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Scozia: il ricatto delle banche e del Fmi

Non erano mancati gli allarmismi durante i mesi scorsi, da parte dei poteri forti, nei confronti degli indipendentisti catalani. Ma alle ultime battute di una campagna elettorale di fuoco – abbastanza inconsueta nella compassata Scozia – si fanno sempre più forti e minacciosi i messaggi diretti a scoraggiare coloro che il prossimo 18 settembre sono intenzionati a votare ‘si’ al distacco da Londra. Ma le intimidazioni non sembrano scoraggiare coloro che si sono iscritti ai registri elettorali, giunti già al record dell’80% degli aventi diritto, pari a circa 4,3 milioni di persone.
Da quando un sondaggio ha dato per la prima volta gli indipendentisti in vantaggio sugli unionisti è stata una vera e propria valanga di ‘avvertimenti’ da parte delle banche, dei mercati, della City, delle grandi imprese.
Di fatto, una parte consistente del settore finanziario minaccia l’esodo da Glasgow ed Edimburgo se le urne si dovessero riempire di ‘si’. Quasi all’unisono, Royal Bank of Scotland (Rbs), Lloyds Bank, Clydesdale e Tesco Bank hanno fatto sapere che trasferiranno la loro sede legale e in alcuni casi gli uffici centrali da Edimburgo a Londra in caso di vittoria dell’indipendenza. Un ricatto non da poco considerando che i gruppi finanziari danno da lavorare a migliaia di persone a nord del Vallo Adriano.

“Un trionfo dei ‘si’ genererà una reazione negativa e una forte instabilità dei mercati” ha fatto invece sapere il Fondo Monetario Internazionale. “Si tratta di un processo in corso sul quale non consideriamo appropriato rilasciare commenti – ha mentito il portavoce dell’organismo, William Murray durante una conferenza stampa, durante la quale ha segnalato però che gli effetti a lungo termine dipenderanno dalle decisioni che si adotteranno nel corso di un’eventuale transizione. “Il principale effetto immediato è la probabile incertezza sulla transizione verso un potenzialmente nuovo e diverso contesto monetario, finanziario e fiscale della Scozia” ha fatto notare Murray, secondo il quale ciò genererebbe una reazione negativa dei mercati.
Nei giorni scorsi la Banca Centrale di Londra aveva avvertito che in caso di separazione della Scozia il nuovo paese sarebbe stato escluso dalla sterlina inaugurando la serie di dichiarazioni terroristiche atte a contrastare gli argomenti del fronte indipendentista. All’interno del quale non esiste un’unica strategia su quale tipo di politiche monetarie adottare in caso di indipendenza: se per alcuni la sterlina andrebbe mantenuta come moneta del nuovo stato (anche se il suo controllo resterebbe completamente nelle mani dei banchieri e del governo di Londra) per altri potrebbe essere l’occasione di adottare l’Euro e per altri ancora di creare una nuova moneta scozzese meno pesante della sterlina e quindi in grado di favorire le esportazioni.
Fuori dal coro l’opinione di Martin Gilbert, chief executive di Aberdeen Asset Management, che é il maggiore gestore di fondi in Scozia, secondo il quale «la Scozia indipendente sarebbe un enorme successo».

Ad una settimana dal referendum, il primo ministro scozzese, il nazionalista socialdemocratico Alex Salmond, ha ovviamente accusato il governo britannico e le sue istituzioni di intimidazione nei confronti dei cittadini intenzionati a inserire nelle urne il proprio ‘si’. In effetti sarebbe stato il Ministero del Tesoro di Londra a passare ai giornalisti della Bbc la notizia, fino a quel momento riservata, della decisione da parte della  Royal Bank of Scotland – che ha sede in Scozia dal 1727 – di trasferirsi in Inghilterra in caso di affermazione dei sovranisti. “Le promesse dell’ultima ora della campagna unionista non inganneranno nessuno in Scozia” ha affermato Salmond riferendosi alle dichiarazioni di Cameron secondo il quale il governo britannico sarebbe pronto a varare un aumento delle competenze del governo di Edimburgo nei settori dell’economia, della finanza e del welfare. “Nel referendum del 1979 si disse agli scozzesi di votare ‘no’ perché gli sarebbe stata concessa da Londra più autonomia ma poi abbiamo avuto Margaret Thatcher, la deindustrializzazione, la poll tax e il sistema fiscale più ingiusto di tutti i tempi” ha ricordato il leader dello Scottish National Party.

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