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Parigi. Nuovo governo più “francese”, meno “europeista”

Se non puoi battere il nemico, alleati con lui… O almeno adottane il programma e cerca di tirare avanti.

Sembra questa la lezione – piuttosto scontata, per come è ridotta la “sinistra di governo” all’interno dell’Unione Europea – tratta da Hollande all’indomani delle elezioni amministrative che ha fatto registrare un tracollo del Partito socialista e una crescita consistente sia dell’Ump orfano di Sarkozy, della destra lepenista e della “sinistra radicale” di Melenchon (non per caso ben poco nominato tra i “vincitori” del 23-30 marzo).

E se la prima fase del mandato di Hollande si era svolta all’insegna del “rispetto dei trattati Ue” e dell’austerità imposta dalla Troika, il “nuovo corso” si annuncia un tantino più conflittuale. O almeno ci proverà.

Il nuovo ministro francese dell’Economia è Arnaud Montebourg, considerato il profeta del “patriottismo economico”. Fu lui uno dei teorici del “no” nel referendum sulla Costituzione europea nel 2005; e fu una vittoria ben poco rivendicata dai “socialisti” d’oltralpe, allora all’opposizione. Ma anche il nuovo presidente del consiglio, Manuel Valls, può vantare un curriculm assai simile. Un fautore dell’”ordine” e della mano dura all’interno del paese, ma anche un avversario del “rigore” della Troika per gli effetti negativi sull’economia (era ministro del “rilancio produttivo” e si scontrava spesso col defenestrato Ayrault). Sembra questo, del resto, l’identikit del “governante non succube di Bruxelles”: nazionalista, tendenzialmente destrorso anche se eletto “con la sinistra”.

Il compito di non spaventare troppo Berlino e Bruxelles è affidato a Michel Sapin, un noto “ortodosso” neoliberista in materia di risanamento del bilancio, a ministro delle Finanze. Equilibrismi complicati, perché all’atto pratico la Francia dovrà scegliere tra il mantenimento – costoso – dell’asse di ferro con Merkel e Weidmann, oppure scartare verso la leadership dei “Pigs”, sia pure con un segno sociale marcatamente di destra.

Basterà questo a rilanciare il Ps? È lecito dubitarne. Il percorso sembra piuttosto simile a quello dei governi italiani recenti, col passaggio dei poteri da un “funzionario” ortodosso come Enrico Letta a un “populista di governo” come Renzi. Ci si può dunque attendere un tentativo di costruire allenaze un po’ più attente a “riequilibrare” il predominio tedesco, a offrire una sponda più sensibile alle esigenze statunitensi (sia in materia economica che militare), ma senza affatto lacerare il tessuto ferreo della costruenda Unione Europea.

Insomma: “dare l’impressione di un cambiamento”. Ma solo quella.

 

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