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Controsanzioni spaziali della Russia contro Gps e satelliti Usa

Da quando è iniziata la “crisi Ucraina” la Russia è oggetto di numerose sanzioni economiche e diplomatiche da parte dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e di altri paesi come Canada e Giappone, intenzionati a piegare la reazione di Mosca la colpo di stato filoccidentale che a fine febbraio ha portato al potere a Kiev i partiti di estrema destra di obbedienza atlantica.

Per ora Mosca aveva adombrato la possibilità di chiudere all’Europa i rubinetti del suo gas, sapendo che si tratta comunque di un’arma a doppio taglio: molti paesi europei sono completamente dipendenti dal gas russo che passa per l’Ucraina, ma è pure vero che se Mosca smettesse di vendere all’Ue il suo prezioso carburante in segno di ritorsione per l’aggressione e l’accerchiamento alle quali è sottoposta vedrebbe le sue casse svuotarsi molto rapidamente, e i tempi necessari a deviare gasdotti e oleodotti verso la Cina sono troppo lunghi. Inoltre minacciare il taglio del gas all’Europa significa favorire Washington che infatti, mentre inviava bombardieri e migliaia di militari nelle Repubbliche Baltiche, in Polonia e in altri paesi di frontiera con la Federazione Russa, si è subito proposta come possibile rifornitore di idrocarburi ottenuti tramite la micidiale pratica dello shale gas al posto di Mosca.
E quindi ora il Cremlino ha cambiato strategia. Da una parte pretende dal regime golpista ucraino il pagamento dei consistenti debiti finora accumulati e il pagamento anticipato del gas venduto a Kiev dalla Gazprom, dall’altra minaccia il fronte occidentale sul fronte delle tecnologie spaziali e militari.
Qualche giorno fa il governo russo, per bocca del vicepremier Dmitri Rogozin, ha fatto sapere di non avere più intenzione di concedere agli Stati Uniti l’uso dopo il 2020, come inizialmente previsto, della Stazione Spaziale Internazionale. La stazione spaziale orbitale è un progetto che vede coinvolti fondi e agenzie spaziali di 16 diversi paesi, tra cui quelle della Russia (Roscosmos), la Nasa statunitense e l’Esa europea. “Il segmento russo della ISS può esistere in maniera indipendente da quello statunitense mentre quello di Washington non può funzionare autonomamente da quello russo” ha informato Rogozin. Si tratta di un notevole inconveniente per gli Stati Uniti: per la Iss la collaborazione di Mosca è indispensabile perché le uniche navicelle in grado di la stazione e dare il cambio agli equipaggi sono le Soyuz visto che Washington ormai da tempo ha mandato in pensione gli Shuttle.

Inoltre, il vicepremier russo ha informato che dal prossimo primo giugno Mosca sospenderà il funzionamento in tutto il suo territorio di 11 ricevitori del sistema di navigazione satellitare statunitense GPS, affermando che la decisione potrebbe essere rivista nel caso in cui gli Stati Uniti accettino di installare sul proprio territorio l’infrastruttura necessaria al funzionamento del sistema di navigazione satellitare russo Glonass. In caso contrario lo spegnimento del GPS sarà definitivo a partire dal primo settembre. Si tratterebbe di un colpo durissimo all’egemonia statunitense in questo campo, che ha evidenti fini anche militari, dopo che anche l’Unione Europea ha sviluppato un suo sistema di georilevazione satellitare alternativo al Gps, denominato Galileo.

La lista di sanzioni più o meno mascherate, alcune delle quali per ora solo minacciate, nei confronti di Washington non è finita qui. Il Cremlino ha fatto sapere di aver intenzione di proibire la vendita agli Stati Uniti dei suoi motori necessari al lancio dei satelliti militari. Questi motori – gli RD-180 e gli NK-33 – saranno ceduti alla controparte solo nel caso in cui Washington garantisca il loro esclusivo utilizzo a fini civili. Rogozin ha spiegato che lo stop alla vendita dei motori russi per i missili Usa è la risposta alla decisione americana di sospendere la concessione di nuove licenze. “Ci preoccupa continuare a sviluppare progetti di alta tecnologia con un socio così poco affidabile come sono gli Stati Uniti” ha detto senza peli sulla lingua Rogozin che pure ha negato l’evidenza, cioè che le misure decise negli ultimi giorni rappresentino una forma di contro sanzione russa nei confronti degli Stati Uniti. 

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