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Libia. Gli Stati Uniti aumentano l’operatività militare nel Mediterraneo

Gli Stati Uniti hanno inviato una nave anfibia d’assalto (di fatto una piccola portaerei) al largo della costa libica con a bordo circa 1.000 marines. Obiettivo ufficiale dell’operazione è quello di essere preparati nel caso in cui l’ambasciata degli Stati Uniti e i cittadini statunitensi in Libia dovessero essere evacuati. Lo rende noto un funzionario del Pentagono. La nave USS Bataan già dai prossimi giorni sarà in zona operativa. Oltre ai 1.000 marines a bordo , la Bataan e’ dotata di diversi elicotteri da combattimento.

Gli Stati Uniti hanno raccomandato a tutti i loro cittadini di lasciare “immediatamente” la Libia, a causa della situazione “imprevedibile ed instabile” nel paese.”I viaggiatori siano consapevoli del fatto che essi potrebbero essere rapiti, attaccati o uccisi”, ha avvertito il Dipartimento di Stato. “A causa di problemi legati alla sicurezza, è stato limitato il personale dell’ambasciata americana a Tripoli, che non ha quindi che mezzi molto limitati per aiutare i cittadini americani in Libia”, specifica la nota statunitense.

Il problema è che di statunitensi in Libia sembra che ce ne siano parecchi e non siano proprio dei “viaggiatori” o dei tecnici delle compagni petrolifere.

A dicembre per esempio, sono stati arrestati dei soldati americani vicino Sebratha. La versione ufficiale riportava l’arresto di 4 membri dell’ambasciata americana a Tripoli perchè i militari erano privi di documenti di riconoscimento.
Ma questa versione era stata subito smentita dalle foto che mostrano i documenti di almeno due soldati americani. Nella trattativa per il rilascio dei militari statunitensi sembrano aver avuto un ruolo di primissimo piano due esponenti di Al Qaeda in Libia: Muftah Al Dawadi e Abdulhakem Belhaj. Sembra che sia stato proprio quest’ ultimo a trasportare personalmente i militari all’ambasciata statunitense a Tripoli una volta liberi.

A marzo invece la Marina mili­tare degli Stati uniti aveva abbordato la petro­liera, bat­tente ban­diera nor­d­co­reana, Mor­ning Glory., scor­tata dai ribelli della Cire­naica, dal porto di Sidra verso le acque inter­na­zio­nali. L’operazione è stata com­piuta dal cac­cia­tor­pe­di­niere lan­cia­mis­sili Roo­se­velt, dal quale sono par­titi anche degli eli­cot­teri. Il blitz statunitense era scat­tato in acque inter­na­zio­nali, al largo delle coste sud-orientali di Cipro. La petro­liera avrebbe ten­tato di attrac­care in Egitto venerdì prima di diri­gersi in acque inter­na­zio­nali. Le auto­rità nor­d­co­reane avevano negato di avere legami con la nave che potrebbe essere gestita invece da una com­pa­gnia che opera nel porto di Ales­san­dria d’Egitto. La petro­liera prima di essere fer­mata, avrebbe ten­tato di navi­gare nel Medi­ter­ra­neo in cerca di un acqui­rente per il petro­lio cari­cato in Libia. La petro­liera era stata ricon­dotta in Libia dal cac­cia­tor­pe­di­niere Usa, Stout.

Per le azioni operative in Libia e nel Mediterraneo, oltre la nave USS Bataan, gli Stati Uniti hanno a disposizione altri 250 marines, con sette velivoli nella base italiana di Sigonella, in Sicilia. A metà maggio infatti gli Stati Uniti hanno raddoppiato il numero di aerei nella base di Sigonella, da utilizzare in caso si rendesse necessaria l’evacuazione del personale diplomatico dall’ambasciata americana a Tripoli, di fronte di un ulteriore peggioramento della situazione in Libia. Una fonte del Pentagono ha confermato che “nella notte” del 19 maggio sono arrivati a Sigonella altri quattro aerei V-22 Osprey – ia decollo e atterraggio verticale- che vano ad aggiungersi agli altri quattro velivoli che la scorsa settimana hanno trasportato i 200 marines trasferiti in Italia dalla base Usa di Moron, in Spagna. Questo tipo di aereo può portare almeno una ventina di passeggeri, ed è pronto al decollo con sei ore di preavviso. La base militare di Moron, in Spagna è quella che ospita il quartier generale Marine Air-Ground Task Force Crisis Response, l’unità di intervento rapido creata dopo l’attacco al consolato di Bengasi, quando, l’11 settembre del 2012, l’ambasciatore Christopher Stevens e tre soldati americani furono uccisi prima che riuscissero ad arrivare i marines.

 

 

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