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Iraq: Baghdad accusa l’Arabia Saudita: “finanzia i terroristi”

Nuove conquiste nelle ultime ore per i ribelli dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), che proseguono l’offensiva lanciata la scorsa settimana. Gli estremisti sunniti sono riusciti a conquistare ieri Tal Afar, enclave sciita nella provincia a maggioranza sunnita di Ninive, 380 km a nord-ovest della capitale. Dopo ore di combattimenti, gli insorti sono entrati nella città di 20.000 abitanti e nell’aeroporto mentre soldati e poliziotti sono fuggiti lasciando sul posto le proprie armi. Lungo il confine con la Siria, i combattenti jihadisti hanno anche occupato il posto di blocco iracheno di al Qaem, uno dei valichi di frontiera con la Siria.

Nel frattempo è in corso una battaglia a Baquba, a soli 60 km da Baghdad. Discordanti le informazioni che giungono dal capoluogo della provincia di Diyala (nel centro del paese). Per alcune ore i combattenti dell’Isil hanno tenuto il controllo di alcuni centri circostanti e dei quartieri orientali, ma poi sarebbero stati respinti dai soldati regolari e dai miliziani sciiti. Da Baquba, porta di accesso alla capitale che dista solo un’ora, sarebbero fuggite centinaia di persone mentre ci sarebbero state almeno 44 vittime.

Ora la popolazione irachena teme un’escalation drammatica nei combattimenti, con i ribelli sunniti ormai alle porte di Baghdad e l’esercito regolare che non sembra in grado di contrarrestare l’avanzata degli estremisti. Il paese rischia la deflagrazione e un processo di pulizia etnica da parte delle due maggiori comunità, gli sciiti che rappresentano il 65% della popolazione e i sunniti il 33% (esclusi i curdi del nord che vivono di fatto in una sorta di stato semindipendente). Ieri sera a Baghdad la polizia ha trovato i corpi di quattro ragazzi sunniti, uccisi a colpi di arma da fuoco e lasciati sulla strada, in un’area sciita nella parte orientale della capitale. Un’azione che ricorda le violenze del 2006 e 2007, compiute soprattutto dalle milizie sciite e che hanno favorito l’identificazione di una parte della comunità sunnita con gli estremisti vicini ad Al Qaeda guidati da Al Baghdadi. Durante il periodo più oscuro, fino a 80 corpi al giorno venivano ritrovati a Baghdad e nelle zone limitrofe.

“Abbiamo paura di un massacro della minoranza sciita, se la situazione collasserà” ha dichiarato da parte sua Jaffer al-Rubaie, un funzionario governativo in pensione citato dall’agenzia Misna. Ed infatti circa 5.000 volontari iraniani sono pronti a partire per l’Iraq per difendere i luoghi santi sciiti dall’offensiva dei jihadisti. Secondo il sito internet di Teheran, Tabnak, l’appello è stato lanciato dall’organizzazione “Quartier generale popolare dei difensori dei santuari sciiti”. L’Iraq conta diversi luoghi santi per lo sciismo, a Najaf e Kerbala, a sud di Baghdad, e a Samarra, a nord della capitale. Il grande ayatollah Ali al Sistani, la più alta autorità sciita dell’Iraq, ha già lanciato un appello agli iracheni ad arruolarsi nelle forze armate per combattere l’Isil e l’Iran  sostiene il governo del Primo ministro sciita iracheno Nouri al Maliki.

Durante la propria avanzata i miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante hanno arruolato molti abitanti delle comunità che hanno conquistato ed hanno sequestrato carri armati, camion e Humvee (veicoli militari da ricognizione) statunitensi. Gli estremisti hanno assaltato e saccheggiato i depositi della Seconda divisione irachena, di base a Mosul. Tra i mezzi sequestrati ci sarebbero i carri armati T-55 di fabbricazione russa e gli statunitensi M-1 Abrams, oltre a diversi veicoli blindati Humvee. Una parte delle armi di cui sono venuti in possesso la starebbero usando contro i propri nemici in Iraq, ma una parte la starebbero trasferendo in Siria dove combattono le forze governative di Bashar al Assad. A riferirlo sono stati alcuni funzionari statunitensi. Le agenzie di intelligence di Washington affermano di aver visto pubblicate online le foto del trasferimento dei veicoli e il Pentagono, tramite il portavoce Bill Speaks, ha confermato il sequestro e il trasferimento dei mezzi statunitensi ai ribelli sunniti che operano in Siria.

Sul versante diplomatico non sono sfociati in nessun accordo concreto i colloqui tra Stati Uniti e Iran su una collaborazione in Iraq contro il dilagare dei miliziani islamisti in Iraq, che evidentemente non è considerato da Washington così grave. Pur dichiarando un “interesse condiviso” contro gli insorti dell’Isil, sembra esclusa una cooperazione militare bilaterale tra Washington e Teheran, che invece ha già dispiegato le sue forze militari nel paese.

Intanto il governo di Nouri al Maliki accusa apertamente l’Arabia Saudita di finanziare i miliziani dell’Isil e i terroristi attivi in Iraq e di “sostenerli moralmente”. Le parole del primo ministro sono una risposta diretta alle critiche mosse ieri dalle autorità saudite, che ritengono al Maliki (sciita) responsabile di “aver portato l’Iraq sull’orlo del baratro con la sua politica di esclusione dei sunniti”, chiedendo la formazione di un governo di unità nazionale. Lo scorso marzo il capo di governo iracheno aveva già puntato il dito contro Arabia Saudita e Qatar.

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