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Israele e Curdi iracheni: un connubio all’insegna del petrolio

Mentre l’Iraq si sfalda, lo Stato Islamico (ex ISIL) proclama il ritorno del califfato ed Abu Bakr Al-Baghdadi s’autoproclama califfo del neonato stato e Wali (leader) di tutti i musulmani, i rapporti economici tra Israele e i Curdi d’Iraq rifioriscono, segno di una fin troppo discreta (e segreta) amicizia che rivede la luce proprio in queste ultime convulse settimane in cui il Medio Oriente sta letteralmente esplodendo e gli equilibri stanno cambiando velocemente.

Nel deserto lasciato dalla ritirata dell’esercito iracheno (che ha abbandonato tank, blindati e jeep ai jihadisti che avanzavano senza incontrare resistenza), i Curdi, grazie all’efficiente apparato dei combattenti, i Peshmerga (letteralmente “coloro che affrontano la morte”) hanno consolidato la propria autonomia regionale riuscendo con un’operazione scaltra e rapida a evitare, nella débacle dell’esercito iracheno, di perdere il controllo di un centro nevralgico d’importanza fondamentale come la città di Kirkuk, uno dei maggiori centri d’estrazione petrolifera d’Iraq ma anche capitale storica per i Curdi, al centro di frizioni tra Bagdad ed Erbil.

Israele dal canto suo, sin dall’inizio dell’offensiva dell’ISIL, ha seguito con crescente timore il formarsi di un califfato islamico in Medio Oriente. La sua stessa esistenza è minacciata. Nella dizione “al-Shams” ovvero “la Grande Siria” è incluso tutto il Levante dunque anche Israele. E c’è un altro fronte oltre la Siria e l’Iraq: la Giordania, anch’essa minacciata dall’avanzata delle truppe jihadiste. Non è un caso che il re hashemita Abdallah di Giordania, temendo uno sforamento delle truppe dello Stato Islamico in territorio giordano, abbia dispiegato l’esercito lungo i confini con l’Iraq.

Governo Regionale Curdo: verso la creazione di uno stato consolidato?

In questo contesto d’instabilità i Curdi stanno legittimando il proprio ruolo nella regione, forti di un’autonomia amministrativa e desiderosi di ottenere, sul lungo periodo, una vera e propria indipendenza politica. Per proteggere il proprio territorio i Curdi dispongono di un esercito composto da oltre 350 mila combattenti.

La regione autonoma curda, oltre a disporre di un forte esercito, controlla direttamente il valico di frontiera con la Turchia tanto che gli stessi cittadini iracheni non curdi non sono autorizzati ad entrare nella regione se non sono ‘invitati’ (da sponsor curdi).

Sui palazzi governativi è issata e sventola non la bandiera irachena ma quella curda, si parla e s’insegna il curdo (e la lingua araba s’eclissa). Insomma se il consolidamento del Governo Regionale Curdo (Hikûmetî Herêmî Kurdistan) è un dato di fatto, le recenti mosse del leader curdo Barzani, di fronte al precipitarsi degli eventi in Iraq, ha accelerato questo processo: in primo luogo la decisione di vendere petrolio in maniera indipendente dal governo di Baghdad (attraverso un oleodotto in Turchia) ma anche il controllo strategico della città di Kirkuk ed infine il referendum per l’indipendenza (che però è questione molto più complicata).

Le dichiarazioni del ministro degli esteri israeliano Lieberman e dello stesso premier israeliano Benjamin Netanyahu (“Il popolo del Kurdistan, moderato e affidabile, merita l’indipendenza politica”) vanno in questo senso.

Israele, di fronte al collasso dell’Iraq e alla minaccia di uno stato sunnita nemico, vedrebbe di buon occhio la creazione di uno stato indipendente curdo nella regione. La chiave di questa posizione è il petrolio che Israele può acquistare direttamente dal Kurdistan il quale può trasformarsi in un insperato alleato nella regione.

