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Ucraina, si spara di meno ma si spara

“Sostanzialmente tiene”. E’ questa l’ambigua formula che da alcuni giorni il regime ucraino (e il governo russo) utilizzano per descrivere la tenuta di una tregua tra Kiev e insorti del Donbass che pure ha registrato numerose violazioni. Iniziate subito dopo la proclamazione del cessate il fuoco e continuate praticamente tutti i giorni, con assalti, combattimenti e bombardamenti in numerose località, seppure con intensità minore rispetto alle fasi assai cruente delle scorse settimane. Incredibilmente, i responsabili del ‘Battaglione Donbass’ hanno accusato i loro camerati del ‘Battaglione Azov’ di aver più volte violato la tregua e di aver provocato così una escalation della tensione… stessa fede ma oligarchi di riferimento diversi.

Insomma, si spara di meno ma si spara. Soprattutto nella zona di Donetsk e del suo aeroporto, a Mariupol, in almeno un’altra decina di cittadine e villaggi situati tra le due città. Parecchi i civili e i miliziani feriti e alcuni uccisi. Anche le truppe di Kiev hanno subito alcune perdite, per la precisione 4 soldati ammessi dal Consiglio per la Sicurezza del regime. «Il ces­sate il fuoco esi­ste solo sul fronte diplo­ma­tico; nella vita reale le spa­ra­to­rie con­ti­nuano, nono­stante il pro­to­collo di Minsk» hanno affermato le autorità delle Repubbliche Popolari. Che la Giunta golpista non vuole proprio riconoscere, anche se ieri il presidente Poroshenko aveva parlato della possibilità di concedere uno statuto speciale ad alcuni cantoni delle regioni di Donetsk e Lugansk, ‘proposta’ comunque bocciata dalla Novorossija che rivendica ormai apertamente l’indipendenza.
Ma il Ministro degli Affari Esteri di Kiev, Yevhen Perebiynis, ha affermato che la firma del protocollo di Minsk “in nessun modo legittima queste entità” e che “non vi è alcuna menzione delle cosiddette “DNR” “LNR”” all’interno del documento alla base del cessate il fuoco. Secondo la giunta, il testo è basato sul “rispetto della integrità territoriale e della sovranità Ucraina”. Parole ribadite oggi anche da Poroshenko che di fatto ha negato quanto aveva affermato poche ore prima.
Negli ultimi giorni le milizie popolari sono state attaccate in numerose città, e in alcuni casi hanno dovuto retrocedere lasciando spazio all’avanzata dei battaglioni punitivi di Kiev, composti dai volontari delle organizzazioni di estrema destra. In altri casi però hanno respinto gli attacchi, catturando alcuni degli aggressori e soprattutto un gran numero di carri armati, mezzi blindati, camion lancia missili e tir pieni di munizioni. Segno che neanche la tregua ha concesso ad un esercito ucraino assai sbandato quella superiorità militare che gli oligarchi di Kiev hanno perso ormai parecchie settimane fa, quando le milizie della Novorossija hanno contrattaccato su tre diversi fronti aprendo quello del sud e accerchiando Mariupol. Per fornire alla propria opinione pubblica – i nazionalisti sono scontenti del cessate il fuoco e chiedono la ripresa in grande stile della cosiddetta ‘operazione antiterrorismo’ contro il Donbass – l’oligarca Poroshenko è addirittura volato a sorpresa nella città portuale situata sul Mar d’Azov, arringando una piccola folla di sostenitori mentre nuove unità dell’esercito e della Guardia nazionale rafforzavano le difese e in alcuni casi bombardavano le postazioni ribelli.
Intanto il capo del battaglione punitivo Aydar – quello che Amnesty International e addirittura gli osservatori dell’Osce accusano di aver compiuto crimini di guerra come rapimenti, torture ed esecuzioni sommarie contro la popolazione di Lugansk – ha avvertito di aver minato la centrale termica che se dovesse saltare lascerebbe al buio l’intero oblast.
Fermo per ora anche lo scambio dei prigionieri di guerra, iniziato lentamente nei giorni scorsi. Mentre le autorità di Kie hanno interrotto la procedura senza spiegazioni ulteriori le autorità della Nuova Russia accusano il regime di nascondere alcune centinaia di loro miliziani catturati negli ultimi cinque mesi ma non registrati come tali e quindi esclusi dallo scambio.
Continua invece la guerra di propaganda, con il presidente Poroshenko che, senza naturalmente fornire alcuna prova di quanto afferma, ha detto che la maggioranza della ‘truppe russe’ presenti finora in Ucraina avrebbero lasciato il paese. “In base alle ultime informazioni ricevute dai nostri servizi d’informazione, il 70% delle forze russe sono state ritirate” ha detto il magnate secondo il quale dopo la tregua la situazione nell’est del paese “è radicalmente cambiata”.

Ma i gruppi di estrema destra accusano apertamente Poroshenko di ‘tradimento’ e di ‘codardia’ e il clima, in vista delle elezioni parlamentari previste per il 26 di ottobre, si sta facendo già incandescente.

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