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L’opposizione siriana contro gli USA: “colpite la Siria, non lo Stato Islamico”

Eccovela l’opposizione siriana, quella che la Turchia e le petromonarchie arabe – che sostengono anche l’Isis e al Nusra, non si sa mai – sperano prenda presto il posto di Assad, quella che i paesi occidentali foraggiano con armi, finanziamenti e dichiarazioni di sperticata lode. Quella che anche alcune organizzazioni e intellettuali di sinistra continuano a descrivere come l’alternativa al regime, istanza di liberazione e di progresso per un paese finalmente liberato dal giogo della dittatura.

Opposizione siriana che non è affatto contenta di esser stata momentaneamente messa da parte dalla cosiddetta comunità internazionale, impegnata in questi frangenti a cercare di tamponare e ridimensionare l’avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico in Iraq e Siria quel tanto che basta a evitare che la creatura frutto di anni di destabilizzazione creativa del Medio Oriente sfugga troppo di mano ai suoi padrini mandando così a gambe all’aria i piani di spartizione delle varie potenze – grandi o regionali – sull’area del globo in questione. Area che ha il pregio, e il difetto, di essere un grande serbatoio di petrolio e gas.
E allora Hadi al Bahra, capo di una opposizione che è moderata solo per i media occidentali e per i governi che continuano a foraggiarla – per lo più composta da gruppi islamisti o se va bene liberali e liberisti che non si sentivano in imbarazzo quando i jihadisti combattevano sotto le insegne dell’Esercito Siriano Libero prima di uscirne – ha addirittura accusato in un’intervista al quotidiano britannico Guardian…gli Stati Uniti d’America. Washington, secondo Hadi al Bahra, capo del Consiglio Nazionale Siriano (nella foto in alto), avrebbe una strategia miope e “confusa” in Siria. Il che, a ben vedere come si muovono Obama e i suoi, appare abbastanza evidente. Washington è debole e se non rimette subito piede in Medio Oriente proponendosi come gendarme internazionale indispensabile per riportare un po’ di ordine potrebbe rimanere irrimediabilmente fuori da un contesto che bene o male ha dominato dagli anni ’50 del secolo scorso in poi. Il problema è che non sa esattamente come intervenire, con chi allearsi e chi combattere. Non è un segreto che molti degli (ex?) alleati della superpotenza nell’area, a partire dalla Turchia fino alle Petromonarchie del golfo passando per Israele, stiano ormai perseguendo una propria agenda prescindendo spesso dai desiderata della Casa Bianca. E non mancano le scintille tra Washington da una parte e Riad, Tel Aviv e Ankara dall’altra sugli assetti futuri della regione.

Ma la dichiazione del capo dell’opposizione ‘moderata’ – e manovrata – siriana non è interessante per questa prima accusa, più che condivisibile. Quanto per il fatto che il signor Hadi al Bahra pensa che il vero problema resti il regime di Bashar al Assad e non lo Stato Islamico, che invece sarebbe solo un “sintomo” (!). La Casa Bianca, al momento, si concentrano solo contro gli islamisti e lasciano stare il regime di Damasco, il che agli occhi delle marionette dell’Esercito Siriano Libero appare una grave colpa. Ma Hadi al Bahra si spinge molto più in là nella polemica con un Obama ormai zoppo, prefigurando il sospetto che “esista un’agenda segreta, un accordo di cooperazione tra la coalizione e le forze di Assad. Sta di fatto che Assad si comporta come uno che ha mano libera”.

Sono sempre più numerosi gli analisti e i commentatori appartenenti a paesi e correnti di pensiero diverse secondo cui è stata davvero una fortuna che il risoluto intervento di Cina e Russia abbia impedito qualche mese fa a Washington e a Parigi di iniziare la prevista campagna militare contro Damasco, visto che in caso contrario ora i tagliagole di Al Baghdadi sarebbero padroni di porzioni assai più estese di Medio Oriente.

Ma al contrario, e la coincidenza colpisce, sia il governo di Israele sia il capo dell’opposizione siriana sia il regime turbo islamista turco ripetono che la priorità non è lo Stato Islamico bensì altri obiettivi: il regime di Damasco, ovviamente e per tutti. Insieme alla guerriglia curda, all’Iran o alla resistenza palestinese a seconda dei casi. 

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