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Libia: «Khalifa Haftar prova a diventare il nuovo raìs»

Scon­tri tra mili­zie, attac­chi al Con­gresso, omi­cidi eccel­lenti. La Libia è un campo di bat­ta­glia, in cui emerge il ruolo del set­tan­tu­nenne gene­rale Kha­lifa Haf­tar: che già a feb­braio aveva annun­ciato in inter­net di voler agire con­tro il governo di tran­si­zione. Ne abbiamo par­lato con lo sto­rico e gior­na­li­sta Angelo Del Boca, pro­fondo cono­sci­tore dell’area e del paese.

A tre anni dall’uccisione di Muham­mar Ghed­dafi, le sue parole tor­nano come una pro­fe­zia: senza di me, il caos aveva detto.

Sì, Ghed­dafi poteva avere tanti difetti, ma cono­sceva bene il suo paese, diviso in mol­te­plici fazioni dif­fi­cili da gover­nare e per cui è quasi impos­si­bile otte­nere un equi­li­brio. Era anche un uomo con molte qua­lità, che ho cono­sciuto per­so­nal­mente. Nel ’96 ho par­lato con lui per due ore e un quarto. Alla fine, uscendo dalla tenda, mi ha detto in inglese che mi rin­gra­ziava per i miei libri: «scri­vendo del suo paese, lei ha scritto del mio», ha detto. Di certo non meri­tava di finire in quel modo, umi­liato e lin­ciato il 20 otto­bre del 2011. Come si ricor­derà, la Nato e 17 paesi ave­vano mosso guerra alla Libia per quasi un anno, pro­vo­cando 36 miliardi di danni. Ghed­dafi si era arroc­cato a Sirte, la nuova capi­tale, insieme alla fami­glia e ai suoi, ma ha dovuto abban­do­narla per man­canza di cibo e armi. E allora ha com­messo un errore fatale, usando il Gps satel­li­tare: che è stato inter­cet­tato dalla base di Sigo­nella e sono par­titi i droni. E poi i Mirage fran­cesi. Ghed­dafi allora era soprav­vis­suto, ma venne tro­vato e ucciso bar­ba­ra­mente. E sono in molti a pen­sare che a volerlo fosse stato in par­ti­co­lare l’ex pre­si­dente fran­cese Nico­las Sar­kozy, che aveva rice­vuto molto denaro libico per la sua cam­pa­gna elet­to­rale e non voleva imba­razzi. E adesso c’è il caos. Pre­si­denti del con­si­glio che scap­pano in Europa e poi tor­nano, i Fra­telli musul­mani, gli attentati…

E ora il gene­rale Haf­tar, legato alla Cia, che si pro­pone come carta vincente.

Di fronte al caos asso­luto, Kha­lifa Haf­tar è un per­so­nag­gio capace di pro­durre qual­cosa di nuovo e potremmo tro­varci di fronte a una svolta. Per iro­nia della sto­ria, può assu­mere il ruolo di suc­ces­sore di Ghed­dafi. Ha com­bat­tuto al suo fianco fino all’avventura (sba­gliata) intra­presa dal Colon­nello con la guerra al Ciad, tra il 1978 e l’87. Haf­tar fu pri­gio­niero dell’esercito cia­diano e in car­cere cam­biò idea. Venne libe­rato dagli Stati uniti, si allenò da loro insieme a un cen­ti­naio di uomini per anni, forag­giato e costruito come per­so­nag­gio anti-Gheddafi. E poi a un certo punto Ghed­dafi cam­bia idea, accetta di con­se­gnare quella che pom­po­sa­mente era defi­nita la bomba ato­mica (una pagliac­ciata). Ricordo le cin­que ton­nel­late di armi in par­tenza per gli Stati uniti. Non era più il «cane pazzo» come lo aveva defi­nito Ronald Rea­gan, ma un alleato fedele dell’Occidente, baluardo con­tro il fon­da­men­ta­li­smo isla­mico. Il ruolo di Haf­tar venne così ridi­men­sio­nato. Il gene­rale rimase vent’anni negli Usa. Ma quando Ghed­dafi è ridi­ven­tato il cat­tivo, per Sar­kozy e gli altri, è tor­nato in auge. Nel 2011, è rien­trato a Ben­gasi e ha coman­dato le forze di terra del Con­si­glio nazio­nale di tran­si­zione. E ora sta otte­nendo appoggi impor­tanti da parte delle mili­zie di Zin­tan, che hanno com­bat­tuto Ghed­dafi ma non sono isla­mi­ste, e si oppon­gono a quelle di Misu­rata, alleate ai jiha­di­sti. E si vede anche l’aviazione, con­trol­lata dai gover­na­tivi. Nel vuoto di potere esi­stente, Haf­tar è il suc­ces­sore di Ghed­dafi con­tro l’avanzata islamista.

E qual è il ruolo dei soste­ni­tori di Gheddafi?

Circa 600.000 si sono spo­stati in Tuni­sia, quasi un milione in Egitto. La popo­la­zione libica è di 5–6 milioni, si tratta dun­que di cifre con­si­de­re­voli. Sono scap­pati con le armi e ora tor­nano. Haf­tar è appog­giato anche dall’Egitto, spa­ven­tato dall’idea di avere un paese ancora più insta­bile e nelle mani dell’aborrita Fra­tel­lanza musul­mana. Haf­tar ha orga­niz­zato il suo ritorno, ha costruito alleanze, nel futuro ci potreb­bero essere sorprese.

E c’è lo sce­na­rio sta­tu­ni­tense. L’attacco al con­so­lato di Ben­gasi in cui è rima­sto ucciso l’ambasciatore Chris Ste­vens è un tal­lone di Achille per le ambi­zioni della segre­ta­ria di Stato Usa Hil­lary Clinton.

Senz’altro. La cre­scente soma­liz­za­zione della Libia ha anche por­tato alla caduta della pro­du­zione petro­li­fera. Da 1.800.000 barili si è scesi dra­sti­ca­mente a 200.000, il che col­pi­sce diret­ta­mente l’Italia. E di recente le mili­zie hanno ten­tato anche di ven­dere il petro­lio per conto loro. Una svolta nel paese potrebbe avere grossi effetti nell’area, e anche sull’Algeria, un paese in mano ai soldati.

* Il Manifesto del 20 maggio

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