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Tiro al piccione su Donetsk, ucciso un volontario svizzero della Croce Rossa

Ormai i combattimenti e i bombardamenti nelle città dell’Ucraina Orientale sono tanti e di tale intensità che parlare di ‘cessate il fuoco’ vuol dire dare per buona una chiave di lettura di quanto sta accadendo in quei territori che può soddisfare sicuramente l’esigenza del regime di Kiev di dare un’immagine di normalità, ma non la realtà dei fatti.

Dopo gli 11 morti provocati dai missili che hanno centrato una scuola e un pulmino in un quartiere di Donetsk a 4 chilometri dall’aeroporto teatro di durissimi combattimenti, ieri è stato il centro della città ad essere preso di mira dai bombardamenti dell’artiglieria governativa.

Cannonate e colpo di mortaio si sono abbattuti su un centro commerciale, per fortuna chiuso, senza quindi causare vittime, ma hanno anche ucciso un operatore svizzero della Croce Rossa – Laurent Etienne Du Pasquier, 38 anni, di Ginevra – colpito mentre si trovava vicino alla sede dell’istituzione internazionale. Colpito anche un palazzo di nove piani nella zona dell’Università.

Incredibilmente l’Unione Europea, che prima ha sostenuto il golpe contro il governo legittimo del paese ed ora sostiene un regime che ha scatenato il proprio esercito contro una parte della popolazione che rifiuta i nuovi governanti, si è detta «preoccupata dall’intensificarsi» dei combattimenti nell’est dell’Ucraina e ha ricordato la «necessità di uno stretto rispetto del protocollo sul cessate il fuoco del 5 settembre e del memorandum attuato dal 20 settembre». Una dichiarazione cinica e strumentale che non ha evidentemente l’obiettivo di richiamare all’ordine i nazionalisti di Kiev ma al contrario di giustificare l’aggressività dell’Unione Europea contro la Russia, accusata di non voler tenere a freno i guerriglieri delle Repubbliche Popolari e per questo colpita da sanzioni riconfermate solo pochi giorni fa nonostante le rassicurazioni in senso contrario delle scorse settimane.

Mosca risponde come può: ieri il Comitato Investigativo russo ha aperto un’inchiesta per genocidio nei confronti del ministro della difesa ucraino, Valeri Gheletei, del capo di stato maggiore di Kiev, Viktor Muzhenko e del comandante della 25/ma brigata delle forze armate golpiste, Oleg Mikas.

Intanto proseguono gli scontri per il controllo dell’aeroporto di Donetsk, dove si assiste a continui capovolgimenti di fronte e a un bagno di sangue: se nei giorni scorsi le milizie avevano colpito un veicolo ucraino per il trasporto truppe uccidendo nove militari, l’altro ieri è stato l’esercito a uccidere 7 miliziani durante un attacco in grande stile. Comunque ormai le forze armate della Nuova Russia controllano una parte importante dello scalo, ormai ridotto in macerie ma obiettivo fondamentale per ricacciare indietro l’esercito ucraino e impedire così che l’aeroporto continui ad essere utilizzato per bersagliare la città e continuare a massacrare civili.

La continuazione della guerra nell’est del paese continua a provocare problemi alla Giunta golpista che si appresta a gestire le elezioni politiche del 26 ottobre. Ieri a Leopoli, culla dell’estrema destra nazionalista nell’ovest dell’Ucraina, i parenti di molti soldati inviati al fronte hanno bloccate alcune strade della città chiedendo il ritorno a casa dei loro familiari, e affermando che il battaglione in cui i giovani combattono è stato creato dal governo per difendere la regione in caso di attacco e non per essere mandato allo sbaraglio.

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