Petrolio curdo in Israele

Cruciale per il governo regionale curdo è infatti vendere il proprio petrolio, bypassando l’autorità centrale del governo d’Iraq, attraverso un oleodotto indipendente. In quest’ottica è stata lanciata la nuova rotta d’esportazione verso il porto turco di Ceyhan, nella Turchia meridionale, che ha ampliato in maniera esponenziale l’export di petrolio curdo.

La vendita diretta del petrolio curdo a terzi ha provocato attriti enormi con Bagdad che sostiene che quel petrolio invece appartiene all’Iraq e deve essere venduto solo attraverso il Ministero del Petrolio di Bagdad. Dal canto loro i Curdi portestano contro Bagdad quando quest’ultimo vende petrolio a terzi senza che il Governo Regionale Curdo benefici dei dividendi della vendita.

I giacimenti curdi producono attualmente circa 120.000 barili al giorno, ma nel tempo la produzione potrebbe raggiungere i 300.000 barili. Insomma una manna dal cielo per Israele, in questi giorni impegnato nella più violenta operazione militare contro Gaza e Hamas sin dai tempi di Piombo Fuso.

Un esempio lampante di quello che potrebbe consolidarsi come pratica nel tempo è ciò che è avvenuto alcune settimane fa: un carico di petrolio curdo che ha navigato per settimane nel Mediterraneo nelle cisterne della petroliera Altai (battente bandiera liberiana) ha finito per attraccare nel porto di Ashkelon (Israele) dove sono stati scaricati milione di barili di petrolio prodotti nelle regioni curde dell’Iraq settentrionale. Dato che per anni i Curdi hanno cercato invano di raggiungere un accordo con il governo centrale sulle quote e la condivisione dei ricavi, in mancanza di un accordo, il governo regionale curdo si ritiene autorizzato a vendere il petrolio a qualsiasi acquirente, anche ad Israele, il vecchio e discreto alleato, il quale accetta di buon grado il petrolio curdo.

Curdi iracheni ed Israele: un’amicizia discreta nel nome di Abramo

I legami storici tra Israele e Curdi, mai ufficializzati ma sempre presenti, risalgono agli anni ’60 quando cioè agenti dei servizi segreti israeliani erano dislocati in territorio curdo iracheno per aiutare le autorità locali. La cooperazione si è intensificata con la caduta di Saddam Hussein e soprattutto grazie alle imprese israeliane che negli anni hanno penetrato il mercato curdo iracheno ed anche in ambito militare i peshmerga curdi hanno ricevuto adeguato addestrmento anche da parte di unità d’élite di commando israeliani.

C’è poi la tradizione secondo la quale gli Ebrei ed i Curdi avrebbero un antenato comune: il patriarca della Bibbia Abramo. E’ un’antica credenza dei Curdi d’Iraq infatti quella che Abramo fosse d’origine curda.

Una tradizione vuole infatti che Abramo nacque ad Edessa (Urfa), nell’attuale Turchia, a soli 40 km dall’attuale frontiera siriana mentre tutta la sua famiglia proverrebbe da Carre (l’attuale Harran, sita nel Kurdistan turco).

Il padre di Abramo, Terah, secondo la Bibbia, lasciò Ur per sistemarsi e morire proprio ad Harran. Esistono poi parallelismi tra Israele e il Kurdistan, entrambe nazioni non arabe ‘accerchiate’ da nemici che s’oppongono alla loro esistenza e indipendenza.

I Curdi d’Iraq guardano inoltre ad Israele come esempio di uno stato indipendente fondato su un potente esercito in grado di fronteggiare e sconfiggere più nemici (vedi Guerra dei Sei giorni). Dal lato israeliano uno stato curdo nella regione potrebbe diventare, per ragioni economiche, politiche e strategiche, un alleato prezioso, forse il più prezioso, per il proprio futuro.

Fonte:  http://www.eastonline.eu/it/opinioni/open-doors/israele-e-curdi-iracheni-un-connubio-all-insegna-del-petrolio-e-della-tradizione-di-abramo

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