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Corrispondenze dal Messico: cosa succede agli studenti

 

Il 2 di Ottobre a Città del Messico, Districto Federal (DF), si celebra la memoria degli studenti uccisi nella Matanza del Tlatelolco (1968) con una manifestazione che ricorda le vittime e rilancia una giornata di lotta con l’inno “dos de Octubre no se olvida, lucha dura y combativa”. Quest’anno la marcia che ha attraversato il DF non portava con sé solo una ferita ancora aperta (nessuno dei responsabili governativi della mattanza è mai stato punito), ma veniva attraversata trasversalmente da una serie di tematiche che sono strettamente connesse con l’avanzata delle politiche neoliberiste messe in atto dal governo di Peña Nieto del PRI (Partido Revolucionario Institucional).

All’altissimo livello repressivo che accompagna la gestione dell’ordine pubblico, i collettivi e le organizzazioni “antagoniste” messicane parlano di 300 mila desaparecidos negli ultimi 8 anni ed è recente la scomparsa di 43 studenti nello Stato di Guerrero a seguito di una semplice colletta, proprio per partecipare alla manifestazione del 2 ottobre, degenerata in una folle macelleria poliziesca- si sommano la riforma universitaria che mira ad una dequalificazione del titolo conseguito a seguito della laurea di primo livello e una riforma approvata recentemente che privatizza il petrolio. Inoltre nella riforma universitaria varata dal consiglio del Instituto Politecnico Nacional (IPN) è compreso anche il dislocamento della sede del IPN, che attualmente si trova in zona centrale, per spostarlo nella periferia del DF in una incredibile assonanza con le pratiche di governo che ricordano l’attuale accordo sull’area Staveco di Bologna che mira ad “alleggerire il carico” di via Zamboni, o più semplicemente ad isolare l’area universitaria, possibile (la storia lo dimostra) teatro di opposizioni nel tessuto cittadino.

La risposta del IPN, tradizionalmente uno dei più combattivi (studenti del medesimo erano anche molti dei morti durante la matanza del tlatelolco), non si è fatta attendere e subito si sono aggiunti i collettivi delle altre Università del DF. Il grande gigante si stava svegliando.

Il 30 di Settembre 20 mila studenti (alcune fonti parlano di addirittura 40 mila) si sono riversati nelle strade per ottenere udienza dal ministro dell’educazione Osorio. Arrivati alla sede del Ministero hanno obbligato Osorio a uscire di fronte alla marea che animava le strade e lo hanno “gentilmente invitato” a leggere le richieste formulate dal Esime Zacatenco, collettivo del IPN, e a riconoscere ufficialmente il movimento politico studentesco. Il ministro Osorio dopo aver letto le richieste ha promesso una soluzione in meno di mezzora di lavoro, ma gli studenti hanno risposto: “No, grazie. Quello che lei vuole fare non è il risultato della buona volontà delle istituzioni, piuttosto è il risultato della mobilitazione. […] Il governo non detta più i tempi, li detta il movimento”. Così è stato dato appuntamento per Venerdì, il giorno dopo la grande manifestazione per la memoria della Matanza del Tlatelolco.

La manifestazione del 2 Ottobre ha attraversato il Districto Federal per terminare in piazza dello Zócalo, sede del governo, senza particolari “incidenti”. È saltato infatti subito all’occhio l’assenza completa di poliziotti o granaderos lungo tutto il percorso, in una giornata che negli ultimi 5 anni ha registrato violenti scontri con le “forze dell’ordine” e una risposta repressiva che ha comportato una decina di arresti politici. Vi era invece la sola presenza di barriere metalliche lungo tutte le strade più vicine allo Zócalo.

La composizione sociale del corteo è stata delle più variegate possibile: marciavano uniti famiglie, campesinos, alcune associazioni queer-gender, i sindacati di lavoratori in lotta, spezzoni anarchici e gli studenti che in gran numero da giorni manifestano nel DF. Arrivati in piazza dal palco ha parlato l’associazione per le vittime della matanza del tlatelolco chiedendo che questa repressione da macelleria cessi una volta per tutte, con un particolare riferimento ai 43 desaparecidos della città di Iguala (su cui ha chiesto di fare chiarezza persino l’ONU). A seguito della manifestazione, Venerdì 3 Ottobre, il segretario Osorio ha annunciato le dimissioni della direttrice del IPN Yoloxóchitl Bustamente, l’annullamento dei nuovi piani di studio e del regolamento interno che doveva rendere i laureati di primo livello non più ingegneri, ma tecnici, con un chiaro risparmio sulla forza lavoro da parte delle imprese. In un paese come il Messico studiare per 4 anni di laurea di primo livello, più i tre di magistrale esercita una pressione economica sugli studenti difficilmente sostenibile: infatti, benché l’università messicana sia accessibile come costi e disponga di borse universitarie paragonabili a quelle italiane (troppo poche per il numero di richiedenti), la sanità pubblica è inesistente, in più vi è un progressivo innalzamento dei costi dei trasporti e il salario minimo, il solo al quale spesso possono accedere studenti non ancora laureati, è di meno di 4 euro per giornata lavorativa di 8 ore, mentre il costo della vita nel DF è inferiore, all’incirca, solo di un terzo a quello di una città del centro-nord italiana.

In sostanza dopo aver riconosciuto il movimento studentesco come un interlocutore politico il segretario Osorio ha accettato in toto le richieste del pliego petitorio (con qualche risposta astutamente sibillina); gli studenti da parte loro hanno deciso di riunirsi in assemblea per decidere se le risposte delle istituzioni sono soddisfacenti e per tenere alta l’attenzione sulle possibili nuove mosse del Ministero.

Senza dubbio è stata vinta una battaglia in difesa dell’università nazionale messicana, vedremo solo in seguito quanto sarà lunga la guerra.

da http://www.inventati.org/cortocircuito

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