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La Corte Suprema argentina condanna Standard & Poor’s

Continua il braccio di ferro tra le autorità argentine e le istituzioni finanziarie internazionali, accusate di aver speculato e manipolato negli scorsi anni i dati provocando o comunque accelerando un crack finanziario costato carissimo al popolo argentino. Questa volta nel mirino c’è finita una delle più importanti agenzie di rating internazionali, additate da analisti e governi di mezzo mondo come arbitri tutt’altro che imparziali e spesso al servizio di grandi interessi privati quando non addirittura delle grandi potenze.

La gravissima crisi finanziaria dell’Argentina ebbe inizio nel dicembre 2001, con una grossa emorragia di capitali verso l’estero. L’allora governo guidato da Fernando de la Rua applicò il “corralito”, ovvero il blocco dei conti correnti in tutto il Paese che paralizzò il sistema finanziario e l’intera economia scatenando durissimi scontri di piazza e una vera insurrezione popolare che si concluse con 32 morti e centinaia di feriti. La repressione selvaggia scatenata dal governo non riuscì a evitare la destituzione di Fernando de la Rua. Il suo successore convertì d’autorità in pesos tutti i depositi in dollari rimasti intrappolati nel paese dal ‘corralito’ scatenando nuove imponenti proteste.

L’altro ieri la Corte suprema di Buenos Aires ha condannato l’agenzia di rating statunitense Standard & Poor’s (S&P) al pagamento di una multa, una condanna motivata dal fatto che S &P, durante la crisi del 2002, sfociata nel default dell’Argentina, sovrastimò le emissioni di titoli delle filiali argentine di banche statunitensi come Citigroup e Bank Boston (due anni dopo il default dell’Argentina assorbite da Bank of America).

I magistrati argentini hanno sancito che S&P ha qualificato i titoli di alcune banche con un rating molto più elevato del dovuto, conferendo quindi un’elevata affidabilità, a titoli che invece meritavano valutazioni allarmistiche che ne scoraggiassero l’acquisto. E ciò oltretutto senza comunicare dati di importanza rilevante alla Comision Nacional de Valores (Cnv), l’equivalente argentino della Consob. I giudici della Corte costituzionale hanno confermato la condanna al pagamento di 20mila pesos (2490 dollari), comminata dalla Borsa valori argentina. Una multa certamente ridicola dal punto di vista quantitativo, ma una sanzione sicuramente di grande importanza simbolica.

Inoltre la Corte costituzionale di Buenos Aires ha condannato anche i direttori esecutivi e i membri del Consiglio di valutazione della S&P accusandoli di aver compromesso la sicurezza giuridica a danno dei risparmiatori argentini, imputando all’agenzia di rating una “mancanza di professionalità e trasparenza”. 

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