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Argentina: arriva il salvagente cinese, procuratore accusa il Fmi per i crimini della dittatura

L’Argentina in grave difficoltà dopo l’ennesima bordata degli Stati Uniti e dei mercati, che ha avuto pesanti ripercussioni sul mercato dei capitali, sembra trovare un importante appiglio in Pechino. Il presidente cinese Xi Jinping avrebbe infatti concesso un credito di circa 800 milioni di dollari a Buenos Aires entrato in default “tecnico” per essersi rifiutato di pagare 1,3 miliardi di dollari agli Hedge fund statunitensi che poco dopo il crack del 2001 comprarono una ingente quantità di titoli a prezzi stracciati chiedendo poi il rimborso al governo argentino. Dopo anni di contenzioso e di manovre degli Stati Uniti contro il paese sudamericano nel frattempo guidato da un governo di centrosinistra poco incline alla sudditanza nei confronti di Washington, il giudice statunitense Thomas Griesa ha sentenziato che l’Argentina dovesse rimborsare gli Hedge Fund prima delle cedole ai possessori dei cosiddetti ‘tango bond’. Il paese è andato così in default perché il giudice ha congelato i fondi argentini depositati presso le banche statunitensi per pagare gli interessi agli obbligazionisti che tra il 2005 e il 2010 accettarono la ristrutturazione del debito con un allungamento delle scadenze e un taglio del 70% del valore nominale delle obbligazioni. Perché per il giudice accusato da Buenos Aires di lavorare per il governo statunitense, prima di rimborsare i nuovi obbligazionisti l’Argentina deve pagare 1,5 miliardi per i bond scaduti e in mano ai detentori dei ‘fondi avvoltoio’.

Oggi il Sole 24 Ore ricorda che già a luglio il presidente cinese in visita a Buenos Aires, accompagnato da 250 imprenditori di Pechino, aveva anticipato un credito swap di 11miliardi di dollari all’Argentina, anche per sostenere il tasso di cambio del peso argentino. Uno degli accordi tra i due Paesi prevede il finanziamento di importazioni dalla Cina e la costruzione di grandi infrastrutture nel Paese sudamericano: dalle centrali idroelettriche in Patagonia al rilancio della rete ferroviaria ormai in stato di abbandono per un totale di 20 diversi progetti.
La disponibilità di Pechino permetterà a Buenos Aires di aggirare in parte le difficoltà di accesso al mercato dei capitali e di contrastare l’ostilità dei mercati finanziari degli Stati Uniti.
E’ in questo quadro di rinnovato scontro con Washington e il sistema finanziario internazionale che la magistratura di Buenos Aires mette nel mirino il ruolo avuto dal Fondo Monetario Internazionale nei crimini della dittatura militare di estrema destra che ha insanguinato il paese dal 1976 al 1983 accusando di fatto la ‘finanza internazionale’ di aver sostenuto e finanziato il terrorismo di Stato portato avanti dai militari contro le opposizioni e il popolo argentino.
Il procuratore federale Federico Delgado ha ordinato l’apertura di un’inchiesta sulle responsabilità del FMI nei crimini compiuti dai militari fascisti ma anche nell’indebitamento del paese, affermando di considerare un’ovvietà quella che ha definito una “complicità strutturale” tra la dittatura di estrema destra e il FMI, affermando che “tra la repressione e il programma economico esisteva un nesso genetico”.
Delgado ha chiesto al giudice federale argentina Sebastián Ramos la convocazione di una riunione per iniziare ad analizzare tutti gli scambi di messaggi tra Ministero dell’Economia, Banca Centrale e delegazione argentina presso il Fmi durante l’ultima dittatura per appurare eventuali responsabilità penali. “Mentre il terrore colpiva gli argentini all’interno del paese, all’esterno privilegiava la costruzione di nuove relazioni sociali capitaliste nella loro nuova versione finanziaria e non più industriale” sostiene il procuratore Delgado.
Il debito estero dell’Argentina aumentò di ben sei volte nei soli sei anni della dittatura, passando da 7 miliardi di dollari nel 1976 a ben 42 nel 1976 senza che sia stato mai chiarito esattamente come e perché. Ricordavano già nove anni fa i deputati Mario Cafiero, Patricia Walsh e Vilma Ripoll in un documento consegnato al Congresso di Buenos Aires che il ministro dell’Economia del regime, José Alfredo Martínez de Hoz, socio in affari del capitalista statunitense Rockefeller, riuscì a far uscire l’Argentina dall’isolamento alla quale era stata sottoposta dopo il golpe dalla comunità internazionale attraverso una vera e propria coalizione finanziaria. Secondo gli estensori di quel documento il principale obiettivo della Giunta Militare e delle elite capitaliste argentine era, anche a costo di eliminare fisicamente gli oppositori e di violare i diritti umani, imporre un modello finanziario dell’economia dipendente proprio dalle grandi banche internazionali e dai principali investitori stranieri. Mentre 30 mila oppositori politici sparirono letteralmente nel nulla, la stessa sorte subirono 30 miliardi di dollari di capitali attraverso meccanismi di indebitamento e la fuga dei capitali; in conseguenza di ciò l’Argentina cominciò a ricevere prestiti sempre più massicci dalle banche private internazionali sotto la guida del Fondo Monetario Internazionale che di fatto sostennero e alimentarono la dittatura, è la tesi dei magistrati che riprendono la denuncia di Cafiero e degli altri deputati. Tra i documenti citati dai denuncianti un carteggio desecretato dal Dipartimento di Stato di Washington in cui, al sottosegretario per l’America Latina William Roger che avvertiva dell’imminente bagno di sangue da parte della Giunta Militare in Argentina, il segretario di Stato Henry Kissinger ordinava di sostenere comunque la dittatura.

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