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Croazia: la troika impone nuove privatizzazioni

Nonostante le proteste popolari e sindacali degli ultimi mesi che hanno in alcuni casi rallentato o bloccato l’opera del governo, l’esecutivo di Zagabria sta lavorando intensamente a un documento strategico che mira alla rapida privatizzazione delle quote di proprietà statale in una serie di aziende che a detta della maggioranza parlamentare “non svolgono attività di interesse pubblico”.
A riportare ieri la notizia è stato il giornale Jutarnji list di Zagabria, indicando che il piano di privatizzazioni fa parte del pacchetto delle cosiddette raccomandazioni – leggasi imposizioni – della Commissione europea rivolte alla Croazia un mese fa, nell’ambito della valutazione complessive delle politiche economiche del Paese. Bruxelles aveva infatti consigliato alla Croazia, uno dei pochi Paesi Ue a non mostrare ancora segnali di ripresa, di non aumentare la pressione fiscale come avvenuto in Italia, Portogallo, Grecia e Spagna, ma di aumentare i tagli alla spesa, in particolare alla pubblica amministrazione, e di dare una sforbiciata netta alle società partecipate e statali.

Zagabria prevede di presentare entro ottobre un piano di vendita di quote minoritarie in decine di società che operano in diversi settori. Secondo Bruxelles in Croazia il ruolo e la partecipazione dello Stato in settori che non possono essere considerati di interesse pubblico è ancora troppo forte, specie se paragonato agli altri membri dell’Ue. Per ora non è noto quali aziende verranno (s)vendute, ma si suppone che il piano di dismissioni interesserà tutte quelle in cui lo Stato croato detiene quote minoritarie, di cui molte operano nel settore del turismo (l’unico trainante nel paese) o dei trasporti.
Questa settimana intanto, senza attendere il piano di privatizzazioni, è stata annunciata la vendita del 20 per cento delle azioni, l’intero pacchetto ancora in mano del governo di Zagabria, del Porto di Ploce, scalo portuale marittimo nel Sud della Dalmazia, via di accesso alla Bosnia Erzegovina. Il porto opera in positivo, viene usato per lo più come principale sbocco commerciale della Bosnia, e negli ultimi anni è stato ampliato e modernizzato, e quindi non è affatto un ‘ramo secco’ come afferma il governo di Zagabria. A essere cedute subito saranno anche il 3,3% delle azioni di Hrvatski telekom, principale operatore telefonico del Paese, da anni quasi interamente di proprietà della Deutsche Telekom. 

Sebbene il governo croato, a causa delle diffuse proteste, abbia rinunciato a privatizzare i servizi cosiddetti non-essenziali del settore pubblico del Paese, come la manutenzione o le mense nella maggior parte dei servizi pubblici (scuole, amministrazione, ospedali), i sindacati di Zagabria hanno comunque raccolto le firme per indire un referendum per prevenire la cosiddetta “esternalizzazione” che è un altro modo per smembrare e regalare ai privati parte delle infrastrutture pubbliche.
Secondo i dirigenti sindacali, nelle due settimane previste dalla legge sono state raccolte più di 600 mila firme, che rappresentano ben il 17% dell’intero elettorato. Due settimane fa il governo di Zagabria ha annunciato di preferire un modello che prevede l’istituzione di un’azienda statale centralizzata che a livello nazionale integrerà tutti i servizi finora parte delle singole istituzioni ed enti locali, garantendo così secondo l’esecutivo notevoli risparmi, ma proteggendo anche i diritti dei circa 26 mila lavoratori. Se il piano verrà realizzato la nuova società pubblica sarà tra le dieci aziende più grandi del Paese.
I sindacati insistono però affinché il referendum contro la privatizzazione si tenga comunque – e fanno bene – sostenendo che il quesito è posto in modo da proibire anche il piano di centralizzazione, proposto dal governo. A loro avviso entrambi i modelli ridurrebbero nel contempo i diritti e gli stipendi dei lavoratori e la qualità dei servizi. Sull’ammissibilità del referendum nei prossimi mesi si dovrà pronunciare il parlamento.

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