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Messico: scioperi e cortei per gli studenti rapiti e uccisi dalla polizia

Non accenna a calare la mobilitazione in Messico, in particolare nello Stato del Guerrero, dove la scorsa settimana la polizia del municipio di Iguala e alcuni pistoleros al soldo dell’oligarchia locale hanno sparato agli studenti che preparavano una mobilitazione in occasione delle celebrazioni della strage di Tlatelolco, il 2 ottobre del 1968, uccidendo giovani alunni della ‘Normal Rural’ di Ayotzinap e alcuni passanti. Da quel giorno sono ben 43 gli studenti di cui si sono perse completamente le tracce, e la comunità locale, le forze di sinistra e i sindacati accusano la polizia e i sicari di averli sequestrati.

Ieri e oggi decine di migliaia di persone sono scese in strada in diverse località dello stato di Guerrero, nel sud del Messico. Uno dei cortei ha bloccato per ore l’autostrada Chilpancingo-Acapulco per chiedere che i 43 ‘desaparecidos’ vengano restituiti subito alle loro famiglie.
Nel 46° anniversario della strage degli studenti perpetrata dalle forze di sicurezza a Plaza de las Tres Culturas, a Città del Messico, i familiari dei giovani uccisi, feriti o scomparsi hanno bloccato il transito degli automezzi sulla Autopista del Sol nei due sensi di marcia utilizzando 30 autobus. A manifestare con loro c’erano molti studenti delle scuole ‘Normales’, come quella frequentata dai giovani scomparsi, dedicate alla formazione dei maestri dell’istruzione primaria, provenienti da tutto il Guerrero ma anche da altri stati del Messico come Michoacán, Sonora, Chihuahua, Durango, Chiapas e Morelos.
Per l’occasione le organizzazioni studentesche hanno convocato uno sciopero generale a oltranza negli Istituti Politecnici di tutto il Messico, non solo per sostenere la lotta degli studenti del Guerrero e per chiedere la liberazione dei rapiti e denunciare la repressione, ma anche per protestare contro l’ennesima legge che impone una privatizzazione di fatto dell’istruzione pubblica promossa dal governo del liberista Enrique Peña Nieto, in carica ormai dal 2012. Esecutivo che ha appena varato una ‘riforma’ del sistema energetico che per la prima volta dopo 75 anni mette fine al monopolio nel settore dell’impresa statale Pemex, per affidare alla gestione di imprese private – soprattutto multinazionali statunitensi ed europee – la gestione di una delle poche ricchezze di cui gode il paese.
Lo scorso 30 settembre un corteo di oltre 50mila studenti ha invaso la capitale federale Città del Messico al grido di “non siamo cani, siamo studenti!” arrivando fin sotto la sede del Governo, resa inaccessibile da un imponente schieramento di polizia in assetto antisommossa.
“Vivi se li sono presi e vivi li rivogliamo” si leggeva invece sugli striscioni portati in strada dai manifestanti ieri e oggi a proposito dei ragazzi scomparsi, di cui si sono perse le tracce dopo che nella notte fra venerdì e sabato scorsi la polizia municipale sostenuta da civili armati – e con la collaborazione dei narcos – ha brutalmente represso una protesta degli studenti. I dimostranti hanno chiesto a gran voce le immediate dimissioni del governatore dello stato di Guerrero, Ángel Aguirre, che almeno questa volta non ha mandato la polizia a disperdere la manifestazione. Angèl Aguirre Rivero, per anni dirigente di punta del Partito Rivoluzionario Istituzionale – una sorta di Democrazia Cristiana al potere per decenni fino a pochi anni fa – è attualmente un esponente assai discusso del Partito Rivoluzionario Democratico (che ora sembra intenzionato a espellerlo), partito di sinistra moderata ormai scivolato su posizioni consociative e spesso connivente con il corrotto apparato di potere di uno dei paesi più ingiusti e insicuri del continente. Il suo nome è associato anche ad altri massacri, come quello di El Charco del 1998, e Aguirre fu ritenuto responsabile anche dell’uccisione di altri due “normalistas” nel 2011.

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