in Catalogna, e poi rilasciato su cauzione in attesa di giudizio.

Nella sentenza si legge che la prova principale della sua colpevolezza starebbe nel fatto l’artista ha riconosciuto in sede di giudizio di essere autore dei testi, difendendoli nel nome della libertà d’espressione artistica! Un po’ come quando i tribunali spagnoli rifiutano di esaminare le formali denunce per tortura dei militanti baschi che subiscono gli abusi della polizia nei commissariati e nelle prigioni perché sarebbe l’Eta a incitare i propri membri a denunciare di essere torturati. Secondo questa assurda teoria ‘giuridica’ anzi chi chiede che i propri torturatori siano giudicati e puniti dimostra così facendo di far parte di un’organizzazione terroristica.
Nella sentenza vengono anche raccolti i testi delle canzoni di Pablo Hasel. In una di queste il rapper esprime solidarietà a Manuel Pérez Martínez, membro dell’organizzazione di estrema sinistra Grapo, condannato per terrorismo e attualmente in carcere. “Grapo si difendeva dall’imperialismo e dai suoi crimini”, “penso in proiettili che mai colpiscono i nazisti” alcuni dei passaggi che secondo i togati di Madrid costituirebbero un incitamento alla violenza tanto grave da giustificare due anni di prigione, insieme ad altri versi che fanno riferimento ai baschi dell’ETA, alle lotte contro la globalizzazione ecc. “Prefiero grapos que guapos – canta in un pezzo -. Mi hermano entra en la sede del PP gritando ¡Gora ETA! A mí no me venden el cuento de quiénes son los malos, sólo pienso en matarlos” oppure “No me da pena tu tiro en la nuca, ‘pepero’. Me da pena el que muere en una patera. No me da pena tu tiro en la nuca, ‘socialisto’. Me da pena el que muere en un andamio” in un altro. Hasèl ha sempre rivolto la propria ira nei confronti della classe politica spagnola, cantando ad esempio “Siempre hay algún indigente despierto con quien comentar que se debe matar a Aznar”, “¡Que alguien clave un piolet en la cabeza a José Bono!” o “¡Merece que explote el coche de Patxi López!”. Non sono mai mancati gli strali contro i giornali controllati dall’oligarchia spagnola: “A los dueños de los periódicos El Mundo y ABC habría que asfixiarles en sus mentiras de papel. Merece una bomba Televisión Española”.
Una verve e una chiarezza – sempre confinati all’arte e alla musica – che secondo i giudici di Madrid e i media che hanno portato avanti una pesante campagna contro Pablo Hasèl costituiscono un vero e proprio ‘discorso dell’odio’ pericoloso per la società e quindi da punire, alla faccia della libertà di espressione.
Dopo la lettura della sentenza, Pablo Hasèl ha utilizzato twitter per commentare la pena appena inflittagli da quello che sotto Franco si chiamava Tribunale per l’Ordine Pubblico. “Mi sono limitato a cantare. Volevano infliggermi una pena esemplare e così mi hanno dato due anni di carcere per il fatto di scrivere canzoni, accettando esattamente quanto chiedeva la pubblica accusa, senza nessuno sconto di pena. Alla prossima infrazione dovrò scontare i due anni di carcere” ha commentato il rapper catalano, ricordando che il 29 aprile dovrà subire un nuovo processo, questa volta su denuncia del Partito Popolare (destra) che lo accusa di ‘minacce e attacco a una sua sede’. “E’ un segnale di avvertimento” ha detto Hasèl, “se non rinunci la prossima volta vai in galera”. “Non gli bastava aver perquisito e distrutto il mio appartamento portandosi via una marea di cose e neanche tenermi in galera un giorno, queste bestie fasciste non hanno nessuno scrupolo” ha aggiunto ancora il rapper che denuncia di aver appreso della sentenza attraverso la stampa, senza che il tribunale si sia premurato di comunicargli personalmente la decisione. “E’ possibile che mi sia dovuto accorgere della condanna leggendo la stampa borghese e manipolatrice? Continuano a mentire dicendo che sostengo Al Qaeda quando anche durante il processo è stato dimostrato che è totalmente falso” ha denunciato Rivadullo. “Durante il processo ho ricordato ai giudici che come comunista nelle mie canzoni parlo della lotta armata così come ne parlarono i classici del marxismo e poi il Che e altri. Lasciano un’altra strada per farla finita con l’ingiustizia, con il genocidio quotidiano degli innocenti portato avanti dal capitalismo”. “Se mie canzoni non incitano all’odio, bensì all’amore per gli oppressi, cioè nei confronti della stragrande maggioranza dell’umanità”.

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1 Commento


  • Mic

    Dove sono le superstar smandrappate e i paladini della libertà di espressione che si stracciarono le vesti per le prezzolatissime Pussy Riot?

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